Vita (Benvenuto Cellini): differenze tra le versioni

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==Storia==
All'età di 58 anni Cellini, dopo aver lavorato per i papi e i grandi signori del suo tempo, era al soldo di [[Cosimo I de' Medici]], con il quale aveva un rapporto controverso, fatto di grande stima reciproca ma anche di delusioni e lunghi periodi di inattività. Condannato nel luglio [[15771557]] per un episodio di sodomia a quattro anni di carcere, la sua pena era stata convertita in un confinamento in casa. Proprio in quel periodo, per riguadagnare importanza agli occhi del Duca di Firenze, iniziò la stesura della ''Vita'', che venne in larga parte dettata, come dice l'autore stesso, mentre Cellini lavorava ad altre opere di scultura o oreficeria. Per aiutarlo aveva appositamente preso un assistente a cui dettare, il quattordicenne e malaticcio figlio di un certo Michele di Goro, originario del [[Valdarno]].
 
La particolare forma di stesura è all'origine del linguaggio schietto e colloquiale, privo di orpelli e di retorica. Nell'aprile o nel maggio del [[1559]] il manoscritto venne inviato all'amico [[Benedetto Varchi]], per valutare se la forma colloquiale del libro fosse buona o andasse rivista. Con spirito lungimirante, lo storico e filosofo fiorentino rispose a Cellini che il "discorso semplice" in cui gli era stato dato a leggere il manoscritto non aveva bisogno ritocchi e, a parte qualche suggerimento,ciò permise di non snaturare la freschezza del testo (cosa che invece non avvenne con il ''Trattato di scultura'' e il ''Trattato di oreficeria'', dove un giovane allievo del Varchi, [[Gherardo Spini]], operò invece arbitrariamente tagli e inserti di citazioni classiche ed erudite).