Storia dell'Aragona: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m ortografia
clean up, replaced: → (2), → (33), o stato → o Stato (5), utt' → utt', typos fixed: a se → a sé using AWB
Riga 5:
Durante l'età del bronzo l'[[Aragona]] restò al margine della più grande cultura peninsulare dell'epoca, quella dell'Argar, che, sviluppatasi nell'attuale [[Andalusia]], riuscì a stento a lambire la valle dell'[[Ebro]]. La popolazione, raggruppata in piccoli villaggi o in grotte, era piuttosto scarsa e si concentrava nelle vallate, dove si dedicava all'agricoltura ed all'allevamento. Modeste le attività artigianali, tese a soddisfare i bisogni più immediati della popolazioni presenti (armi soprattutto, e rudimentali utensili domestici). Fra le popolazioni pre-indoeuropee della parte pirenaica dell'Aragona possiamo considerare anche i lontanati antenati del popolo [[Baschi (popolo)|basco]] che iniziò ad acquisire caratteristiche etniche proprie solo nella seconda metà del [[I millennio a.C.]]
 
Sul finire del [[X secolo a.C.]] l'Aragona inizia ad accogliere le prime ondate indoeuropee provenienti dall'[[Europa centrale]]. Questi popoli, portatori della cultura dei campi di urne, praticavano il rito dell'incinerazione ed introdussero il ferro nella regione. Il bronzo continò ad essere tuttavia, almeno fino alla metà del [[VII secolo a.C.]] il metallo in assoluto più utilizzato. Sull'origine di tali popolazioni non esiste accordo fra gli studiosi: l'opinione più accreditata è che si tratti di gruppi etnici prevalentemente di origine [[Celti|celta]] e, in minor misura, [[germani]]ca. Questi ultimi si celtizzarono col tempo e, già attorno alla metà del I millennio, tale processo di integrazione poteva dirsi compiuto. L'ultima fra le grandi immigrazioni indoeuropee fu quella dei [[Galli]] belgi che attraversarono i [[Pirenei]] nella prima metà del [[VI secolo a.C.]] e che diedero il loro nome a molti toponimi aragonesi conservatisi fino ai nostri giorni: ''Rio Gallego'', ''Gallur'', ''Magallón'' ecc.
 
I Celti di Aragona ben poco differivano dai propri confratelli della ''meseta'' spagnola. Le varie tribù erano guidate da caste guerriere e traevano dalla pastorizia, più che dall'agricoltura, la principale fonte del proprio sostentamento. Talvolta si arruolavano anche, come mercenari, negli eserciti [[greci]], [[fenici]] ed [[iberi]]. Vivevano in villaggi fortificati che eccezionalmente, e solo tardivamente ([[III secolo a.C.]]), assunsero delle connotazioni propriamente urbane (come nel caso di [[Numanzia]]). Frutto della secolare convivenza con gli Iberi, fu l'adozione dell'alfabeto di questo popolo da parte dei Celti d'Aragona, il quale continuò ad essere utilizzato anche nei primi secoli della dominazione romana ([[II secolo a.C.|II]] e [[I secolo a.C.]]). A [[Botorrita]], nella parte centrale della Regione, sono state rinvenuti fra il [[1992]] e il [[1994]] quattro bronzi, di cui tre con iscrizioni in lingua celta ed [[alfabeto iberico]] (un quarto è scriito in latino con caratteri latini) dei primi decenni del [[I secolo a.C.]] D'altra parte va detto che i Celti trasmisero agli Iberi, che originariamente inumavano i loro defunti, il rito della cremazione.
 
===Iberi===
Riga 13:
[[Immagine:Dama d'Elx.jpg|left|thumb|La "Dama d'Elche": capolavoro di arte iberica del V o IV secolo a.C.]]
 
Nel corso del [[V secolo a.C.]] iniziarono a penetrare in Aragona gli [[Iberi]], popolo di incerta origine ma sicuramente non indoeuropeo e da tempo stabilitosi nel levante peninsulare (se non addirittura di origine autoctona). I primi territori della regione ad essere colonizzati furono quelli meridionali (''Bajo Aragón''). Gli Iberi stanziati in Aragona erano suddivisi in numerose tribù fra cui primeggiava, sotto il profilo numerico, quella degli Ilergeti. Vivevano in borghi fortificati che a partire dal IV secolo iniziarono a trasformarsi in vere e proprie città, fra cui ''Atanagrum'', [[Huesca|Osca]] e ''Burtina'' ([[Almudévar]]). Gli Iberi erano dediti all'agricoltura ed all'allevamento e raggiunsero un alto livello tecnico nella lavorazione del ferro e nella produzione di un artigianato spesso di qualità (ceramiche in particolare). Molti critici d'arte attribuiscono ad un artista ibero la celebre ''Dama d'Elche'', capolavoro assoluto della statuaria pre-romana in terra hispanica.
 
Va sottolineato che il secolare contatto con le colonie fenicie e greche nel levante spagnolo ed in Andalusia aveva avuto un'influenza decisiva sulla cultura degli Iberi all'epoca in cui questa iniziò a diffondersi in Aragona ([[V secolo a.C.]]). Ricordiamo a questo proposito che la presenza stanziale dei [[Fenici]] (e successivamente dei [[Punici]]) nella penisola iberica è storicamente documentabile fin dall'[[VIII secolo a.C.]] ([[Cadice|Gadir]], [[Malaga|Malaka]], [[Adra (Spagna)|Adra]], ecc.) e quella dei [[Greci]] dai primi decenni del [[VI secolo a.C.]] ([[L'Escala|Empuries]]). L'Aragona, regione senza sbocchi marittimi, non conobbe mai il fenomeno della [[colonizzazione]] da parte di questi evoluti popoli orientali. Gli Iberi quivi stanziati, tuttavia, continuarono ad intrattenere stretti rapporti commerciali con essi fino ad epoca romana. Ne fa fede la notevole quantità di reperti di procedenza ellenica o fenicia rinvenuti in terra Aragona.: anfore (zona di [[Calaceite]]), ceramiche ([[Azaila]], Els Castellans ecc.), crateri (Azaila) ed altri oggetti ornamentali di vario tipo.
===Celtiberi e Baschi===
[[Immagine:vascones.png|260px|right|thumb|Le popolazioni basche nel I secolo a.C. Il loro territorio includeva all'epoca anche il centro di [[Ejea de los Caballeros|Segia]] e la sua sub-regione, oggi in Aragona]]
Riga 34:
===Romanizzazione===
{{vedi anche|Spagna romana}}
Durante la II guerra punica, ed in particolare a partire dal [[206 a.C.]], le popolazioni [[Iberi|ibere]] e [[Celtiberi|celtibere]] d'[[Aragona]] entrarono in contatto diretto con i legionari romani, i cui accampamenti erano molto spesso situati in prossimità dei centri abitati. Questi fornivano agli eserciti di Roma derrate alimentari, utensili vari, prodotti tessili ed altri generi di prima necessità. I rapporti fra legionari e popolazioni autoctone, non solo non si interruppero ma si intensificarono nei decenni successivi: l'Aragona fu infatti teatro di numerosi conflitti e fu in vario modo coinvolta anche nelle tre sangunose guerre contro i celtiberi della meseta che ebbero termine solo nel [[133 a.C.]], con la distruzione della città di [[Numanzia]].
 
In quegli anni molti Iberi iniziarono ad arruolarsi, come mercenari, negli eserciti romani e a farsi apprezzare per le proprie doti di coraggio, resistenza e frugalità. Nel primo decennio del secolo successivo un manipolo di cavalieri reclutati nei pressi di ''[[Saragozza|Sadubia]]'', in Aragona, si coprì di gloria nella guerra sociale. A trenta di essi venne concessa la cittadinaza romana e ancor oggi, ad [[Ascoli Piceno]], si può ammirare il bronzo commemorativo su cui vennero incisi i nomi di quei valorosi.
 
