Assedio di Roma (537-538): differenze tra le versioni

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Venti giorni dopo la conquista ostrogota di [[Porto (città antica)|Porto]], arrivarono a Roma i primi rinforzi inviati da Giustiniano: i generali Valentiniano e [[Martino (generale bizantino)|Martino]] alla testa di mille e cinquecento cavalieri, per lo più Unni, ma comprendenti anche Sclaveni ed Anti, popolazioni alleate dell'Impero residenti oltre Danubio.<ref name=ProcI27>{{cita|Procopio|[[s:La Guerra Gotica/I/27|I,27]]}}</ref> Belisario, confortato dall'arrivo di rinforzi, decise di adoperare una tattica di guerriglia, approfittando della superiorità degli arcieri bizantini per logorare le forze nemiche: ordinò ad una sua lancia, Traiano, di attaccare, alla testa di duecento pavesai, i Goti, impedendo ai suoi di combatterli da vicino con la spada o con l'asta, e permettendo loro di adoperare solo l'arco; quando le frecce sarebbero finite i soldati bizantini sarebbero riparati alle mura.<ref name=ProcI27/> Traiano, ricevuto l'ordine, prese i 200 pavesai e uscì con essi dalla Porta Salaria, dirigendosi verso il campo nemico.<ref name=ProcI27/> I barbari, sorpresi dall'arrivo dei 200 pavesai, si gettarono fuori degli steccati per assalire l'armata di Traiano, dispostosi sulla sommità di una collina per ordine di Belisario: i pavesai di Traiano cominciarono a colpire i nemici di frecce, uccidendone almeno mille, per poi ripararsi dentro le mura.<ref name=ProcI27/> Visto che la tattica di guerriglia cominciava a dare i suoi frutti, infliggendo perdite all'armata nemica, Belisario, alcuni giorni dopo, inviò trecento pavesai alla testa di Mundila e Diogene, per attaccare allo stesso modo, adoperando l'arco, gli Ostrogoti, infliggendo così loro delle perdite persino peggiori rispetto al primo scontro; Belisario, incoraggiato, inviò altri trecento pavesai sotto il comando di Oila, i quali inflissero ulteriori perdite ai Goti; in tre scontri sotto le mura, gli arcieri di Belisario era riusciti a uccidere, secondo Procopio, ben 4.000 Goti.<ref name=ProcI27/>
 
Vitige, allora, volendo adoperare la stessa tattica di Belisario, ordinò a cinquecento cavalieri di avvicinarsi alle mura, e di fare all'esercito di Belisario la stessa accoglienza che essi avevano ricevuto.<ref name=ProcI27/> I cinquecinquecento cavalieri goti, saliti su un'altura non distante da Roma, furono però attaccati da 1.000 arcieri scelti bizantini posti sotto il comando di [[Bessa (generale)|Bessa]], i quali, attaccando a suon di frecce i guerrieri goti, inflissero loro pesanti perdite, costringendo i pochi superstiti a fuggire negli accampamenti goti, dove furono pesantemente rimproverati per il loro fallimento da Vitige, il quale sperava che il giorno successivo, adoperando diversi combattenti e la stessa tattica, il successo avrebbe forse arriso ai Goti.<ref name=ProcI27/> Due giorni dopo Vitige inviò altri cinquecento Goti, selezionati da tutti i suoi campi, contro il nemico; Belisario, accortosi del loro arrivo, inviò a combatterli Martino e [[Valeriano (generale bizantino)|Valeriano]] alla testa di mille e cinquecento cavalieri, i quali inflissero pesanti perdite agli Ostrogoti.<ref name=ProcI27/>
 
Procopio spiega i motivi per cui la tattica di guerriglia di Belisario aveva successo: Belisario, infatti, si era accorto dei talloni di Achille dell'esercito ostrogoto, e stava provando a sfruttarli: infatti, mentre "quasi tutti i Romani, gli Unni ed i confederati loro sono valentissimi arcieri a cavallo", i cavalieri ostrogoti al contrario non sapevano combattere con l'arco, venendo addestrati a maneggiare le sole aste e spade; per questo motivo, negli scontri non in campo aperto, gli arcieri a cavallo bizantini, approfittando della loro abilità nell'arco, riuscivano ad infliggere pesanti perdite al nemico.<ref name=ProcI27/>