Satyāgraha: differenze tra le versioni

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Con il termine '''Satyagraha''' ([[lingua sanscrita|sanscrito]] ''satyāgraha'', in [[devanagari]] सत्याग्रह) si indica il tipo di lotta ''nonviolenta'' praticata da [[Mohandas Gandhi|Gandhi]], [[Martin Luther King]], [[Aung San Suu Kyi]], [[Marco Pannella]] ed altri nella storia. La parola deriva dai termini in sanscrito ''satya'' (verità), la cui radice ''sat'' significa Essere/Vero, e ''agraha'' (fermezza, forza). Le traduzioni italiane che più si avvicinano al significato di ''Satyagraha'' sono "vera forza", "forza dell'amore" o "fermezza nella verità". Il termine porta con sé l'idea di ''[[ahimsa]]'', cioè assenza di danneggiamento. In [[Italia]] lo stesso concetto è meglio conosciuto con il nome di [[Nonviolenza]].
==Le fonti e i contenuti==
 
Le fonti da cui Gandhi trasse il suo concetto di nonviolenza sono innumerevoli: le religioni [[Induismo|induista]], [[Buddhismo|buddista]], [[Zoroastrismo|zoroastrista]] [[Cristianesimo|cristiana]], [[Giainismo|giainista]] e i rispettivi testi sacri; saggi letterari come quello di [[David Henry Thoreau|Thoreau]] sulla "''Disobbedienza civile''", di [[Lev Tolstoj|Tolstoj]] "''Il regno di Dio è in voi''", di [[John Ruskin|Ruskin]] "''A quest'ultimo''", e inoltre i suoi innumerevoli "esperimenti con la Verità".
 
Il pensiero ''satyagraha'' si basa su una concezione filosofica, religiosa, morale trascendente della realtà che vede come più alto obiettivo dell'uomo la ricerca della Verità, che Gandhi assimila a Dio, all'amore e alla nonviolenza. Il concetto di Verità lo si ritrova anche nella ''[[Bhagavad Gita]]'', testo sacro indù che Gandhi apprezzò per il suo valore morale, definendolo il "Vangelo dell'[[India]]".
 
Il ''satyagrahi'' (colui che pratica il ''satyagraha'') aderisce a undici principi che osserva in spirito di umiltà: non violenza, verità, non rubare, castità, rinuncia ai beni materiali, lavoro manuale, moderazione nel mangiare e nel bere, impavidità, rispetto per tutte le religioni, ''swadeshi'' (uso dei prodotti fatti a mano), sradicamento dell'intoccabilità.
 
Il ''satyagraha'' può anche essere definito una forma di lotta politica e sociale (per Gandhi vi è una forte identità tra i due termini), dotata della massima efficacia se utilizzata per fini nobili e degni; risulta, invece, inutile o dannosa per chi lo pratica per [[egoismo]] o brama.
 
Nel pensiero ''satyagraha'' vi è identità tra fine e mezzo, a dispetto di ogni concezione "machiavelliana": per raggiungere una meta giusta l'unico modo è quello di usare metodi pacifici e nonviolenti, con amore verso il "nemico" contro cui è diretto. Il ''satyagraha'' eleva e purifica chi lo pratica e chi lo riceve. Esso distingue il peccato dal peccatore e, mentre verso il primo si scaglia con tutta la sua forza, verso il secondo si comporta fraternamente: il suo obiettivo non è la distruzione dell'avversario, ma la sua convinzione (con-vincere,vincere con), e la pacifica convivenza di entrambi. Chi pratica il Satyagraha intende dare forza all'avversario che usando motodi violenti è in realtà debole e per questo necessita della forza spirituale che si sprigione durante un'azione nonviolenta.
 
Nel ''satyagraha'' vi è una forte tensione morale: i valori sono una componente fondamentale del pensiero e dell'azione, in ogni campo (sociale, politico, religioso, economico, culturale, ecc.). Vi è inoltre un forte distacco dai desideri e dalle passioni (intese in senso negativo), in quanto un eccesso indurisce il cuore dell'uomo, lo sporca e lo stanca.
 
Rispetto alla morte il ''satyagrahi'' non deve provare timore, poiché non si può uccidere ciò che non può morire. La morte è il dono estremo con cui un essere umano si offre alla propria causa e al suo avversario, conscio che anche in questo modo serve la Verità e il bene.
 
Il ''satyagraha'' è anche il servizio dell'altro: nella disputa è còmpito del ''satyagrahi'' mostrare la via giusta, aderirvi e accettare a cuor sereno tutte le conseguenze. La disobbedienza civile potrebbe rendere necessario infrangere una legge ingiusta: in tal caso il cittadino, rispettoso di tutte le altre leggi, moderato dall'auto-disciplina, obbedirà alla superiore legge morale e trasgredirà quella dello stato accettando senza rimorso la pena corrispondente. Il fondamento di ciò è la superiorità della purezza dello spirito (derivante dall'obbedienza alla legge morale) rispetto alla sofferenza del corpo che potrebbe essere causata dal danno economico ricevuto o dalla permanenza in prigione.
 
Nel concreto il satyagraha si traduce in molteplici forme, alcune delle quali storicamente sperimentate, altre sono ancora da ideare. Esse sono: la non-collaborazione nonviolenta, il [[boicottaggio]], la [[disobbedienza civile (società)|disobbedienza civile]], l'[[obiezione di coscienza alle spese militari]], l'[[azione diretta nonviolenta]], il [[digiuno]], ecc., nonché, in termini più generali, il [[pacifismo]]
 
==Esempi storici gandhiani==
[[Immagine:Gandhi Kheda 1918.jpg|left|thumb|150px|[[Gandhi]] nel 1918, durante il satyagraha del Champaran e del Kheda]]