Iberi e Celtiberi d'Aragona costituirono anche il nerbo dell'esercito approntato dall'ex-tribuno militare [[Sertorio]] attorno all'[[80 a.C.]] in funzione [[Silla|antisillana]] prima ed [[Gneo Pompeo|antipompeiana]] poi. Il grande politico e condottiero [[Umbri|umbro-sabino]] volle costituire ad [[Huesca|Osca]], la città dell'Aragona centro-settentrionale che fungeva da suo quartier generale, una grande scuola per l'insegnamento del latino. Tale scuola era frequentatissima da giovani che volevano entrare a far parte dell'amministrazione romana e del senato locale, costituito non solo da Romani, ma, secondo i voleri di Sertorio, anche dagli appartenenti delle famiglie ibere e celtibere più in vista. Un paio di decenni più tardi il grande [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] chiamò attorno a se il fior fiore della gioventù romana durante l'assedio di [[Lleida|Ilerda]]. Alcuni di questi legionari sarebbero andati a popolare la prima colonia di diritto romano in Aragona: ''Lèpida'' ([[45 a.C.]]). E furono proprio le prime colonie, unitamente ai municipi di origine ibera celtibera che si andarono sviluppando sul modello di quelle con l'apporto anche dei veterani latini ed italici, che la romanizzazione della regione ricevette un ulteriore e decisivo impulso. La spina dorsale del mondo romano, il nucleo organizzatore dei vasti spazi d'[[Europa]], d'[[Asia]] e d'[[Africa]], i quali si riconoscevano nel sacro nome di Roma e prosperavano all'ombra della sua aquila, era infatti la città.
 
E fu proprio in quegli anni che iniziò quel processo di condivisione di comuni valori che la civiltà romana aveva elaborato nella sua storia secolare e che le genti di Aragona trovarono così congeniali al proprio spirito fiero, leale ed austero. Fu proprio in quegli ultimi decenni di libertà repubblicana che iniziò a farsi strada negli animi dei giovani di quell'angolo dell'[[Hispania]] romana l'adesione ad un progetto collettivo di civiltà e di conquiste sociali e spirituali, prima ancora che materiali, le quali avrebbero per sempre marchiato i futuri destini della loro terra e d'Europa.
Riga 47:
[[Immagine:Hispania 3a division provincial.PNG|thumb|right|220px|Hispania dopo la divisione provinciale di Diocleziano]]
 
Ancor prima che l'Aragona fosse occupata nella sua totalità (187 a.C.), ebbe luogo la sua assegnazione ad una delle due parti in cui l'[[Hispania]] romana venne allora suddivisa: e cioè la ''Citerior''. Questa, denominata in tal modo perché più prossima a Roma era situata a nord della città di [[Cartagena (Spagna)|Carthago Nova]] mentre la ''Ulterior'' si estendeva a sud di questa città. In epoca augustea la Hispania Citerior (con l'Aragona), estesasi ormai fino all'[[Oceano Atlantico|Atlantico]] e divenuta nel frattempo provincia imperiale, iniziò ad essere designata con il nome di [[Tarraconense|Tarraconensis]], dal nome della città di [[Tarragona|Tarraco]], che svolgeva le funzioni di suo massimo centro politico e amministrativo.
 
Negli stessi anni Augusto divise la Provincia in sette distretti territoriali chiamati ''conventi'' aventi finalità di carattere squisitamente burocratico ed amministrativo. Caesaraugusta venne prescelta come sede del più vasto fra questi conventi, comprendente, oltre all'attuale Aragona, anche parte della futura Catalogna occidentale (la zona di [[Lleida|Ilerda]] e dell'attuale Navarra). A partire dall'età [[Diocleziano|dioclezianea]] e fino alla caduta dell'[[Impero Romano d'Occidente]], l'Aragona venne incorporata, insieme alla Provincia Tarraconensis (di cui continuava ancora a far parte), nella [[Diocesi]] di Hispania. Tale diocesi comprendeva, oltre alle province iberiche, che, dopo alcune suddivisioni a spese della Tarraconensis, erano salite a cinque, anche la [[Mauretania|Mauretania Tingitana]], in [[Africa]].
 
===Vita urbana===
Riga 59:
 
===Vie di comunicazione===
La prima strada costruita in [[Aragona]] dai legionari romani, anche con l'apporto di manodopera reclutata localmente, fu quella che congiungeva [[Lleida|Ilerda]] con [[Velilla de Ebro|Celsa]] ultimata negli ultimi decenni del II secolo a.C. Successivamente, questa importante via di comunicazione avrebbe raggiunto ad oriente [[Tarragona|Tarraco]], sulla costa catalana e capitale prima della Hispania citerior poi della Tarraconensis, ed a sud [[Azaila]], centro strategicamente importante per il controllo dell'Aragona meridionale (''Bajo Aragón'').
 
Ancor prima di essere fondata, [[Zaragoza|Caesaraugusta]] già costituiva un punto di passaggio importante delle vie che portavano a sud-ovest, nei paesi celtiberi della meseta, ed a nord-ovest, nell'alta valle dell'[[Ebro]]. A nord est Caesaraugusta fu collegata, pochi decenni dopo la sua fondazione, con [[Huesca|Osca]], [[Monzón|Tolous]] e [[Binéfar|Mendiculeia]] mentre verso settentrione, alla Gallia sudoccidentale attraverso il [[passo del Somport]], non prima di aver attraversato l'importante piazzaforte militare di [[Jaca|Iacca]]. Da quest'ultimo centro si diramava un tramo importante che, costeggiando le falde meridionali dei [[Pirenei]], raggiungeva e superava l'attuale [[Pamplona]].
 
Era questa, un'impressionante rete viaria che attraverso numerosi ponti e viadotti copriva la maggior parte del territorio aragonese. Le strade, di un'ampiezza generalmente compresa fra i quattro metri ed i quattro metri e mezzo, erano sottoposte ad una manutenzione periodica che le rendeva praticabili in ogni epoca dell'anno. Una rete viaria di questo tipo permise ai romani non solo il consolidamento delle conquiste realizzate, ma anche lo sfruttamento razionale delle risorse umane e naturali della regione, la facilità nei trasporti di persone e mercanzie, e, in ultima analisi, lo sviluppo economico di quelle terre. Tale sviluppo accelerò sicuramente, soprattutto in tarda età repubblicana e nei primi secoli dell'età imperiale, il processo di graduale romanizzazione dell'Aragona.
 
==Economia e moneta==
La popolazione aragonese di epoca romana traeva dall'attività agropecuaria la fonte principale del proprio sostentamento. Fra i [[cereali]] il [[frumento]] occupava un'importanza particolare, mentre la [[Vitis|vite]] e l'[[olivo]], probabilmente già conosciuti precedentemente, iniziarono ad essere coltivati su larga scala solo in epoca romana. [[Ovini]] e [[caprini]] erano diffusi in tutta la regione, così come suini ed equini. Sembra che i bovini rivestissero invece un'importanza economica minore. La caccia costituiva una risorsa tutt'altro che trascurabile: in [[Aragona]] erano, e sono tuttora numerosi, [[cinghiale|cinghiali]] e [[lepre|lepri]].
 
Fra le attività secondarie vanno segnalate quelle connesse alla lavorazione dei metalli ed in primo luogo del ferro del [[Moncayo]]. Le manifatture artigianali erano diffuse in molti centri principali e secondari; ceramiche di buona fattura venivano ad esempio prodotte in un importante centro come Caesaraugusta, ma anche in piccole comunità come [[Botorrita]] e [[Osicerda]].
 
