De origine et situ Germanorum: differenze tra le versioni

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Il manoscritto, che aveva ricevuto vari interessamenti, da parte di [[Niccolò V]] e di [[Enea Silvio Piccolomini]], futuro [[Pio II]] (all'epoca dell'interessamento ancora [[cardinale]]), fu probabilmente tradotto a Roma per iniziativa di Niccolò V e di Poggio Bracciolini suo segretario, i quali incaricarono Alberto Enoch di [[Ascoli]] di ricondurvelo nel [[1455]] a seguito di una missione in Germania.<ref name=dizbioguarn>[http://www.treccani.it/enciclopedia/stefano-guarnieri_(Dizionario-Biografico)/ Guarnieri Stefano Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)]</ref> Fu questi che smembrò il codice in tre [[apografo|apografi]] per rivenderlo e ricavarvi un guadagno più cospicuo (e stante anche il rifiuto della [[curia romana]] di acquisirlo).<ref name=dizbiog/> Alla morte di Enoch, l'allora governatore delle [[Marche]] (e futuro arcivescovo di [[Milano]]) [[Stefano Nardini]] tentò di ottenerlo su incarico di [[Carlo di Cosimo de' Medici|Carlo De Medici]], ma senza riuscirci.<ref name=dizbiog/> Lo stesso fece il cardinale Piccolomini, senza che la sua ricerca avesse successo.
 
Il codice di Hersfeld finì successivamente nelle mani di un altro umanista, Stefano Guarnieri di [[Osimo]], il quale, dal momento che il manoscritto necessitava di interventi di restauro, operò delle integrazioni e delle ricopiature in [[minuscola umanistica]], forse sua partire da uno dei tre apografi frutto dello smembramento del ''Codex Hersfeldensis'' realizzato da Enoch.<ref name=dizbioguarn/> Il manoscritto di Guarnieri (nel quale si trovò inserito un [[quaternione]] dell<nowiki>'</nowiki>''Agricola'', risalente alla copia del secolo XI) fu ritrovato a [[Jesi]] (''Codex Aesinas Latinus'' o codice Esinate-Hersfeldense)<ref>Fu oggetto di studio da parte di [[Cesare Annibaldi]], ma non fu da questi scoperto, bensì da Marco Vattasso, prefetto della [[Biblioteca apostolica vaticana]]; Annibaldi riconobbe la mano del copista Guarnieri di Osimo nella ricopiatura dell'opera</ref> nella [[biblioteca]] del [[conte]] Aurelio Baldeschi Guglielmi Balleani.
 
Nel [[1938]] il ''Codex Aesinas'' ricevette l'interessamento del [[Germania nazista|governo tedesco]] (e di [[Himmler]] in particolare, capo delle [[SS]]), che però non riuscì ad ottenerlo dal conte Balleani. Lo stesso [[Benito Mussolini]] era intenzionato ad accontentare le richieste del governo tedesco, ma il clamore suscitato nel mondo intellettuale lo trattenne poi da tale volontà. Solo nel [[1944]], durante l'[[occupazione tedesca|occupazione]], i tedeschi furono vicini ad ottenerlo, perquisendo le residenze del conte nei pressi [[Ancona]], ad [[Osimo]] e a Jesi, ma senza riuscire ad entrarne in possesso. Il codice, sopravvissuto alla [[Seconda guerra mondiale|guerra]], fu danneggiato durante l'[[alluvione di Firenze]] del [[1966]], ma subito dopo restaurato e recuperato, venendo poi donato dalla famiglia Balleani allo [[Repubblica Italiana|stato italiano]]. Oggi è custodito nella [[Biblioteca Nazionale Centrale di Roma]].