Ushabti: differenze tra le versioni

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La tomba del Portasigilli Horugia - [[XXX dinastia egizia|XXX dinastia]] - aveva un centinaio di esemplari ma in origine dovevano essere, di sicuro, di più perché la tradizione prevedeva un ''ushabti'' per ogni giorno dell'anno. In questo caso, ogni dieci statuette vi era anche un ''ushabti'' caposquadra.
 
L'aspetto più comune era mummiforme e in questo caso rappresentava l'eterno spirito del defunto, chiamato ''Aj'' che scaturiva dalla fusione del [[Anima (mitologia egizia)#Ba (Spiritospirito/Personalitàpersonalità)|Ba]] e del [[Anima (mitologia egizia)#Ka|Ka]]. Ma poteva anche essere immagine di servitori o portatori di offerte. Nella parte inferiore vi erano incise formule magiche tratte dal ''[[Libro dei Morti]]''. La più frequente era quella del capitolo 6 che costringeva l'''ushabti'' ad obbedire e nella quale il defunto gli chiedeva di lavorare per lui quando il dio [[Osiride]], nell'aldilà, gli avrebbe chiesto di coltivare i [[Aaru|Campi Iaru]]<!-- (capitolo 6) -->.
 
Tra gli ''ushabti'' troviamo anche le cosiddette "statue del ''Ka''", come quella del sovrano [[Hotepibtawy|Auibra-Hor]], destinate anch'esse al corredo funebre e che servivano da sostituto del corpo per ospitare il ''Ka'' del defunto, quando ritornava per assimilare, per loro tramite, l'essenza dei cibi lasciati dai vivi sulla [[tavola delle offerte]].
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Durante la cerimonia funebre, i sacerdoti, con particolari riti magici, davano vita alla statuetta che sarebbe stata tumulata insieme al defunto per accompagnarlo nell'oltretomba. Gli ''ushabti'' potevano essere di numero variabile, da pochi a centinaia. Quelli ritrovati nella tomba del faraone [[Taharqa]] - [[XXV dinastia egizia|XXV dinastia]] - erano centinaia e dimostravano che anche i faraoni nubiani avevano assimilato le usanze funerarie egizie.
 
[[File:Louvres-antiquites-egyptiennes-p1020106.jpg|thumb|150px|left|Ushabti in faïence conservati al [[Louvre]]]]
 
Se il defunto avesse superato positivamente la [[psicostasia]], sarebbe andato in paradiso, ovvero nei Campi Iaru che erano raffigurati come campi ricchi di frutti, coltivazioni ed ogni genere di delizie. Lì, egli sarebbe vissuto felicemente e senza alcuna preoccupazione, godendo degli stessi agi della sua vita terrena, perché gli ''ushabti'' avrebbero svolto per lui ogni mansione e lavoro, provvedendo quindi a tutte le necessità della vita ultraterrena.<br /> E se, e quando, il dio Osiride lo avesse chiamato, un ''ushabti'' avrebbe risposto.