Notevole importanza rivestivano gli scambi commerciali, sia interprovinciali (L'Aragona faceva parte, come si è già detto, della ''Tarraconensis''), che con altre realtà umane ed economiche del mondo romano. Durante tutta l'età repubblicana gran parte del movimento commerciale avveniva con l'Italia che esportava in Aragona prodotti artistici di vario tipo, capi d'abbigliamento, manufatti di lusso e importava vino e soprattutto olio. A partire dal [[I secolo]], la [[Gallia]] e l'[[Africa]] romana, che nel frattempo avevano conosciuto uno sviluppo economico molto sostenuto, si affiancarono come mercati a quello italico (ceramiche di produzione gallica o africana sono state rinvenute in molti centri aragonesi).
Riga 80:
Gli affreschi di [[Azaila]] (prima metà del I secolo a.C.) sono indicativi della fase campana ed etrusco-italica mentre ''Le Fatiche di Ercole'', rinvenute nella [[Velilla de Ebro|Colonia Lèpida]] (databili negli ultimi decenni del I secolo a.C. e nei primi decenni di quello successivo) rappresentano un punto di passaggio fra l'uno e l'altro periodo. A questi stessi anni si fanno risalire anche i ritrovamenti di [[Saragozza|Caesaraugusta]] e [[Calatayud|Bilblis]]. Un'arte pienamente inserita in quell'eclettismo cui facevamo precedentemente accenno ispira invece la ''Casa dei delfini'' (seconda metà del [[I secolo]]), sempre realizzata nella Colonia Lepida, che nel frattempo, come abbiamo già avuto modo di rilevare, aveva recuperato nuovamente il suo nome preromano: Celsa.
 
Numerosi sono i rinvenimenti relativi ai mosaici aragonesi di età imperiale, venuti alla luce un po' ovunque, anche in centri minori come [[Utebo]], [[Artieda]] o [[Albalate de Cinca]]. Su tutti primeggiano però, per l'alto livello artistico raggiunto, quelli di Caesaraugusta e di Celsa. In quest'ultimo centro sono stati rinvenuti mosaici di particolare pregio con motivi sia geometrici che figurati, sia policromi che in bianco e nero tutti databili fra il I secolo a.C. ed il I secolo della nostra era. Del [[IV secolo]] è forse il capolavoro assoluto dell'arte musiva aragonese: l'''Orfeo'', in cui è evidente il superamento del naturalismo ellenistico-romano ed il passaggio a forme di espressionismo, tipiche della tarda antichità, così magistralmente studiate da G. Rodenwaldt. Sempre da Caesaraugusta procede uno splendido ''Trionfo di Bacco'' ed un'originale composizione musiva geometrica conservata in Santa Engracia.
 
Non abbondanti sono i reperti scultorei della regione. Ad Azaila è stata rinvenuta una statua di Q. Junius Hispanicus, in bronzo, probabilmente del [[I secolo a.C.]]; a [[Calatayud]] un busto di [[Tiberio Claudio Nerone|Tiberio]] ([[I secolo]]); a [[Tarazona]] una statua di [[Diana (divinità)|Diana]], mutilata, della stessa epoca. Parti di statue sono emerse nel corso del Novecento in vari centri della Regione ([[Saragozza]], [[Huesca]], Celsa, ecc.). In discreto statoStato di conservazione è un sarcofago trovato a S. Pedro (Huesca), con bassorilievi rappresentanti oltre al defunto, [[Nettuno (divinità)|Nettuno]] ed [[Anfitrite]] ([[IV secolo]]).
 
Fra le arti cosiddette minori merita una speciale menzione la oreficeria (fra cui il celebre ''orecchino d'oro'' rinvenuto a [[Lécera]]) e la produzione di monili bronzei, fibule in particolare, talvolta di ottima fattura. Ceramiche di alto livello qualitativo furono fabbricate nell'odierna [[Rubielos de Mora]]. Queste non riuscirono però a soddisfare interamente la domanda locale che si rivolse anche ai mercati extrahispanici: fino ad epoca augustea quasi esclusivamente Italici ([[Pozzuoli|Puteoli]], [[Arezzo|Aretium]]), e, successivamente, anche Galli ([[Narbona]], [[Marsiglia|Massalia]] ecc.) ed Africani ([[Cartagine|Carthago]]).
 
===Lettere===
[[Immagine:Martialis.jpg|thumb|right|200px|Marco Valerio Marziale]]
Sotto il profilo linguistico gli idiomi autoctoni aragonesi decaddero irrimediabilmente fin dai primi decenni della conquista romana: attorno alla seconda metà del [[I secolo]] solo il [[lingua basca|basco]] era ancora parlato in alcune valli pirenaiche. Le iscrizioni in ibero o celtibero, ancora presenti nel [[I secolo a.C.]], almeno a giudicare dal materiale in nostro possesso, cedettero il posto gradualmente, ma irreversibilmente, al latino, fin da epoca augustea.
 
Il I secolo vide anche nascere in una tranquilla e fiorente cittadina aragonese, [[Calatayud|Bilbilis]], uno dei più grandi geni delle lettere latine di ogni tempo: il poeta [[Marco Valerio Marziale]] ([[40]] circa - [[105]] circa) che, trasferitosi in gioventù a [[Roma]], si impose come uno dei massimi poeti satirici del suo tempo, lasciandoci oltre millecinquecento [[epigramma|epigrammi]], cui è per intero affidata la sua meritata fama. Osservatore acuto e mordace, spontaneo e privo di pretese intellettualistiche, seppe sublimare nelle sue raffinate composizioni storiche la realtà quotidiana della Roma del tempo, fatta di usurai, ladri, prostitute, emarginati ed aristocratici corrotti. Talora però il grande poeta si lasciava prender da una sottile malinconia per la patria lontana, che traspare da molti suoi versi. Alcuni anni prima di morire volle tornare nella sua terra d'origine ma quivi iniziò a provare un'acuta nostalgia per Roma: la realtà provinciale della sua città natale doveva apparirgli
Riga 94:
 
===Diffusione del cristianesimo===
Il cristianesimo si diffuse in Aragona relativamente tardi: con ogni probabilità a cavallo fra il [[III secolo|III]] ed il [[IV secolo]], a giudicare almeno dalle notizie in nostro possesso. Il primo chiaro riferimento ad una personalità ecclesiastica locale porta la data del [[306]], quando il vescovo Valerio di Caesaraugusta si recò ad [[Elbira]] per una riunione. Valerio fu anche vittima, in quegli anni, della grande persecuzione scatenata da Diocleziano che lo costrinse ad esiliarsi al di fuori della Provincia. Nel 314 altri due rappresentanti della comunità cristiana di [[Saragozza|Caesaraugusta]], Clemenzio e Rufino parteciparono al [[concilio]] di [[Arles]], mentre a quello di [[Serdica]] ([[343]]), nella Dacia Mediterranea, era presente anche un vescovo di Caesaraugusta.
 
Nella seconda metà del [[IV secolo]] la cristianizzazione della Regione procedette comunque speditamente: nel [[380]], venne convocato un concilio a Caesaraugusta, che interessava tutta la [[Diocesi]] hispanica. Senza la presenza di una numerosa comunità cristiana sul luogo non sarebbe stato neppure pensabile organizzare un avvenimento di tale importanza in città. Sono di questo periodo, olteretutto, i resti di alcuni mausolei cristiani ritrovati in zona. È pertanto ipotizzabile che, al momento delle grandi invasioni barbariche del [[V secolo]], la maggior parte della popolazione aragonese professasse la religione cristiana.
Riga 101:
{{vedi anche|Spagna visigota}}
===Una Conquista incruenta===
Nella [[Diocesi]] [[Hispania|Hispanica]] le invasioni barbariche propriamente dette ebbero inizio nel [[409]], con l'entrata nella penisola, attraverso i [[Pirenei]] Occidentali, di [[Svevi]], [[Alani]] e [[Vandali]]. L'Aragona tuttavia restò al margine di tali movimenti di popolazione, come quasi tutta la ''Tarraconensis''. L'ampia azione di polizia effettuata a partire dal [[416]] circa dai [[Visigoti]] di [[Vallia]] in nome dell'[[Impero Romano d'Occidente|Imperatore d'Occidente]] [[Onorio (imperatore romano)|Onorio]] contro gli altri barbari presenti sul territorio, e successivamente, le prime conquiste permanenti effettuate da questo popolo attorno alla metà del [[V secolo]], non coinvolsero minimamente la regione. Questa era ancora amministrata da una classe dirigente ispano-romana allorquando l'imperatore [[Maggiorano]] riunì una potente flotta a [[Cartagena (Spagna)|Nova Carthago]], in funzione anti-vandala (poi distrutta da [[Genserico]]). Tale operazione fu resa possibile solo grazie al saldo controllo che Roma esercitava ancora sull'Aragona e su tutto il Levante centro-settentrionale ispanico.
 
