Riforma del pensiero in Cina: differenze tra le versioni

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A scuola, i bambini anche giovanissimi praticavano l'educazione fisica brandendo lance o fucili. Il corrispondente Austriaco Louis Barcata, del quotidiano ''Die Presse'', mostra alcune fotografie nel suo libro ''In the throes of the Cultural Revolution'': in una di queste gli adolescenti colpiscono un nemico immaginario gridando "Uccidi". La Cina fu tappezzata di manifesti anti-occidentali inneggianti alla rivoluzione mondiale, in cui la violenza o le armi erano sempre visibili.
 
I ragazzi potevano sviluppare la propria "[[weltanshaung]]" (visione del mondo), solo entro i limiti ristretti della schematizzazione marxista, essendo bombardati dalla propaganda ed essendo proibiti tutti i libri stranieri. Secondo la Guardia Rossa Dai Hsiao-ai (''Red Guard, 1972''), gli studenti ricevevano per «3 ore al giorno una qualche forma di indottrinamento politico». Si noti come quello stesso numero della rivista descrive la rivolta dei Tibetani, repressa nel sangue dall'esercito cinese: «Nel 1959, la cricca del Dalai Lama, in collusione con l'imperialismo e i reazionari indiani, tradì la patria e scatenò una ribellione armata controrivoluzionaria, che fu però rapidamente schiacciata dal nostro eroico Esercito popolare di Liberazione e dalle grandi masse popolari della nazionalità tibetana.» (''La Cina, n. 3, marzo 1965'')
 
Altri fattori, anche banali, vanno però considerati: lo scarso movimento della popolazione (per la povertà, la carenza di trasporti, la stessa repressione del regime), la mancanza della televisione, il fatto che Mao Zedong non parlò mai alla radio. Gli studenti conobbero Mao e il partito solo attraverso la lente deformante della propaganda e non poterono avere contatti con l'esterno. Nel 1966, Mao Zedong fu in grado di mobilitare rapidamente oltre 30 milioni di studenti in tutto il paese, 11 milioni dei quali si recarono a Pechino in 8 giganteschi raduni, brandendo il famoso [[Libretto rosso]].