De origine et situ Germanorum: differenze tra le versioni

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'''''De origine et situ Germanorum''''', comunemente conosciuta come '''''Germania''''', è un'opera [[etnografia|etnografica]] scritta da [[Publio Cornelio Tacito]] attorno al [[98]] d.C. sulle [[tribù]] [[germani]]che che vivevano al di fuori dei [[Limes romano|confini]] [[Impero romano|romani]]. È l'unica opera a carattere [[Etnografia|etnografico]] su un popolo straniero pervenutaci dell'antichità.<ref>Sono perdute infatti due opere etnografiche di Seneca, ''De situ et sacris Aegyptiorum'' e il ''De situ Indiae''</ref>
==Tradizione manoscritta==
L'unico manoscritto sopravvissuto dell'opera, risalente al [[IX secolo]], venne ritrovato nel [[1425]] nel [[monastero]] [[prussiano]] di [[Hersfeld]] (''Codex Hersfeldensis''), centro di studio monastico attivo fin dall'[[VIII secolo]], poco a nord di [[Fulda]], dal [[monaco]] Heinrich di [[Grebenstein]] (l'[[umanista]] [[Poggio Bracciolini]], informato della notizia avvisò subito [[Niccolò Niccoli]]); il codice miscellaneo conteneva, unitamente al ''De origine et situ Germanorum'', l<nowiki>'</nowiki>''[[Agricola (Tacito)|Agricola]]'', il ''[[Dialogus de oratoribus]]'' e frammenti del ''De grammaticis et rhetoribus'' di [[Svetonio]]. Un'altra versione vuole che il manoscritto fu trovato dall'[[arcivescovo di Milano]] [[Bartolomeo Capra]], che fu in [[Germania]] al seguito dell'imperatore [[Sigismondo del Sacro Romano Impero|Sigismondo]] nel [[1421]].<ref name=dizbiog>[http://www.treccani.it/enciclopedia/enoch-d-ascoli_(Dizionario_Biografico)/ Enoch d'Ascoli Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 42 (1993)]</ref>
 
Il manoscritto, che aveva ricevuto vari interessamenti, da parte di [[Niccolò V]] e di [[Enea Silvio Piccolomini]], futuro [[Pio II]] (all'epoca dell'interessamento ancora [[cardinale]]), fu probabilmente tradotto a Roma per iniziativa di Niccolò V e di Poggio Bracciolini suo segretario, i quali incaricarono Alberto Enoch di [[Ascoli]] di ricondurvelo nel [[1455]] a seguito di una missione in Germania.<ref name=dizbioguarn>[http://www.treccani.it/enciclopedia/stefano-guarnieri_(Dizionario-Biografico)/ Guarnieri Stefano Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)]</ref> Fu questi che smembrò il codice in tre [[apografo|apografi]] per rivenderlo e ricavarvi un guadagno più cospicuo (e stante anche il rifiuto della [[curia romana]] di acquisirlo).<ref name=dizbiog/> Alla morte di Enoch, l'allora governatore delle [[Marche]] (e futuro arcivescovo di [[Milano]]) [[Stefano Nardini]] tentò di ottenerlo su incarico di [[Carlo di Cosimo de' Medici|Carlo De Medici]], ma senza riuscirci.<ref name=dizbiog/> Lo stesso fece il cardinale Piccolomini, senza che la sua ricerca avesse successo.
 
Il codice di Hersfeld, finìche successivamente andò disperso e perduto, finì nelle mani di un altro umanista, Stefano Guarnieri di [[Osimo]], il quale, dal momento che il manoscritto necessitava di interventi di restauro, operò delle integrazioni e delle ricopiature in [[minuscola umanistica]], forse a partire da uno dei tre apografi frutto dello smembramento del ''Codex Hersfeldensis'' realizzato da Enoch.<ref name=dizbioguarn/> Il manoscritto di Guarnieri (nel quale si trovò inserito un [[quaternione]] in scrittura [[carolina]] dell<nowiki>'</nowiki>''Agricola'', risalente alla copiaall'[[antigrafo]] del secolo XIIX, ancora conservato)<ref>http://www.liceoclassicojesi.it/index.php/codex-aesinas-n8-collezioni-e-produzioni-181</ref> fu ritrovato nel [[1902]] a [[Jesi]] (''Codex Aesinas Latinus'' o codice Esinate-Hersfeldense)<ref>FuIl codice sarà oggetto di studio da parte didello studioso [[Cesare Annibaldi]], ma non fu da questi scopertoa scoprirlo, bensì da Marco Vattasso, prefetto della [[Biblioteca apostolica vaticana]]; Annibaldi riconobbe la mano del copista Guarnieri di Osimo nella ricopiatura dell'opera</ref> nella [[biblioteca]] del [[conte]] Aurelio Baldeschi Guglielmi Balleani da Marco Vattasso, prefetto della [[Biblioteca apostolica vaticana]], il quale lo fece pervenire allo studioso Cesare Annibaldi, trai primi ad esaminarlo. Anche questo appariva un miscellaneo comprendente l<nowiki>'</nowiki>''[[Ephemeris Belli Troiani]]'' di [[Ditti Cretese]] e le due opere tacitiane, l<nowiki>'</nowiki>''Agricola'' e la ''Germania''.
 
Nel [[1938]] il ''Codex Aesinas'' ricevette l'interessamento del [[Germania nazista|governo tedesco]] (e di [[Himmler]] in particolare, capo delle [[SS]]), che però non riuscì ad ottenerlo dal conte Balleani. Lo stesso [[Benito Mussolini]] era intenzionato ad accontentare le richieste del governo tedesco, ma il clamore suscitato nel mondo intellettuale lo trattenne poi da tale volontà.<ref>http://www.liceoclassicojesi.it/home/uh1x6pq0/domains/liceoclassicojesi.it/public_html/images/stories/aesinas_bini_lippi.pdf</ref> Solo nel [[1944]], durante l'[[occupazione tedesca|occupazione]], i tedeschi furono vicini ad ottenerlo, perquisendo le residenze del conte nei pressi [[Ancona]], ad [[Osimo]] e a Jesi, ma senza riuscire ad entrarne in possesso. Il codice, sopravvissuto alla [[Seconda guerra mondiale|guerra]], fu danneggiato durante l'[[alluvione di Firenze]] del [[1966]], ma subito dopo restaurato e recuperato, venendo poi donato dalla famiglia Balleani allo [[Repubblica Italiana|stato italiano]]. Oggi è custodito nella [[Biblioteca Nazionale Centrale di Roma]] (''Cod. Vitt. Em. 1631)''.
 
== Caratteristiche dell'opera ==