[[Immagine:Regno dei Visigoti.png|thumb|right|300px|Il regno visigoto alla morte di [[Eurico]] ([[484]])]]
 
La ''Tarraconensis'', fu certamente l'ultima Provincia romane a cadere in mano barbara, e ciò avvenne non prima del regno del visigoto [[Eurico]] ([[466]]-[[484]]), che estese e consolidò i suoi domini dalla [[Loira]] fino all'[[Andalusia]], imponendosi come il più potente sovrano delle Gallie e dell'Hispania del tempo. L'occupazione dell'attuale territorio aragonese (e della sua Provincia di appartenenza) ebbe luogo, infatti, solo negli anni settanta del [[V secolo]]<ref>La conquista visigota iniziò nel 472, subito dopo la morte dell'imperatore [[Antemio]]. Cfr. Pablo C. Díaz Martínez, Celia Martínez Maza, Francisco Javier Sanz Huesma, ''Hispania tardoantigua y visigoda'', Madrid, Ediciones Istmo, 2007, p. 319, ISBN 84-7090-482-5</ref> in concomitanza con la caduta dell'[[Impero Romano d'Occidente]] ([[476]]). [[Saragozza|Caesaraugusta]] e tutta la media valle dell'Ebro furono conquistate senza spargimento di sangue nel [[472]], l'Aragona meridionale qualche anno più tardi, ([[474]]-[[475]]) mentre solo attorno al [[480]] Eurico poté effettivamente annettere nei propri domini la parte più settentrionale della Regione. Dopo quasi sette secoli di dominazione ininterrotta, l'Aragona si separava definitivamente da [[Roma]].
 
La conquista avvenne in forma generalmente pacifica, con l'unica eccezione di alcune valli del nord pirenaico abitate dai Baschi. L'Aristocrazia latifondista ispano-romana dell'attuale territorio aragonese e, più in generale, della [[Tarraconense|Tarraconensis]] trovò più conveniente scendere a patti con Eurico, insediato con la sua corte nella vicina [[Tolosa]] e ritenuto dai più sovrano equo e tollerante, piuttosto che dar vita ad un movimento di resistenza da cui sarebbe senz'altro uscita perdente. Alla morte del monarca solo il Regno degli Svevi (parte della [[Lusitania]] e della [[Galizia (Spagna)|Gallaecia]]) e la maggior parte dei territori abitati dai Cantabri e dai Baschi ([[Cantabria]], Alta valle dell'[[Ebro]] e [[Pirenei]] occidentali) non riconoscevano, nella penisola iberica, la sovranità visigota.
 
===Romani e Goti===
I primi stanziamenti visigoti in Aragona, e più in generale nella vecchia [[Hispania]] romana, avvennero solo nell'ultimo decennio del [[V secolo]]. Acquistarono tuttavia una certa consistenza solo agli inizi del secolo successivo, con l'espulsione dei Visigoti da quasi tutta la [[Gallia]] meridionale ad opera dei [[Franchi]] ([[507]]-[[508]]) eccettuata una stretta fascia costiera della ''Narbonensis '' (la cosiddetta ''Septimania''), fra i [[Pirenei]] ed il [[Rodano (fiume)|Rodano]]. Il baricentro del Regno dei visigoti venne in tal modo a spostarsi verso sud, nella penisola iberica, fino ad allora controllata da poche migliaia di uomini d'arme dislocati in alcune zone strategiche o particolarmente conflittive. La corte si trasferì dapprima in varie località della Septimania e della Catalogna (fra cui anche [[Barcellona|Barcino]]), poi, attorno alla metà del [[VI secolo]], si installò definitivamente a [[Toledo|Toletum]], dove permase fino alla conquista araba ([[711]]-[[718]])
 
Nel [[554]] la liberazione di parte dell'Hispania sud-occidentale da parte di un esercito romano-orientale nel quadro della politica [[Giustiniano|giustinianea]] di riconquista degli ex province romane d'occidente non coinvolse l'Aragona, che restò in potere dei Visigoti. La regione non ebbe a soffrire neppure durante le due sanguinose guerre condotte da [[Leovigildo]] ([[569]]-[[586]]) contro i Suabi o [[Svevi]] che si combatterono nell'Hispania nord occidentale ed in [[Lusitania]] e che terminarono con il definitivo annientamento di questo popolo germanico ([[585]]) e l'annessione dei loro territori nello statoStato visigoto.
 
La reale consistenza della popolazione visigota in Hispania viene generalmente calcolata dagli storici fra le centomila e le centocinquantamila unità su una popolazione non inferiore ai sette milioni di abitanti. La maggior parte delle necropoli ''germaniche'' del VI secolo venute alla luce (una sessantina) è dislocata nella meseta [[castiglia]]na, e, in minor misura, in [[Andalusia]] ed in altre aree, ma nessuna in [[Aragona]]. La prima, ed unica, necropoli venuta alla luce nella Regione, è del [[VII secolo]]. L'Aragona, e più in generale la vecchia ''Tarraconensis'' fu, una delle zone meno germanizzate d'Hispania, e ciò risulta anche evidente dalla quasi totale assenza di chiese ed edifici pubblici di rilievo sul suo territorio durante tutta l'età visigota.
 
===Goti romanizzati===
I due rami del popolo [[Goti|goto]] ([[Ostrogoti]] e [[Visigoti]]), furono, insieme ai [[Franchi]], i barbari che si romanizzarono più intensamente e precocemente. Durante il regno di [[Leovigildo]] ([[567]]-[[586]]) fu abrogato il divieto di contrarre matrimoni misti fra hispano-romani e [[visigoti]] e nel [[587]], con il III concilio di [[Toledo]], ebbe luogo la conversione della dinastia reale dall'arianesimo al Cattolicesimo. Tale conversione, solennemente ratificata con il III concilio di Toledo ([[589]]), fu immediatamente seguita, come avveniva all'epoca, da quella della grande maggioranza dei loro sudditi germanici. È di questo periodo anche il progressivo declino della lingua visigota che, del resto, non si era mai riuscita ad imporre né nell'amministrazione né in altri ambiti pubblici, sul [[Lingua latina|latino]].
 
[[Immagine:Meister von San Vitale in Ravenna 004.jpg|200px|thumb|Ritratto di Giustiniano in [[mosaico]] della [[Basilica di San Vitale (Ravenna)|basilica di San Vitale]]]]
 
L'assorbimento dell'elemento germanico in quello ispano-romano, non fu tuttavia indolore: in molte zone scoppiarono insurrezioni acuite spesso dalla sostituzione, in [[Lusitania]] e [[Galizia (Spagna)|Gallaecia]], della vecchia classe dirigente svevo-germanica, già integratasi con quella autoctona, con una nuova classe germanico-visigota subentrata alla vecchia per diritto di conquista. Nelle zone limitrofe ai domini romano-orientali dell'Hispania, che si estendevano dal [[Guadalquivir]] fin allo ''Xucar'', alle porte di Valencia, ed in particolare nei territori [[Baetica|baetici]] restati in mano visigota, le agitazioni furono anche numerose, almeno fino al [[587]], anno della conversione del re visigoto Recaredo. Molti ispano-romani vedevano infatti nel grande [[Giustiniano]], latino di lingua e sentimenti, e nei suoi successori, dei naturali protettori della religione cattolica e dei possibili alleati per limitare il potere dei propri sovrani. Questi, di origine germanica e professanti l'arianesimo, erano infatti percepiti ancora come semibarbari ed eretici.
 
