Salvatore Luria: differenze tra le versioni

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=== Gli anni giovanili ===
Salvador E. Luria (vero nome Salvatore Luria) nacque il 13 agosto 1912 a [[Torino]] da una influente famiglia [[ebraismo|ebrea]] italiana[[sefardita]]. Il padre, Davide, era titolare di un’azienda litografica; la madre, Ester Sacerdote, gestiva le attività di famiglia ed era ossessionata dalle malattie<ref>Cfr.Salvador E. Luria, "Storia di geni e di me", Editore Boringhieri, Torino, 1984, pagg.21-22</ref>. Dopo aver frequentato il [[Liceo classico Massimo d'Azeglio|liceo d’Azeglio]] di [[Torino]], affascinato soprattutto dalla matematica e dalla fisica, si iscrisse alla facoltà di medicina per volere dei suoi genitori non “avendo vocazioni alternative”<ref>Cfr.op.cit., pag. 24</ref>. Nei primi anni dell’università frequentò il laboratorio dell'istologo [[Giuseppe Levi]] dal quale apprese la serietà professionale e l’impostazione nel condurre e portare a termine un esperimento<ref>Cfr.op.cit., pag. 26</ref>. Non stimolato da questa disciplina, dopo essersi laureato nel [[1935]] con ottimi voti alla facoltà di medicina dell'[[Università degli Studi di Torino]] decise di scegliere una specializzazione medica quanto più affine alla fisica e alla biofisica e si iscrisse così alla specializzazione in Radiologia.
 
Negli anni [[1936]] -[[1937]] prestò servizio militare nell'esercito come ufficiale medico. Quest’esperienza lo convinse ad essere inadatto ad esercitare la professione medica mentre maturava in lui sempre più il desiderio di intraprendere una carriera da ricercatore. Terminato il servizio di leva, decise di completare a [[Roma]] il suo corso di specializzazione in [[radiologia]] e nel contempo studiare fisica in quell’Università, dove allora lavorava [[Enrico Fermi]]<ref>Cfr.op.cit., pag. 28</ref>. Gli studi di fisica gli consentirono di conoscere gli effetti biologici delle radiazioni e di scoprire le teorie di [[Max Delbrück]] che in quel periodo aveva formulato l’idea del [[geni|gene]] come molecola. Queste teorie, come scrisse più tardi, sembravano “aprire la via al Santo Graal della biofisica”.<ref>Cfr.op.cit., pag. 30</ref>.