Lex curiata de imperio: differenze tra le versioni

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Nel periodo [[età regia di Roma|regio]] veniva usata una metodologia simile chiamata '''lex curiata de imperio''' dove il popolo della cittadinanza romana rappresentata dalle [[Curia (storia di Roma)|curie]] (denominati così dalla tradizione ma riconducibili ai [[Comitia curiata]]) concedevano i poteri al ''rex'' come capo della comunità. Ritenuta dagli storici solo simbolica e utilizzata poi anche per concedere il potere ai consoli o agli alti magistrati nell'età repubblicana.
 
La dottrina romanistica si è divisa al riguardo della lettura di questo istituto così antico. Il [[Pietro De Francisci|De Francisci]] ha ritenuto fosse una dichiarazione solenne fatta al popolo da parte del titolare dell<nowiki>'</nowiki>''[[imperium]]'', seguita da un'acclamazione del popolo.<ref>Pietro De Francisci, ''Arcana imperii'', III.I pp. 48 ss.</ref> Ma [[Francesco De Martino]] ha criticato quest'impostazione, sostenendo che non è possibile definire ''[[Legge romana|lex]]'' la dichiarazione di un magistrato, benché dotato di ''imperium'': perciò per lui la ''lex curiata de imperio'' sarebbe la testimonianza della sovrapposizione di un potere centrale a quello federato delle gentes (nell'ambito della teoria della [[fondazione di Roma]] come unione di gruppi minori autonomi).<ref>Francesco De Martino, ''Storia economica di Roma antica'', I p. 158, Firenze 1980.</ref> Per [[Feliciano Serrao]], che in questo caso segue il De Martino, la ''lex curiata de imperio'' sarebbe il primo intervento del popolo nell'ordinamento giuridico romano, e perciò sarebbe legge in senso formale anche se non sostanziale - in quanto non esprime norme generali e astratte vincolanti per tutta la collettività-.<ref>Feliciano Serrao, ''Diritto privato economia e società nella storia di Roma'', I.I pp. 77-78, Napoli 2008 (ristampa).</ref>
 
Invece nell'[[età imperiale]] un esempio fondamentale ne è la "[[lex de imperio Vespasiani]]" del [[69]] d.C., riscoperta e diffusa nel [[1347]]. Essa volle legittimare la titolarità in capo all'[[imperatore]] [[Vespasiano]] di tutti i poteri pubblici, così da ufficializzare il consenso da parte del popolo romano ad essere governato da lui.