In Aragona non si registrarono, o per lo meno non sono documentabili, agitazioni di tale tipo, data, come si è già accennato, la scarsissima presenza numerica visigota sul proprio territorio. L'alleanza fra la vecchia classe dirigente hispano-romana e quella germanica non venne infatti mai meno durante i due secoli e mezzo di dominazione visigota nella Regione: negli anni trenta del VI secolo, l'invasione dei Franchi di Chidilberto, che avevano conquistato con relativa facilità [[Pamplona]] e la [[Navarra]], si infranse sotto le mura di [[Saragozza|Caesaraugusta]]; nel [[580]], Vincenzo, vescovo di Caesaraugusta e massima autorità religiosa in Aragona, con la sua politica di riavvicinamento all'elemento germanico della popolazione, culminata con la sua stessa adesione all'arianesimo, diede un forte impulso al clima di distensione fra i due popoli che si tradusse sei anni più tardi nella conversione al cattolicesimo del re Recaredo ([[587]]); nel [[653]] fu ancora Caesaraugusta a resistere impavidamente ad un poderoso esercito di ribelli visigoti e baschi, capeggiato dal nobile [[Froja]], dando la possibilità al re [[Recesvindo]] di intervenire e soffocare la rivolta; nel [[672]] infine, l'Aragona tutta si rifiutò di seguire la Catalogna e la Septimania nella rivolta contro [[Vamba (re visigoto)|Vamba]] capeggiata dal duca Paolo, che, proclamatosi re, aveva raccolto un numeroso esercito formato da [[Franchi]], [[Goti]] ed Hispanoromani.
Riga 130:
Nel [[711]] un esercito musulmano proveniente dall'[[Africa]] attraversò il futuro stretto di [[Gibilterra]] ed sbarcò in Spagna. Nel 714 entrò in Aragona, e dilagò nella valle dell'[[Ebro]]. La rapidità con cui avvenne la conquista della massima parte dell'Aragona (e dell'intera penisola) da parte degli Islamici ha aperto un dibattito storiografico che non può dirsi concluso neppure oggi.
 
Si è detto da più parti che la mancanza di una base etnica omogenea (germanici da una parte, hispano-romani dall'altra) non abbia giovato ad alimentare una resistenza valida da parte delle popolazioni autoctone. Questa tesi presta il fianco a molte, fondate critiche: al momento dell'invasione musulmana i [[Visigoti]] avevano già perso infatti da tempo i due principali elementi che contraddistinguono, o dovrebbero contraddistinguere una nazione: la propria lingua e la propria religione. In altre parole si erano [[romanizzazione (storia)|romanizzati]]. Questa ipotesi di studio è ancor meno applicabile all'Aragona, data l'esiguità, come si è più volte accennato, della componente germanica sul territorio regionale.
 
Si è anche parlato della debolezza endemica della monarchia visigota, con le sue discordie interne e le sue faide familiari. Forse questa tesi è dotata di un maggiore fondamento rispetto alla precedente, ma se analizziamo quanto avveniva all'epoca in altre contrade dell'Europa romano-germanica, [[Gallia]] [[merovingi]]a compresa, ci renderemo conto che l'instabilità politica non era radicata solo in terre hispaniche. Non possiamo comunque approfondire ulteriormente un dibattito così ampio in questa sede. Va però rilevato un fatto incontrovertibile: un pugno di conquistatori governò subito con la collaborazione e l'acquiescenza di gran parte della popolazione aragonese. Dove la resistenza si produsse con vigore, divenendo in breve insormontabile, fu nei [[Pirenei]] aragonesi. E fu grazie a questa resistenza che nacque fra le montagne pirenaiche una piccola entità politica che con i secoli si estese a tutta la Spagna nord-orientale e a parte del [[Mediterraneo]]: il Regno d'Aragona.
Riga 139:
[[Immagine:Taifas.gif|400px|thumb|right|La Penisola Iberica dopo lo smembramento del Califfato Omayyade nel 1031. Da notare l'esiguità territoriale dell'Aragona, all'epoca appartenente al Regno di Pamplona.]]
 
Con lo smembramento del Califfato degli Omayyadi, non solo il governatorato generale della Marca Estrema, ma anche gli altri Governati generali iberici, e non pochi governatorati locali, si costituirono in entità statuali completamente indipendenti da Córdoba, denominate [[Taifa|Taife]] (o Regni di Taifa). La massima parte dell'Aragona islamica continuò ad appartenere all'ex-Marca Estrema passata a conformare, dopo il 1031, la Taifa di Saragozza (o ''Zaragoza'' o ''Saraqusta'') mentre l'estremità sudoccidentale della regione, precedentemente amministrata dal Governatorato generale di Toledo, venne a costituire un'entità statuale sovrana: la Taifa di Albarracín. Nell'Aragona settentrionale pirenaica, si erano invece già costituite da tempo, come vedremo in seguito, le due contee cristiane di Aragona e di Ribagorza (con il territorio del [[Sobrarbe]]) che all'epoca dell'estinzione della dinastia omayyade erano ancora unite dinasticamente al [[Pamplona|Regno di Pamplona]].
 
===Musulmani e Cristiani===
A partire dalla metà dell'[[VIII secolo]] raggiunsero l'Aragona centrale e meridionale gruppi islamici procedenti sia dal sud ispanico che dalla penisola arabica e dall'Africa settentrionale. Erano per lo più famiglie di agricoltori oppure militari ritiratisi dal servizio attivo. Non è agevole determinare la consistenza numerica di questi immigrati di origine sia arabo-peninsulare (soprattutto [[yemen]]ita) che [[Berberi|berbera]] (nordafricana). Secondo Ibn Hazm i primi si erano trasferiti in massima parte nelle città ([[Saragozza]], [[Calatayud]] e [[Daroca]] in particolare) mentre per quanto riguarda i berberi si stabilirono preferentemente nelle valli del [[Jalón (Alicante)|Jalón]], dell'[[Ebro]] e nella regione di [[Albarracín]]. Il Nord [[Pirenei|pirenaico]] restò completamente al di fuori da tali correnti migratorie.
 
La gran maggioranza della popolazione continò comunque ad essere costituita da elementi autoctoni di origine hispano-romano-visigota che generalmente restarono legati alla religione cristiana (i cosiddetti ''Mozarabi'') Le conversioni all'Islam furono tutt' altro che infrequenti e molte fra le grandi famiglie della classe dirigente musulmana del tempo erano di procedenza cristiano-aragonese: quella dei Banu Qasi, dei Banu Amrus, dei Banu Sabrit, fra le altre. I convertiti alla religione musulmana i cosiddetti ''Muladíes'' (dall'arabo ''muwallad'') conservarono propri tratti distintivi di chiara derivazione hispano-gotico-romana, manifestando uno spirito di corpo che spesso si contrappose a quello dei dominatori arabi o berberi. A questo proposito va detto che ancora nell'[[XI secolo]], tracce evidenti di tali contrapposizioni trovarono eco in alcuni cronisti del tempo ([[Ibn Hayyān]] ed [[Ibn Garsiya]] in particolare).
 
