Gruppo 7: differenze tra le versioni

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===Gruppo 7===
Con una serie di articoli sulla rivista ''Rassegna Italiana'' nel dicembre del [[1926]], il "Gruppo 7" si presentò al pubblico, dettando nuovi principi per l'[[architettura]] che si rifacevano a quelli del [[Movimento Moderno]] in [[Europa]]. Si trattava di un nuovo modo di vedere l'architettura, caratterizzato dalla ricerca della forma pura, essenziale, che esprimesse la funzione degli spazi, e dal rigetto dell'ornamento e della [[decorazione]]. In questi scritti si teorizzava:
* che "''dall’uso costante della razionalità, dalla perfetta rispondenza dell'edificio agli scopi che si propone, siamo certi debba risultare, appunto per selezione, lo stile''"<ref name="Zevi">cfr. Bruno Zevi. Storia dell'architettura moderna. Torino 2001, p. 182.</ref>;
* che "''l'architettura ...non può più essere individuale''", per poterla ricondurre "''alla diretta derivazione delle esigenze del nostro tempo''"<ref name="Zevi">cfr. Bruno Zevi. Storia dell'architettura moderna. Torino 2001, p. 182.</ref>;
* che "''all’[[Eclettismo (arte)|eclettismo]] elegante dell'individualismo opponiamo lo spirito della costruzione in serie''"<ref name="Zevi">cfr. Bruno Zevi. Storia dell'architettura moderna. Torino 2001, p. 182.</ref>.
 
Contemporaneamente si richiamava il valore della tradizione:
* "''Da noi esiste un tale substrato classico e lo spirito della tradizione (non le forme le quali sono ben diversa cosa) è così profondo in [[Italia]], che evidentemente e quasi meccanicamente la nuova architettura non potrà non conservare una tipica impronta nostra''"<ref name="Zevi">cfr. Bruno Zevi. Storia dell'architettura moderna. Torino 2001, p. 182.</ref>.
 
Il Gruppo 7, quindi, propendeva per una mediazione tra tradizione e "spirito nuovo", tra [[classicismo]] e [[Funzionalismo (filosofia)|funzionalismo]], riprendendo dal classico la struttura geometrica, il ritmo, la proporzione, la raffinatezza dei materiali e dei particolari architettonici. Con la sua iniziativa il Gruppo 7 aprì quello che poi lo stesso [[Giuseppe Terragni|Terragni]] definì il periodo 'squadrista' dell'architettura italiana, che tra il 1926 e il 1931, soprattutto però durante gli anni 1931/32, vide lo scontro tra razionalisti e accademici con la seguente polemica nazionale sulle ragioni della modernità.<ref>cfr. Pier Luigi Nervi. Architettura come sfida (a cura di [[Carlo Olmo]] e [[Cristiana Chiorino]]). Milano 2010, p. 5.</ref>