Lete (fiume dell'oblio): differenze tra le versioni

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==Il Lete da Platone ai moderni==
Il fiume è presente nel X libro della [[La Repubblica (dialogo)|Repubblica]] di [[Platone]], dove viene narrato il [[mito di Er]], disceso nell'oltretomba per conoscere i misteri della [[reincarnazione]] delle [[anima|anime]].
Nei frammenti degli [[orfismo|orfici]] troviamo la raccomandazione, agli iniziati che sono giunti nell'[[aldilà]] e si apprestano a entrare in una nuova vita, di non bere l'[[acqua]] che induce l'[[oblio]], ma di cercare di far tesoro del proprio passato per conseguire un superiore livello di [[saggezza]].
 
L'opera latina più famosa che ne parla è L'[[Eneide]] di [[Virgilio]], nel VI libro, e le anime dei [[Campi Elisi]] vi si tuffano quando devono reincarnarsi dimenticando le vite passate, secondo la concezione [[Pitagora|pitagorica]] della metempsicosi. ''Le anime che per fato devono cercare un altro corpo, bevono sicure acque e lunghe dimenticanze sull'onda del fiume Lete'' (''En.'', VI 714-715).
 
Esso è citato anche da [[Dante Alighieri]] nel [[Purgatorio (Dante)|Purgatorio]]: immagina che in questo fiume, situato nel paradiso terrestre, sul monte del Purgatorio, si lavino le anime purificate prima di salire in [[Paradiso]], per dimenticare le loro colpe terrene. Dante lo chiama però Letè, per la sua difficoltà nel riconoscere gli accenti nei nomi di derivazione greca. Accanto al Letè scorre il fiume del ricordo delle cose buone del proprio passato, l'[[Eunoè]]; i due fiumi potrebbero essere ricollegati ad antiche fonti di un sito oracolare della [[Beozia]], dove scorrevano appunto Lete e Mnemosine, e dove bevevano i pellegrini (sul mito di due fonti di segno opposto sarebbero nati molti episodi di opere letterarie nelle letterature europee moderne, soprattutto nel [[Quattrocento]]).