Il balordo (romanzo): differenze tra le versioni

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== Trama ==
[[File:Chiara.jpg|thumb|180px|[[Piero Chiara]], l'autore del romanzo]]
Il "balordo" è il [[musicista]] Anselmo Bordigoni (o Bordiga). Vive in un paese che giace sotto delle [[Alpi]] e si affaccia su un [[lago]]<ref>Si tratta verosimilmente di [[Luino]], cittadina natale di Piero Chiara affacciata sul [[Lago Maggiore]]. Vale tuttavia quanto detto da [[Mario Bonfantini]] nella prefazione de ''Il piatto piange'': «La Luino del romanzo è si, materialmente, Luino, ma in realtà molto di più che Luino: risulta una ''località-tipo'', un luogo veramente ''esemplare'' ([...)] rappresenta in verità, con una precisione molto maggiore di ogni possibile fedeltà topografica, la precisione assoluta che hanno solamente le idee». </ref>. Il Bordigoni è un individuo caratterizzato da dimensioni fisiche enormi e da una [[apatia (psicologia)|apatia]] totale: sembra non accorgersi mai di niente e subisce qualsiasi vessazione senza domandarsi mai neanche il perché. All'inizio fa il maestro elementare; ma, avendo perso il posto ad opera dei [[fascismo|fascisti]], comincia a mettere a frutto il suo talento di musicista ed entra in un'orchestrina organizzata da un certo Persichetti, detto "il Ginetta" a causa delle sue inclinazioni sessuali. Il Ginetta sarà la rovina del Bordigoni: gli ruba le composizioni musicali, che vende come proprie, e infine lo farà allontanare dal paese, e inviare al [[confino]] per «malcostume».
 
Nella sede di confino, [[Altavilla Silentina|Altavilla del Cilento]], Bordigoni dirige la banda municipale, e la vocazione per la musica cresce "come la chioma di un albero". Gli abitanti prendono a benvolere quell'omone gigantesco e taciturno, che viene paragonato a un enorme albero, posto nella piazza del paese e chiamato dagli abitanti "il buon cazzone":
{{quote|L'albero, al quale si riferivano antiche leggende, veniva chiamato il Buon Cazzone, e la denominazione era tanto antica e radicata negli altavillesi che nessuno, nemmeno i parroci, poterono mai trovarvi rimedio. Si può dire che erano tali l'imponenza, la fama e la serietà dell'albero, che si era perso il significato del nome, il quale fini con lo scomparire dagli usi comuni ingiuriosi e scherzevoli, per rimanere, senza sospetto di equivoco, come unico appellativo della grande pianta.</br />
Sarebbe vano cercare chi per primo indicò il Bordigoni come il "Buon Cazzone", ma tutti, a cominciare dal maresciallo, si trovarono d'accordo nell'estendergli un nome che ad Altavilla equivaleva ad un'onorificenza e che nessuno aveva mai meritato nella lunga vicenda di un luogo sdegnato dalla Storia, ma toccato dal privilegio di una pianta tale da compensare ogni altra fama d'artisti o condottieri, quali il Solimena che vi era stato in villeggiatura o Ruggero d'Altavilla che col paese aveva solo rapporti di omonimia..|Piero Chiara, ''Il balordo'', Milano : Mondadori, I ed. Oscar Mondadori, 1972 pp. 81-83}}
 
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* «II Balordo non deluderà chi ha amato dello stesso autore ''II piatto piange'' o ''La spartizione''. Chiara persegue un ideale narrativo che tende a darci una immagine della realtà italiana attraverso un linguaggio controllato ma limpido, dovizioso ma non esuberante. Il nuovo personaggio di Piero Chiara, che aspirava evidentemente a una proiezione simbolica ma che vive con proprietà anche senza bisogno di implicazioni metafisiche, è un certo Anselmo Bordigoni, tipo tranquillo, che mostra un eccezionale dono musicale. (...) Si tratta di un personaggio che dice quietamente di no alla vita con il miglior garbo possibile, e quasi scusandosi dell'infrazione alle comuni opinioni. E si tratta anche di un uomo pulito. Nel suo "giro" accadono cose turpi, i mascalzoni si sprecano. Eppure Bordigoni è una corrente d'acqua pulita che sfiora i letami senza contaminarsi.» [[Pietro Bianchi (critico cinematografico)|Pietro Bianchi]], ''[[Il Giorno]]'' 3 maggio 1967.
* «Del suo quarto romanzo, il recente ''Balordo'', si potrebbe dire, come si è fatto per gli altri, che si legge tutto d'un fiato. Non nel senso che esso prenda per la gola il lettore (una metafora inadeguata al carattere e all'energia del narratore, ma in un linguaggio più proprio si vorrebbe dire che ne conquista perentoriamente la fantasia e l'intelligenza), e lo trascini docile e succubo tra gli intricati e irresistibilmente unitari meandri della immaginazione. Anzi lo "distrae" continuamente dal nucleo, con diversivi aneddotici che taglia e ricuce a sorpresa. Eppure violenza c'è, sottile, travestita, "subdola", sagace e cortese, la quale condiziona una lettura complice che insinua attraenti lusinghe ai più indifesi sentimenti e al repertorio più consolidato delle idee.» [[Walter Pedullà]], ''La letteratura del benessere'', Napoli : Libreria scientifica editrice, 1968
* «Ma spontaneo è il personaggio. Nitido il clima che lo circonda e che egli stesso, senza nulla volere, con letizia esistenziale, crea intorno a sé; cosicosì la simpatia e nostalgia. Non si mutuano queste cose in un piccolo "ambiente" dall'ampiezza e difformità delle fonti culturali come, invece, dall' "ambiente" si percepiscono, si amano e si rappresentano: l' "ambiente" come unica sorgente possibile. Ma sta di fatto che giusto nella provincia il rapporto nativo fra gli uomini ha potuto avere un "ambiente". Se non altro li più che altrove la leggenda del "balordo", non balordo davvero, resterà nella memoria di quanti lo ascoltavano e lo vedevano amministrare sul letto, con le braccia di fuori come "due grossi remi".» [[Raffaello Brignetti]], «Antologia critica». In : ''Il Balordo''; introduzione di [[Luigi Baldacci]], Milano : Mondadori, 1979, p. 17
* «La sua (di Piero Chiara) autenticità era provata dalla naturalezza con la quale di colpo arricchiva la nostra carta letteraria di un nuovo paesaggio di fantasia, la lacustre Luino, còlta e piacevolmente stilizzata in una immagine subito accattivante. Il teatro dei, suoi personaggi, infatti, se da un lato si rappresentava sullo scenario di una società pigra e provinciale, dominata dal mito borghese della rispettabilità e da immortali abitudini, dall'altro lato era invece incredibilmente agitato da estri, umori, innocenti manie e spregiudicato gusto dell'avventura.» [[Geno Pampaloni]], «Antologia critica». In : ''Il Balordo''; introduzione di [[Luigi Baldacci (critico letterario)|Luigi Baldacci]], Milano : Mondadori, 1979, pp. 15-16
 
== Sceneggiato televisivo ==