Chiesa armena di San Gregorio Illuminatore: differenze tra le versioni

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Gli armeni, presenti a Livorno per le loro attività commerciali sin dal [[XVII secolo|Seicento]], ottennero il permesso di costruire una chiesa nazionale solo nel [[XVIII secolo|Settecento]], dopo aver vinto le resistenze della [[Santa Sede]]. Quest'ultima infatti guardava con sospetto la concessione elargita alla comunità armena, temendo un radicamento delle posizioni [[Chiesa apostolica armena|gregoriane]].
 
Probabilmente grazie al forte interessamento di [[Ferdinando de' Medici|Ferdinando]], figlio di [[Cosimo III de' Medici]] e spesso erroneamente indicato come l'architetto della chiesa,<ref>Tale attribuzione, non supportata da fonti, è riportata nelle guide storiche cittadine. Si citano ad esempio G. Piombanti, ''Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno'', Livorno 1903; P. Volpi, ''Guida del forestiere per la città e contorni di Livorno, utile ancora al livornese che brama essere istruito dei particolari della sua patria'', Livorno 1846.</ref> il disegno esecutivo fu realizzato da [[Giovan Battista Foggini]]<ref>L'attribuzione è confermata dal fitto carteggio conservato alla biblioteca del Seminario Arcivescovile del Cestello, a Firenze; si veda R. Spinelli, ''Giovan Battista Foggini'', Pisa 2003; G. Panessa, M. Sanacore, ''Gli Armeni a Livorno. L'intercultura di una diaspora'', Livorno 2006.</ref>, uno dei più importanti artisti dell'epoca, e affidato al provveditore della Fabbrica di Livorno [[Giovanni del Fantasia]].
I lavori cominciarono nel [[1701]] e furono conclusi pochi anni dopo. Tuttavia, a causa di un contenzioso tra la comunità e gli eredi del benefattore che aveva finanziato la costruzione, il tempio poté essere aperto solo nel [[1714]].
 
Importanti lavori di restauro si tennero comunque negli [[anni 1840|anni quaranta]] dell'[[XIX secolo|Ottocento]], quando l'interno della chiesa fu dotato di un apparato decorativo di gusto [[Neoclassicismo|neoclassico]].
 
Colpita duramente dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, la chiesa fu oggetto di furti, razzie e furtiatti vandalici. Nel dopoguerra, venuta meno la comunità armena di Livorno, prevalse l'idea di ridurre il complesso ad una sorta di piccolo oratorio, demolendo gran parte dell'edificio, nonostante i danni riportati non fossero tali da decretarne l'abbattimento.<ref>Il giudizio viene espresso ad esempio da G. Panessa, ''La Livorno delle Nazioni. I luoghi della preghiera'', Livorno 2006, p.31.</ref>,
 
===Descrizione===