===Città e sviluppo urbano===
Riga 150:
 
===Economia e finanza===
L'epoca islamica fu caratterizzata da un considerevole incremento delle attività agricole, dovuto in primo luogo, al perfezionamento delle tecniche di irrigazione e canalizzazione della rete idrica regionale che già in età romana avevano avuto un consistente sviluppo per poi decadere in età visigota. Secondo alcuni studiosi, anzi (fra cui il celebre [[Giménez Soler]]), il maggior merito degli invasori islamici fu quello di aver approfittato della precedente rete idrica romana, restaurandola dopo secoli di abbandono, per adattarla poi alle vecchie e nuove coltivazioni procedenti dal Nord Africa e dall'Oriente medio. Molti storici aragonesi, pur riconoscendo il debito contratto dai musulmani verso i romani, mettono in evidenza la profonda originalità di alcune opere di Ingegneria idraulica araba, fra cui quelle dell'acquedotto sotterraneo di [[Sádaba]], o quelle a cielo aperto di [[Muel (Spagna)|Muel]] e di [[Longares]]. È del secolo [[secolo|IX]] e [[X secolo|X]] la legislazione islamica (la celebre ''Xarea'') sullo sfruttamento e il godimento delle acque, dal momento che queste vengono considerate patrimonio comune di tutti gli usufruttuari. Va infine ricordato che durante l'etá islamica si sviluppó in Aragona, a livelli mai conosciuti in precedenza, l'allevamento ovino e caprino, che ancor oggi costituisce una fra le più importanti attività agropecuarie della Regione.
musulmano.
 
Riga 157:
Per quanto riguarda l'industria va segnalato il grande sviluppo della concia delle pelli che ebbe in [[Saragozza]] il suo centro principale (una vivace descrizione di tale attività ci viene fatta dal cronista [[al-'Udrī]] nell'[[XI secolo]]). Anche l'industria tessile legata sia alla lavorazione della lana (Saragozza, [[Huesca]]), che del cotone (Saragozza e [[Calatayud]]) e del lino (Saragozza) ebbe una vasta diffusione in tutta la regione. Un certo sviluppo conobbe anche l'industria metallurgica e quella bellica (conosciute ed apprezzate le spade di Saragozza e gli elmi di Huesca). Ad alti livelli fu portata infine la ceramica (celebre la ceramica dorata di Calatayd), la cui prosperità sopravvisse, in taluni casi, alla [[Reconquista|riconquista]] cristiana (Muel).
 
Anche il commercio, in età musulmana, marciò di pari passo con l'abbondante e variata gamma di prodotti agricoli ed industriali consumati ''in loco'' o esportati nel sud peninsolare e nel Mediterraneo musulmano. Fra questi ultimi si segnalavano le ceramiche di Muel e quelle dorate di Calatayud (secondo una testimonianza del geografo e cronista arabo [[al-Idrīsī]]). Saragozza fu all'epoca il più importante emporio commerciale aragonese e il massimo nodo di comunicazioni della ''Marca Estrema'', una città la cui ricchezza destava la cupidigia dei guerrieri cristiani del nord pirenaico, gente fiera e pronta a battersi fino alla morte per liberare la propria terra dall'invasore
 
Nella Marca estrema, venne utilizzato, durante quasi tutta l'epoca [[Omayyadi|Omayyade]], lo stesso tipo di moneta che nel resto del'[[al-Andalus]] e cioè il ''dirham'', che veniva generalmente coniato a Cordoba, a Toledo o a Valencia. Ancor prima della caduta della dinastia Omayyade però, si iniziarono a coniare monete a [[Saragozza]] (attorno al [[1020]]). Con la caduta degli Omayyadi entrarono in funzione (subito dopo il [[1040]]), anche le zecche di [[Calatayud]] e di [[Huesca]].
Riga 163:
 
===Cultura, arte e pensiero===
[[Saragozza]] e, in misura minore, [[Huesca]], furono i centri della cultura musulmana della Regione. Una cultura che iniziò a manifestarsi attorno alla metà del IX secolo, quando il processo di islamizzazione del paese aveva ormai coinvolto degli strati sempre più ampi di popolazione autoctona. Sono di quel periodo i primi trattati scientifici di matematica ed algebra, giuridici (fra cui il celebre ''al-Mudawanna'') e letterari. Grande diffusione ebbe nella Regione una grammatica araba redatta da [[Yahyà al-Abayad]] e pubblicata a Saragozza (attorno all'[[880]]). Nei secoli successivi uscirono anche un certo numero di trattati di medicina, filosofia, religione, storia e geografia. Gran parte di questa produzione andò però perduta come una ''Storia di Huesca'', curata da [[Mūsà Hārūn]] che noi conosciamo solo attraverso le citazioni di altri autori dell'epoca.
 
La narrativa (soprattutto romanzi brevi e racconti), trova forse il suo punto più alto nell'opera di [[al-Turtūsī]], (''Il Tortosino''), nato, come indica il nome con cui è oggi conosciuto, nella città di [[Tortosa]], ma vissuto nell'Aragona islamica attorno alla seconda metà dell'[[XI secolo]]. Nel suo capolavoro, il [[Sirāŷ al-mulūk]] (''La lampada dei principi'') raccolta di novelle ed aneddoti esemplari, sono riflessi i valori islamici del tempo, l'eroismo, la fedeltà verso gli amici, la solidarietà nei confronti dei poveri e dei reietti.
Riga 169:
[[Immagine:Fachada Aljafería nocturna.jpg|thumb|350px|[[Castillo de la Aljafería]], [[XI secolo]]]]
 
Anche la poesia fu ampiamente coltivata nella Saragozza islamica, che richiamò poeti da altre regioni di [[al-Andalus]] ed in particolare da Cordoba. Di questa città sono [[Qāsim B. Tābit]] e [[al-Ramādī]], entrambi vissuti nel [[X secolo]]. Fra i poeti più propriamente islamico-aragonesi vanno citati [[Ahmad al-Ansārī]], [[Sulaymān al-Qaysī]] e, il celebre ''Macellaio'', così chiamato per l'attività lavorativa esercitata (primi decenni del [[XII secolo]]) autore di versi epici sulla storia di Saragozza e dei suoi governanti.
 
Capolavoro dell'architettura islamica in terra d'Aragona è l'[[Castillo de la Aljafería|Aljafería]] di Saragozza della seconda metà dell'[[XI secolo]], ma ultimata solo nel primo decennio del secolo successivo, alla vigilia della riconquista cristiana della città ([[1118]]). Sede degli ultimi sovrani della Taifa resisi completamente indipendenti dal califfato [[Omayyadi|omayyade]] dopo la sua definitiva caduta [[1031]], l'Aljafería fu utilizzata anche dal re d'Aragona Pietro IV il Cerimonioso e [[Ferdinando II d'Aragona|Fernando il Cattolico]]. Questo spiega come molti interni, specialmente quelli situati nel piano superiore (primo fra tutti la ''Sala del Trono'') abbiano connotazioni ornamentali tipicamente rinascimentali Nonostante queste modifiche posteriori, la struttura del palazzo continua tuttavia a conservare una stretta parentela con i grandi edifici governativi di Córdoba e, più in generale, con l'architettura musulmana in terra hispanica.
 
== Formazione e sviluppo della Contea d'Aragona==
Riga 178:
I Musulmani non riuscirono mai a controllare le zone pirenaiche hispaniche, nelle quali, durante la prima metà del [[IX secolo]] iniziarono a formarsi dei raggruppamenti politici autonomi o semiautonomi (Contea di Ribagorza, Contea di Aragona e, successivamente, il Regno di Pamplona). La forte monarchia [[Franchi|franca]], baluardo dell'[[Europa]] cristiana ad occidente, così come [[Bisanzio]] lo era all'epoca di quella ad oriente, diede indubbiamente un forte impulso alla costituzione di tali entità statuali che con il tempo si sarebbero trasformati in veri e propri Regni. Il primo a costitursi in terre aragonesi, non fu però il Regno d'Aragona, bensì la Marca di Ribagorza e Pallars, nell'estremità nord-orientale della Regione.
 
