Nicomede IV: differenze tra le versioni

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Alla sua corte fu ambasciatore il giovane [[Gaio Giulio Cesare]], incaricato dal propretore della provincia d’Asia [[Marco Minucio Termo]] di sollecitare Nicomede a inviare la promessa flotta destinata a dar man forte ai romani nell’assedio del porto di [[Mitilene]].
 
Tra gli agi della corte di Nicomede Cesare si trovò immediatamente a proprio agio. Nicomede da parte sua mostrò un debole per il giovane ufficiale e gli concesse senza discutere la flotta. Cesare così, una volta consegnate le navi di Nicomede a Minucio Termo, ritornò immediatamente da Nicomede, col pretesto di dover riscuotere certi denari in nome di un liberto suo cliente. La notizia del ritorno in Bitinia fece nascere a Roma i pettegolezzi più maliziosi. Si disse che Cesare avesse ottenuto così facilmente le navi da Nicomede perché si era donato a lui in un rapporto [[pederastia|pederastico]]. I nemici lo definirono la “regina di Bitinia”.
 
La familiarità con re Nicomede IV procurò a Cesare per il resto della sua vita, pubblica e privata, grandi dileggi. Non ci fu infatti nemico o personaggio pubblico che non cogliesse l’occasione, anche a distanza di anni, per fare della maldicenza a proposito dei rapporti particolari fra il giovane Cesare e il re di Bitinia. Cesare veniva di volta in volta definito “rivale della regina di Bitinia”, “stalla di Nicomede”, “bordello di Bitinia”. Bibulo, collega di Cesare nel consolato del 59, riprendendo la vecchia accusa che lo dipingeva come regina di Bitinia, per attaccare la sfrenata ambizione di Cesare che manifestava tendenze monarchiche affermò: “Questa regina, una volta aveva voluto un re, ora vuole un regno”. I legionari, il giorno del trionfo di Cesare sui Galli, seguendo il costume che consentiva ai soldati di indirizzare il giorno del trionfo versi piccanti e scurrili al proprio comandante, intonarono un canto che suonava più o meno così: