Ātman: differenze tra le versioni

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Giorgio27002 (discussione | contributi)
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Nel fare riferimento a un Dio personale la tradizione ''vedantica'' è per lo più associata ai movimenti ''[[vaishnavismo|vaiṣṇava]]'', al culto cioè di [[Vishnu|Viṣṇu]], o anche di [[Krishna|Kṛṣṇa]], suo [[avatāra]]. Un'interpretazione ''vedantica'' del culto di [[Shiva|Śiva]], altra principale [[deva|divinità]] hindu, la si ha nel XIII secolo con [[Śṛī Kaṇṭha]]. Al di là di questa dottrina, gli altri movimenti ''[[shivaismo|śaiva]]'' sono considerati non ortodossi nell'Induismo, in quanto non riconoscono come fonte principale della rivelazione i ''[[Veda]]'', ma i ''[[Tantra (testi induisti)|Tantra]]''<ref>G. Flood, ''L'induismo'', ''Op. Cit.''; p. 338 e segg.</ref>.<br />
Nello [[Śaivasiddhānta]] il Signore (''pati'') è altro dall'anima (''paśu'') e dal mondo (''paśa''). Si tratta quindi di una teologia essenzialmente [[dualismo|dualista]], che in ciò si differenzia dalle [[shivaismo kashmiro|scuole moniste del Kashmir]], per le quali il Sé, il mondo e il Signore costituiscono invece un'unica realtà. Secondo i principali pensatori della scuola monista del [[Pratyabhijñā]], cioè [[Somānanda]], [[Utpaladeva]], [[Abhinavagupta]] e [[Kṣemarāja]], vissuti fra il X e l'XI secolo, il Sé è caratterizzato da "coscienza" ed è identico a Dio (Śiva)<ref>G. Flood, ''L'induismo'', ''Op. Cit.''; p. 339.</ref>.<br />
In questa teologia, Dio, che è causa materiale ed efficiente dell'universo, opera servendosi della sua potenza (''[[shakti|śakti]]''), a Lui identica: il processo di espansione ed evoluzione della materia e delle funzioni umane si dispiega attraverso un [[Shivaismo kashmiro#I 36 tattva|insieme di categorie]] che ricalca in buona parte quelle del Sāṃkhya, aggiungendovi altre che appartengono al divino. In questo processo l'anima (''puruṣa'') si frammenta e si vede separata per effetto della ''maya'', intesa qui come potenza creatrice e non come illusione<ref>G. Tucci, ''Storia della filosofia indiana'', ''Op. cit.'', pp. 117-118''.</ref><ref>Il significato originario del termine "''maya''" è difatti "costruzione", ed è soltanto nell'interpretazione ''vedantica'' che è reso sinonimo di "illusione".</ref>. La liberazione consta quindi nel riconoscimento<ref>È questo il significato del termine ''pratyabhijñā''.</ref> della propria natura divina, nell'unione con Śiva, nell'essere completamente consapevoli che, come afferma l'''incipit'' degli ''Śivasūtra'' di [[Vasugupta]], testo fondamentale nello shivaismo kashmiro:
{{q|Il sé è conoscenza|''Śivasūtra'', I, 1.<ref>Citato in ''Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja'', a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999.</ref>|caitanyam ātmā|lingua=sa}}