Fin dal primo decennio del [[IX secolo]], i Conti [[Franchi]] di [[Tolosa]], vassalli di [[Carlo Magno]] Imperatore, si erano spinti nel versante spagnolo pirenaico, offrendo protezione ai cristiani arroccati nelle terre del [[Ribagorza]] che avevano accolto fra le loro file numerosi fuggitivi cristiani procedenti dalla valle dell'[[Ebro]] e da altre contrade assoggettate al dominio musulmano. Tale politica era caldamente appoggiata dallo stesso Imperatore che voleva creare una serie di stati cuscinetto fra i suoi domini e quelli musulmani. Alcuni monasteri (''Labaix'', ''Alaón'' e ''Burgal'', fanno atto di sottomissione ai Conti di Tolosa fin dall'[[806]]-[[807]] e successivamente anche i castelli di ''Orrit'' e ''Sopeira'' ([[810]] circa). Nell'[[839]] viene menzionata per la prima volta l'intera marca di Ribagorza e Pallars non ancora però costituitasi in entità autonoma. Lo sarà soltanto nell'[[872]], quando il conte [[Ramón I]] si renderà indipendente dai Conti di Tolosa, pur riconoscendosi vassallo dei re Franchi.
 
Dopo vari tentativi infruttuosi i [[Carolingi]] furono in grado, attorno all'[[830]], di creare nell'Aragona nord-occidentale (non lontano dalle sorgenti del fiume [[Aragón]]), quello che i Conti di Tolosa erano riusciti a costituire una ventina d'anni prima nella Ribagorza, e cioè un'entità vassalla con a capo il nobile [[Galindo II d'Aragona|Galindo I Aznárez]], figlio di un noto condottiero locale ([[Aznar I|Aznar Galindez I]]) distintosi al fianco dei Franchi nelle lotte che questi avevano sostenuto contro i Musulmani nei primi due decenni del IX secolo. Centro del potere di questo nuovo feudo carolingio erano le valli di [[Valle de Hecho|Hecho]] e di [[Ansó]]. Era nato il primo nucleo della Contea, poi Regno, di Aragona.
 
===Annessione al Regno di Pamplona===
Riga 186:
ampliò i suoi domini estendendoli fino al [[Canal de Berdún]] e all'alta [[Alto Gallego|Valle del Gállego]]. Il matrimonio di sua figlia, Tota Galindona, con Bernardo Unifredo, figlio del Conte di Ribagorza-Pallars Ramiro I, permise a Galindo II Aznarez di raggiungere un accordo con il consuocero assoggettando molte delle terre poste fra i suoi domini e la Ribagorza. A questo punto il re di [[Pamplona]], [[Sancho I Garcés di Navarra|Sancho I Garcés]], intervenne, temendo un'unione fra le due contee, e attorno al [[920]]-[[922]] occupó l'intera Contea di Aragona. Il conte Galindo fu costretto a dare in moglie un'altra sua figlia, [[Andregoto Galíndez|Andregota]], al primogenito del suo rivale, l'erede al trono [[Garcia I Sanchez di Navarra|Garcia I Sanchez]] che, alla morte del suocero, assoggettò anche l'Aragona. García pretese infatti da suo cognato Gutíscolo un vero e proprio atto di sottomissione, preludio di quella che pochi anni più tardi si sarebbe configurata come una vera e propria annessione dell'Aragona al Regno di Pamplona e che ebbe luogo nel [[958]], alla morte dell'ultimo discendente di Galindo, il conte Fortuño.
 
A differenza di quella d'Aragona, la Contea di Ribagorza conservò la propria indipendenza riuscendo anzi ad estendersi ulteriormente verso ovest, in alcune zone del [[Sobrarbe]]. Attorno al [[920]], per volere del conte Bernardo, il Pallars fu smembrato dallo Stato ribagozano per venire assegnato ad uno dei suoi figli, Isarno. Inseritosi nell'orbita delle contee catalane (Urgell, Barcelona), il Pallars entrò a far parte della Corona d'Aragona solo nella prima metà del XII secolo. Nella Ribagorza furono eretti in questo periodo ([[X secolo]]) una quindicina di castelli ([[Castejón de Sos]], [[Suert]], [[Roda de Isábena]], ecc.) a difesa delle nuove frontiere. Nel [[956]] il conte Odesindo riusciva finalmente ad ottenere da [[Roma]] la costituzione sui suoi territori di un vescovato, con sede a Róda de Isabena. Tale Diocesi dette un particolare impulso, nei decenni successivi, al consolidamento della presenza cristiana sul territorio attraverso l'erezione di nuovi monasteri (Urmella, [[Benasque]], San Miguel ecc.). Pertanto, mentre la Contea di Aragona era entrata, in quegli anni, in uno dei periodi più oscuri della sua Storia, lo Stato ribagorzano stava invece vivendo, nella seconda metà del [[X secolo]], un'epoca di pace e di diffusa prosperità.
 
== Formazione e sviluppo del Regno d'Aragona ==
Riga 192:
[[Immagine:Ramiro I de Aragón 01.jpg|thumb|200px|right|Statua di Ramiro I, primo re d'Aragona (scolpita a [[Madrid]] da Luis Salvador Carmona)]]
 
Agli albori dell'[[XI secolo]] la Contea di [[Ribagorza]] fu invasa dai Musulmani. In pochi mesi, a cavallo fra il [[1006]] ed il [[1007]] la parte meridionale del piccolo Stato fu occupato ed i suoi abitanti costretti ad assoggettarsi al potere islamico ed alle sue leggi. Lo stesso vescovo Aimerico venne fatto prigioniero e liberato solo in seguito al pagamento di un cospicuo riscatto. Alcuni monasteri vennero abbandonati e saccheggiati dagli invasori. Il re di Pamplona [[Sancho III Garcés di Navarra]] ''il Grande'', che ancora teneva assoggettata la contea di Aragona, approfittò della situazione per entrare con le sue truppe nel [[Sobrarbe]], territorio lungamente conteso fra le contee di Aragona, Ribagorza e la Marca Estrema islamica, per annetterlo (1015-1017). Qualche anno più tardi anche la Contea di Ribagorza fu definitivamente incorporata ai suoi domini ([[1020]]-[[1025]]) ed unita al [[Sobrarbe]]. La morte di Sancho III avvenuta nel [[1035]], ebbe però una conseguenza imprevista: l'unione dinastica delle due contee di Aragona e Ribagorza (con il [[Sobrarbe]]) e la separazione di entrambe dal Regno di Pamplona. Sancho III, nel 1030 circa, aveva infatti provveduto ad investire i due figli minori Ramiro I e Gonzalo rispettivamente della contea di Aragona, (che per volontà reale si sarebbe convertita in Regno alla sua morte) e di quella di Ribagorza e Sobrarbe. La morte improvvisa di Gonzalo, assassinato in circostanze oscure nel [[1045]], indusse i signori del Ribagorza e Sobrarbe, con l'appoggio dello stesso vescovo di Roda di Isabena, ad offrire il feudo al re Ramiro I, divenuto fin dal [[1035]] Re d'Aragona, e suggellando in tal modo la definitiva unione dinastica fra le due entità statuali.
{{vedi anche|Regno d'Aragona}}
 
Riga 199:
In seguito alla caduta della dinastia [[Omayyadi|Omayyade]], in Aragona si costituì un vero e proprio principato indipendente (''Taifa'') sotto la dinastia dei Banū-Hud ([[1038]]-[[1048]]). Nel [[1048]] il trono andò a Yūsuf al-Muzaffar che lo detenne fino al [[1063]]. In questo periodo i vari governatorati musulmani iniziarono a rendersi sempre più indipendenti da [[Saragozza]] e a conservare con Yūsuf vincoli di sudditanza puramente nominali. Il recentemente costituito Regno di Aragona approfittó di questa situazione fluida per intraprendere una vera e propria riconquista non solo dei territori della Ribagorza-Pallars caduti in mano musulmana qualche decennio prima, ma anche di quelli profondamente islamizzati situati in Aragona centrale.
 
