Ātman: differenze tra le versioni

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===Yoga===
Il sistema religioso-filosofico dello [[Yoga]], così come esposto da [[Patañjali (filosofo)|Patañjali]] negli ''[[Yoga Sūtra|Yogasūtra]]''<ref>Lo Yoga classico, cioè, noto anche come [[Raja Yoga]] o Aṣṭāṅga Yoga.</ref> (composto fra il I e il V secolo CE), è molto vicino a quello del Sāṃkhya, con due principali differenze dottrinali. Lo Yoga ammette l'esistenza di un dio, o Signore (''[[Īśvara]]''), visto come uno speciale tipo di Sé (''puruṣa'') non vincolato in alcun modo alla materia (''prakṛti''), ed è quindi un sistema teistico, sebbene a ''Īśvara'' non sia assegnata una posizione preponderante nella dottrina<ref>Dio, nello Yoga, non è il Creatore onnipotente, ma piuttosto un dio che assiste lo ''yogi'' nel suo percorso: essendo Dio stesso un ''puruṣa'', Egli può agire sugli altri ''puruṣa'', presentandosi anche come modello di perfezione (cfr. [[Mircea Eliade]], ''Storia delle credenze e delle idee religiose. Vol. II'', traduzione di Maria Anna Massimello e Giulio Schiavoni, BUR, 2008; p. 70).</ref>. L'altra differenza sussiste nel modo di intendere e classificare le funzioni intellettive<ref>G. Flood, ''L'induismo'', ''Op. Cit.''; p. 322.</ref>.<br />
Lo Yoga si distingue inoltre dal Sāṃkhya nel metodo: mentre quest'ultimo si serve della conoscenza metafisica (la [[gnosticismo|gnosi]]), lo Yoga adopera tecniche psico-fisiche per la sospensione degli stati normali di [[coscienza]] (l'[[Ascetismo|ascesi]]), lungo un percorso costituito da esperienze sovrasensoriali ed extrarazionali che portano l’adepto al totale discernimento fra ''puruṣa'' e ''prakṛti'', e quindi alla liberazione (''[[mokṣa]]''), intesa come identificazione con il Sé, o col Signore, nelle scuole che prediligono l’aspetto devozionale<ref>M. Eliade, ''Lo Yoga'', ''Op. cit.'', pp. 21, 29 e 48.</ref>.<br />
In conclusione, né il termine ''ātman'' né ''brahman'' sono centrali nello Yoga e nel Sāṃkhya, essendo questi concetti più propriamente pertinenti al Vedānta, sebbene il concetto di ''puruṣa'' abbia affinità con quello di ''ātman'', ciò senza dimenticare però che il primo è concetto plurale, l<nowiki>'</nowiki>''ātman'' certo no. Una differenza<ref>G. Tucci, ''Storia della filosofia indiana'', ''Op. cit.'', p. 76''.</ref> fra il ''puruṣa'' e l'''ātman'' ''vedantico'' è che il primo non è dotato dell'attributo della "felicità", poiché ''puruṣa'' è per definizione impassibile: piacere e dolore sono solo esperienze della mente.