Pietro Fregoso (1412-1459): differenze tra le versioni

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=== Il dogato ===
Il mandato di Pietro II Fregoso, durato complessivamente otto anni, tra i più lunghi della storia genovese, non fu alquanto facile per la gestione da sempre conflittuale tra le principali nobili famiglie del capoluogo, i [[Fregoso]] compresi. Non pienamente accettata dalla nobiltà e dalle alte cariche fu la nomina del cugino Nicolò Fregoso a capitano generale della Repubblica - gli stessi nobili avrebbero preferito in quella carica più un fratello del doge Pietro - o ancora i comportamenti dell'ex doge [[Lodovico Fregoso]], altro suo parente, tanto alleato quanto sovversivo verso lo stesso dogato. E oltre ai pericoli interni della sua famiglia, il mandato di Pietro II Fregoso dovette ben presto far i conti con gli alleati - tra questi i [[Fieschi]] che di certo contribuirono alla sua nomina a doge - e soprattutto con gli storici avversari come gli [[Adorno]].
 
Tra le prime difficoltà del dogato vi fu la delicata questione del [[Marchesato del Finale]] che conquistato militarmente dalla Repubblica di Genova qualche mese prima, a causa dell'intervento del re di Francia che venne in soccorso dell'ex marchese Giovanni Del Carretto, fu costretto a scendere a patti e restituire il piccolo territorio finalese alla signoria carrettesca con il trattato del 7 agosto [[1451]]. Nell'inverno dello stesso anno per la costante minaccia di [[Alfonso V d'Aragona]] - ora alleato della [[Repubblica di Venezia]] - il doge Fregoso instaurò con le signorie di [[Milano]] e di [[Firenze]] una lega difensiva contro quest'ultimo.
 
Assicurata e solidarizzata un'alleanza per la protezione della repubblica genovese, Pietro II Fregoso poté quindi avviare una sua personale controffensiva contro le guerre interne e di famiglia: promosse il bando per impiccagione dell'accusato Galeotto De Mari e contro il "traditore" ed ex capitano generale Nicolò Fregoso (giugno [[1452]]), una scelta quest'ultima che destò scalpore nell'ambiente nobiliare, ma anche nel suo ramo familiare. Per evitare il sospetto di aver agito per favorire uno dei propri fratelli, il doge propose invece la nomina del fratello di Nicolò, Spinetta II Fregoso.
 
Come fece nel [[1437]] lo zio doge [[Tomaso Fregoso]], pure Pietro II emanò nel 1452 nuove leggi per limitare il lusso negli ornamenti femminili e nelle cerimonie pubbliche. Accordatosi per alcuni scambi commerciali con il sultano di [[Tunisi]], a luglio la sua attenzione fu rivolta nella colonia genovese di [[Pera]] dove sempre più pressante era la minaccia di guerra ad opera di [[Maometto II]]; al comando del cognato Giovanni Giustiniani Longo organizzò un buon esercito che partì alla volta dell'importante presidio di [[Costantinopoli]]. In contemporanea con il fronte d'oriente, un'altra e strategica colonia genovese, la Corsica, era ormai da mesi sotto assedio della marineria catalana (che riuscirono ad occupare stabilmente San Fiorenzo) e a nulla servirono le numerose trattative avviate a [[Napoli]] alla corte di Alfonso V d'Aragona da parte dell'ambasciatore genovese Gaspare Sauli. Con decreto del Gran Consiglio della Repubblica, datato al 19 maggio [[1453]], si optò per la cessione dei diritti e dell'isola corsa stessa verso il [[Banco di San Giorgio]] e ai suoi protettori.
 
Se sconquassati e pericolanti furono gli avvenimenti bellici in oriente e nelle colonie genovesi, non migliore fu invece la situazione in Terraferma e a Genova in particolare con il riprendere delle eterne lotte tra i fuoriusciti Adorno, [[Spinola]] e Fieschi contro il dogato. Con una popolazione genovese allarmata per la notizia del sequestro della nave di Oberto Squarciafico (4 luglio 1453) ad opera della marina catalana e che quindi, nonostante gli sforzi militari, ancora spadroneggiava nelle rotte commerciali genovesi, con maggior stupore e preoccupazione fu accolta dal popolo la notizia della caduta di Costantinopoli e di Pera in mano turca. Persa l'importante colonia, che gli storici segnaleranno come uno degli eventi più nefasti del suo lungo dogato, il doge Pietro II Fregoso si vide quasi costretto a cedere le altre colonie sul mar Nero ancora in mano ai Genovesi al Banco di San Giorgio tra il 1453 e il [[1454]].
 
Per far fronte ad un nuovo attacco armato della marineria genovese ai danni di Alfonso V d'Aragona, il doge dovette scendere a patti con molte personalità pure nemiche per congiungere gli sforzi; tra questi Gian Filippo Fieschi, conte di [[Lavagna]], che dopo un trattato di pace il 1 gennaio 1454 ottenne da Pietro II Fregoso pressoché il dominio sul levante ligure in cambio del suo aiuto. E con la nomina di ammiraglio il Fieschi salpò da Genova il 7 aprile alla volta di Napoli assieme ad otto navi per condurre lo scontro finale contro l'aragonese. Un assalto quello genovese che fu però fallimentare per un probabile tradimento dello stesso Fieschi e per l'imperizia di Tommasino Fregoso inviato in seguito dal fratello doge in aiuto alla flottiglia repubblicana. Ben presto la Repubblica di Genova dovette subire il contrattacco di Alfonso V d'Aragona, un assedio che gestì praticamente da sola per la mancanza di alleati e che in poco tempo portò le truppe napoletane all'interno delle mura della città. Forte dell'appoggio dei fuoriusciti genovesi - tra questi gli Adorno e i Fieschi - il sovrano aragonese arrivò tuttavia ad una tregua con il doge e con Genova anche grazie ad una forte mediazione dello [[Stato Pontificio]].
 
Il resto del mandato proseguì con una gestione sempre più difficile del governo e con una Genova sempre assediata dalle navi catalane e soprattutto dilaniata dalle guerre interne. La situazione si strascinò fino al febbraio [[1458]] quando, isolato e stretto, Pietro II Fregoso prese la decisione di abdicare e di formalizzare quella che da li a breve sarebbe diventata una nuova dedizione di Genova verso la corona d'oltralpe di [[Carlo VII di Francia]].
 
Durante il suo dogato viene ricordato inoltre per aver coniato, forse per la prima volta, dodici monete in [[argento]] con la raffigurazione incisa del monogramma di [[Gesù]] - [[Monogramma di Cristo|JHS]] - esprimendo, come sostengono gli storici, il proprio credo religioso [[cattolico]].