Va subito detto che l'esigua base territoriale e demografica delle due regioni (Aragona e Ribagorza-Sobrarbe), che costituivano il Regno non lasciava in assoluto prevedere il favorevole sviluppo della riconquista che, iniziata attorno alla metà dell'XI secolo, si concluse nel [[1170]] con la capitolazione dell'ultimo baluardo moro in terra aragonese: Albarracín. Certo, aiuti vi furono da parte di alcuni stati cristiani del tempo (Regno di [[Francia]], [[Navarra]], Contea di [[Barcellona]] ecc.), ma anche la Taifa di Zaragoza ricevette armi e uomini dal sud peninsulare, soprattutto dopo il [[1110]], quando la città cacciò il suo ultimo sovrano indipendente, [[Imād al-Dawla]], e si incorporò nello statoStato [[Almoravidi|Almoravide]] appena costituito.
 
Fra il 1048 ed il 1063 non solo vennero recuperati i territori della Ribagorza, persi, come si è già detto nel [[1007]]-[[1008]], ma si costrinse Yūsuf al-Muzaffar a pagare un tributo annuo a [[Ramiro I di Aragona]]. Nel [[1064]] le armi cristiane espugnarono l'importante piazzaforte di [[Barbastro]]: la città venne saccheggiata e la popolazione musulmana presente fu, in gran parte, massacrata. La capitolazione di Barbastro segnò l'inizio di una lunga scia di sangue, e di morte, che sia da parte cristiana che da parte mora contaddistinse questo cruciale periodo della Storia d'Aragona e di [[Spagna]] che va sotto il nome di [[Reconquista|Riconquista]].
 
Barbastro venne riconquistata dai Mori l'anno successivo ([[1065]]), ma i cristiani dilagarono nel prepireneo, attestandosi quasi alle porte delle città di [[Graus]] e [[Huesca]]. La morte di [[Ramiro I di Aragona|Ramiro I]] ([[1069]]) frenò per alcuni anni gli ardori espansionistici del regno d'Aragona. Anche Sancho Ramirez, succeduto a suo padre, fu un lottatore, ma dovette provvedere a consolidare il suo potere all'interno del Regno e a rimpinguare le casse vuote dello Stato. Nel [[1068]], con suo padre ancora in vita, si era recato a Roma per fare atto di sottomissione al Papa e dichiararsi suo vassallo. Da quel momento, e per quasi cinquecento anni, iniziò ad essere corrisposto al [[Papa|successore di San Pietro]], da parte del Re d'Aragona, un tributo periodico (nominale) per riaffermare i propri rapporti di sudditanza nei confronti della [[Chiesa Cattolica|Chiesa di Roma]] ed un vincolo feudale foriero di benefici futuri. Benefici che nei secoli successivi si chiameranno [[Sicilia]], [[Sardegna]] e [[Corsica]].
 
La guerra riprese negli anni ottanta del secolo: nel [[1083]] cadde Graus, centro strategicamente importante per il controllo del pre-pireneo aragonese, e, finalmente, nel [[1096]] venne espugnata Huesca, seconda città della Taifa per importanza (subito dopo Saragozza) e chiave di accesso alla valle dell'Ebro. Il secolo si chiuse con la definitiva riconquista di Barbastro ([[1100]]) divenuta nel frattempo una delle piazzeforti meglio difese dell'Aragona musulmana, e giudicata imprendibile da un cronista del tempo.
 
===Alfonso I e la riconquista===
Riga 215:
{{vedi anche|Corona d'Aragona}}
===Nascita della Corona===
Nel [[1163]] si verificò un avvenimento di capitale importanza per la storia dell'Aragona: il re d'Aragona [[Alfonso II d'Aragona|Alfonso II]], ereditò da sua madre, Petronilla, la [[contea di Barcellona]]. Da tale momento, e fino al [[1707]]-[[1716]] l'Aragona diede vita a una entità statuale, conosciuta come [[Corona d'Aragona]], che comprendeva oltre all'attuale, ed omonima, regione amministrativa e la [[Catalogna]], anche le [[Isole Baleari]] (dal [[XIII secolo]]), il [[Comunità Valenciana|Regno di Valencia]] (Dal XIII secolo), l'attuale [[Languedoc-Roussillon|Languedoc]] (perso nel XIII secolo), il [[Sicilia|Regno di Sicilia]] (acquisito nel [[1282]]), il [[Sardegna|Regno di Sardegna]] (dal [[XIV secolo]]) ed il [[Napoli|Regno di Napoli]] (dalla prima metà del [[XV secolo]]). Anche il ducato greco di [[Atene]] e [[Ducato di Neopatria|Neopatria]], fu, per lungo tempo, uno statoStato vassallo gestito prima dai re del ramo aragonese di Sicilia con l'appoggio della compagnia di ventura degli [[Almogàver]], poi direttamente dai monarchi d'Aragona. Questi ultimi si fregiarono anche, a partire dal [[1297]], del titolo di re di [[Corsica]] conferito loro da [[papa Bonifacio VIII]], sebbene non sarebbero mai riusciti a prendere l'effettivo possesso dell'isola.
 
===Una Federazione plurinazionale===
Il vero cuore di questa Corona fu, fino agli inizi del [[XIII secolo]], l'Aragona, ma successivamente il baricentro del Regno si spostò prima in Catalogna ([[Barcellona]]), poi a [[Valencia]] (a cavallo fra il [[XIV secolo|XIV]] ed il [[XV secolo]]), ed infine, durante il regno di [[Alfonso il Magnanimo]] ([[1416]]-[[1458]]), a [[Napoli]]. Gli Stati appartenenti alla Corona di Aragona venivano governati nel rispetto delle rispettive costituzioni, generalmente tutelate da parlamenti locali. Era un sistema di governo molto avanzato per l'epoca e precorritore del moderno [[federalismo]]. La corona di Aragona si configurò, soprattutto fra il [[XIII secolo|XIII]] ed il [[XV secolo]], come un vero e proprio ''Impero mediterraneo'', che rivaleggiava con le potenti città-stato italiane del tempo ([[Venezia]] e [[Genova]] in particolare), con la monarchia castigliana, con quella francese e con [[Bisanzio]].
 
La Corona aragonese, multietnica e plurilingue, ebbe, per lungo tempo, una classe dirigente di cultura ed idioma predominantemente catalani. A questo proposito va ricordato che il celebre trattato concernente la legislazione marittima catalano-aragonese, che imponeva le sue regole ferree a buona parte del Mediterraneo fu redatto in catalano (''Llibre del Consolat del Mar''). Con l'avvento al potere della dinastia dei [[Trastamara]] ([[1412]]) la corona di Aragona iniziò gradualmente a castiglianizzarsi.
 
===Unione dinastica con il Regno di Castiglia===
Nel [[1479]], si realizzò l'unione dinastica fra [[Castiglia]] ed Aragona, suggellata dal matrimonio di [[Ferdinando II d'Aragona]] ed [[Isabella I di Castiglia]]. Fu questo il punto di partenza di un processo che avrebbe portato, dopo l'incorporazione dell'[[Al-Andalus|Andalusia musulmana]] ([[1492]]) e della [[Navarra]] ([[1512]]) alla creazione di uno statoStato spagnolo propriamente detto. Fino aagli inizi del [[XVIII secolo|Settecento]] tuttavia, la Corona d'Aragona, seppur unita sotto un profilo dinstico al [[Regno di Castiglia]], continò a costituire un'entità statuale autonoma, con propri parlamenti, proprie normative, e propri organi giurisdizionali.
 
===Integrazione nello Stato spagnolo===
Riga 245:
* Ramón Menendez Pidal (diretta da), ''Historia de España'' vol. III, España visigoda III, Madrid 1992
* Basilio Pavón, ''Ciudades hispano-musulmanas'', Madrid 1992
* Angel Sesma Muñoz, ''Aragón Medieval'', sta in AA.VV., ''Aragón en su historia'', Saragozza, CAI, 1980
* Agustín Ubeto Artieta, ''Historia de Aragón en la Edad Media. Bibliografía para su estudio'', Saragozza, Anubar, 1980
* Antonio Ubeto Arteta, ''Historia de Aragón - La Formaciòn territorial'', Saragozza, Anubar, 1981