Colpo di Stato in Cecoslovacchia del 1948: differenze tra le versioni
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Alla fine della [[seconda guerra mondiale]], la Cecoslovacchia, in conseguenza agli [[Conferenza di Jalta|accordi di Jalta]], cadde all'interno della [[sfera di influenza]] dell'[[Unione Sovietica]], e questa circostanza dominò tutti i progetti e le strategie per la ricostruzione post-bellica e, di conseguenza, l'organizzazione politica ed economica cecoslovacca divenne argomento di negoziati tra il Presidente [[Edvard Beneš]] e il [[Partito Comunista Cecoslovacco]].
La cosiddetta [[Terza Repubblica cecoslovacca|Terza Repubblica]] ([[1945]]—[[1948]]) ebbe inizio nell'[[aprile]] [[1945]]. Il suo governo, con sede a [[Košice]], fu istituito il [[4 aprile]] e nel [[maggio]] si trasferì a [[Praga]]: vi era una coalizione di Fronte Nazionale in cui predominavano tre partiti: il [[Partito Social Democratico Ceco
Beneš aveva raggiunto un compromesso con il KSČ negoziando l'alleanza sovietica, ma allo stesso tempo sperando di far diventare la [[Cecoslovacchia]] un "ponte" tra [[Europa orientale]] ed [[Europa occidentale]], capace di mantenere i contatti con entrambe le parti, mentre l'obiettivo del leader del KSČ [[Klement Gottwald]] era la graduale salita al potere del KSČ tramite i mezzi della democrazia.
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Nel [[gennaio]] [[1948]], il Ministero degli Interni, controllato dai comunisti, procedette con la purga delle forze di sicurezza cecoslovacche, sostituendo comunisti ai non comunisti, suscitando la reazione degli altri partiti che non potevano accettare che i comunisti utilizzassero la polizia e le forze di sicurezza per sopprimere i non-comunisti. Il [[20 febbraio]], i nazional-socialisti si dimisero dal governo in segno di protesta, seguiti dal Partito Popolare Cattolico e dal Partito Democratico Slovacco, sperando di indurre Beneš ad indire elezioni anticipate che i comunisti avrebbero sicuramente perso data la forte impopolarità in conseguenza del rifiuto di accettare il Piano Marshall. Beneš però rifiutò di accettare le dimissioni del governo, non indisse nuove elezioni e, nei giorni che seguirono, espulse i ministri democratici per evitare accuse di collusione, mentre l'esercito cecoslovacco rimase neutrale. Nel frattempo, il KSČ incrementò le proprie forze. Il Ministero degli Interni distribuì le forze di polizia nelle aree sensibili ed istituì una milizia popolare, mentre il Ministero dell'Informazione rifiutò di mandare in onda i politici non comunisti ed i ministeri retti dai partiti non comunisti furono gestiti da "comitati di azione" comunisti, che espulsero tutte le persone non affiliate al Partito Comunista. Il [[25 febbraio]] [[Edvard Beneš]], temendo forse l'intervento sovietico accettò le dimissioni dei ministri dissidenti e ricevette una nuova lista di ministri da Gottwald, che completò così il rovesciamento dei poteri da parte dei comunisti. Alcuni mesi dopo Beneš, messo di fronte alla nuova [[Costituzione]] comunista non volle firmarla, ed il [[7 giugno]] [[1948]] si dimise, morendo poco dopo di [[emorragia cerebrale]] mentre si trovava nella sua villa di Sezimovo Ústí nella [[Boemia]] meridionale.
La Cecoslovacchia venne dichiarata "[[repubblica popolare|democrazia popolare]]" mantenendo la denominazione di Repubblica Cecoslovacca fino al [[1960]], quando con la nuova Costituzione la nuova denominazione dello
[[Categoria:Storia della Cecoslovacchia]]
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