Teologia cristiana: differenze tra le versioni

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Nel frattempo, in ambito protestante, dopo che nell'Ottocento era prevalsa la cosiddetta [[teologia liberale]], formulata da autori come [[Albert Ritschl|Ritschl]], [[Adolf von Harnack|Harnack]], [[Ernst Troeltsch|Troeltsch]], che tendevano a presentare il cristianesimo come il più alto compimento di tutte le espressioni culturali dell'uomo, si assistette nel Novecento a un rovesciamento radicale di questa prospettiva ad opera di [[Karl Barth|Barth]], secondo cui Dio è il ''[[Totalmente Altro]]'' rispetto ad ogni realtà puramente umana. La differenza e l'alterità sostanziale tra sacro e profano, salvezza e dannazione, fede e ragione, è alla base della sua [[teologia dialettica]], secondo cui l'unico modo per parlare di Dio consiste nel lasciarLo parlare, attraverso le Scritture. In tal modo Barth svuotava di significato la stessa vicenda storica umana, ritenendo che l'intervento della grazia dipendesse da un'impenetrabile volontà di Dio, avulsa da ogni contesto.<ref>Cfr. di K. Barth soprattutto il ''Commentario all'Epistola ai Romani'', 1922.</ref> A differenza di Karl Barth, che riduceva Dio a pura negazione di ogni domandare umano, [[Paul Tillich|Tillich]] sostenne invece che l'alterità tra uomo e Dio non andasse radicalizzata, ma concepita come mutua relazione; la teologia è per lui una posizione «di frontiera», che intende Dio come la «profondità dell'essere» nascosta all'interno delle varie dimensioni culturali umane. Per Tillich, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe coincide con il Dio dei filosofi.<ref>Cfr. di Tillich, ''Systematic Theology'', 1951-1963.</ref> A un tentativo di sintesi tra la teologia dialettica di Barth e la teologia liberale giunse quindi [[Rudolf Bultmann]]: ferma restando l'assoluta trascendenza di Dio, Bultmann ritenne che l'uomo possa aprirsi alla fede grazie ad un'anteriore comprensione di sé e della propria esistenza. Questa ''pre-comprensione'' che egli propone sulla scia di [[Heidegger]], va unita ad una ''demitologizzazione'' dei testi sacri, che sappia distinguere nella Bibbia tra il [[mito]], che tende a rappresentare la trascendenza in forma antropomorfica, e il ''[[kerigma]]'', che costituisce il vero annuncio della salvezza.<ref>Cfr. di Bultmann, ''Credere e comprendere'', 1933-1965.</ref>
 
Andando oltre Barth, [[Dietrich Bonhoeffer|Bonhoeffer]], dalla cui opera trasse spunto la teologia protestante del secondo dopoguerra, sostenne che al giorno d'oggi occorreva prendere atto della definitiva scomparsa del sacro dal mondo, ma che non era il Dio cristiano a morire, bensì il Dio della religione e degli orpelli sacri, divenuto ormai improponibile. Rifacendosi a lui, anche altri teologi riconobbero gli aspetti positivi della secolarizzazione, ritenuti una conseguenza del fatto che Dio, presentandosi come semplice uomo in Cristo, si era per primo spogliato della sua stessa divinità.<ref>A costoro appartengono sia i «teologi della secolarizzazione», come [[Harvey Cox|Cox]] e [[John Robinson|Robinson]], sia i cosiddetti «teologi della morte di Dio», come [[Thomas Altizer|Altizer]], [[William Hamilton|Hamilton]], [[Paul Van Buren|Van Buren]], che esaltando l'umanità di Cristo giunsero quasi a minimizzarne la divinità.</ref>
 
==== Teologia cattolica ====