Concilio di Lione II: differenze tra le versioni

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Il secondo concilio di Lione è caratterizzato soprattutto dal tentativo di ristabilire l’unità religiosa con la [[Chiesa ortodossa d’Oriente]], unità peraltro ricercata con vani tentativi lungo tutto il XIII secolo. Nel [[1261]] l’imperatore bizantino [[Michele VIII di Bisanzio|Michele VIII Paleologo]] riconquistava la città di [[Costantinopoli]], e ristabilì contatti con il papato per motivi politici: rafforzare la sua posizione per evitare la reazione dei latini e la minaccia di una invasione angioina. Così, nella politica dell’imperatore bizantino, l’unità religiosa diventava strumento per raggiungere la pace con l’Occidente cristiano. Tuttavia, benché segnata fortemente da motivazioni politiche, si cercò comunque una certa unità sul piano teologico-ecclesiale attraverso legazioni, scambi di lettere, discussioni, vari memoriali.
 
Il [[4 marzo]] [[1267]] papa [[Clemente IV]], in risposta alle richieste di unione e di pace da parte di [[Michele VIII di Bisanzio|Michele VIII]], gli invia una lunga lettera assieme ad una professione di fede, che l’imperatore bizantino e tutta la Chiesa d’Oriente doveva sottoscrivere. Questa professione di fede prevedeva: l’accettazione del ''[[Filioque]]'' e del primato giurisdizionale del papa di Roma sulla Chiesa orientale; la comunione eucaristica con [[pane azimo]]; i patriarchi orientali concepiti come delegati del papa di Roma. Ma la morte improvvisa di [[Clemente IV]] nel [[1268]] e un lungo periodo di vacanza della sede romana ([[1268]]-[[1271]]) sembravano aver interrotto le trattative.
 
Solo nel [[1272]] il nuovo pontefice [[Gregorio X]] inviò una nuova legazione a [[Costantinopoli]], composta da quattro francescani tra cui [[Alberto Gonzaga]]<ref>[http://www.societapalazzoducalemantova.it/La_Reggia/archiviopdf/1995/febbraio1995-8.pdf La Reggia giornale della Societ&#224; per Palazzo Ducale di Mantova 1995<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>, manifestando la sua volontà di convocare un concilio per l’aiuto alla Terra Santa, per la riforma dei costumi e per raggiungere l’unità; a questo scopo [[Michele VIII di Bisanzio|Michele VIII]] doveva accettare la professione di fede, a suo tempo inviatagli da [[Clemente IV]], con un solenne giuramento. Solo in seguito il papa avrebbe convocato il concilio in cui non si doveva né discutere né formulare alcuna professione di fede, ma semplicemente rafforzare l’unità già fatta con una conferma pubblica. Nello stesso tempo [[Gregorio X]] scrisse anche al patriarca di Costantinopoli Giuseppe I e ad altri prelati greci per spronarli all’unione e a sostenere il loro imperatore. In questo contesto appare chiaro cosa vuol dire per i latini l’unione: accettare senza mezzi termini la fede prescritta da Roma, dimenticando tutta la tradizione ecclesiale, dottrinale e patristica orientale.
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== I lavori conciliari e le decisioni ==
 
[[Gregorio X]] inaugurò i lavori conciliari il [[7 maggio]] [[1274]] proclamando nella stessa seduta i tre scopi della convocazione, già annunciati due anni prima all’imperatore bizantino: l’aiuto alla Terra Santa, l’unione con i greci, la riforma dei costumi.
 
Nella seconda sessione, il [[18 maggio]], apparve chiaro il carattere papale del concilio, senza discussioni o interventi in aula, il pontefice presentò un testo già preparato in precedenza, la costituzione [[Zelus Fidei]], con la richiesta di decime in favore della Terra Santa. La ''Ordinatio Concilii generalis Lugdunensis'', che è la fonte più autorevole per ricostruire i lavori conciliari (scoperta e pubblicata al tempo del [[Concilio Vaticano II]]), afferma che la [[Zelus Fidei]] fu semplicemente letta, senza interventi o approvazioni da parte dei padri conciliari. In essa vengono fissate le somme che ogni nazione devono versare per aiutare la Terra Santa; si ricorda che le vittorie degli infedeli rappresentano uno scandalo per i cristiani; si stabiliscono le norme per evitare problemi alla spedizione militare (norme contro la pirateria, la mancanza di pace fra i re cristiani, contro i perturbatori, ecc.).
 
Il [[4 giugno]] si svolse la terza sessione del concilio, durante la quale furono presentate e lette 12 costituzioni di riforma, rivolte soprattutto a clero e laici.
 
Il [[24 giugno]] arrivò a Lione la delegazione greca, accolta con solennità e fastosità, composta di due vescovi e del segretario dell’imperatore. Nella solenne messa papale del [[29 giugno]] il simbolo di fede fu cantato nelle due lingue, latina e greca, e si cantò per tre volte il ''Filioque''. Il [[4 luglio]] giunse a Lione anche una delegazione dei [[Tartari]], ed uno dei suoi membri il [[16 luglio]] ricevette solennemente il battesimo.
 
Il [[6 luglio]] si svolse la quarta sessione del concilio, dedicata all’unione con i greci. [[Gregorio X]], dove aver riassunto tutti i negoziati precedenti, affermava che i greci ''« venivano liberamente all’obbedienza della Romana ecclesia »''. I delegati greci ripeterono l’atto di obbedienza e professione di fede, già formulato dall’imperatore a [[Costantinopoli]] nel mese di febbraio precedente. Seguì il canto solenne del [[simbolo niceno-costantinopolitano]] con l’aggiunta del ''Filioque'' (cantato due volte).
 
Durante la quinta sessione, il [[16 luglio]], l’assemblea conciliare approvò la costituzione ''[[Ubi Periculum]]'' che fissava nuove norme relative al [[conclave]], ed altri decreti di riforma. Il giorno successivo si chiudeva il concilio.
 
== La ricezione del concilio ==
 
L’atto di unione, formulato a [[Costantinopoli]] nel febbraio del [[1274]] e ripetuto a Lione il [[6 luglio]], non poteva avere vita lunga. Secoli dopo, [[Paolo VI]], in una lettera del [[19 ottobre]] [[1974]], ricorderà che l’unione fu siglata ''« senza dare alla chiesa greca la facoltà di esprimere liberamente il proprio parere in questa materia. I latini infatti scelsero il testo e le formule che riproducevano la dottrina ecclesiologica elaborata e composta in occidente »''. L’atto di unione durò finché vissero i suoi protagonisti: l’imperatore [[Michele VIII di Bisanzio|Michele VIII]] cercò di imporre con la forza delle persecuzioni una fede in cui nessun suo suddito credeva e accettava; accusato da Roma di non saper imporre l’unione, venne scomunicato per eresia e scisma. Dopo la sua morte ([[1282]]), il figlio e successore [[Andronico II di Bisanzio|Andronico]], antiunionista, sconfessò subito la professione di fede del padre e ogni contatto con l’occidente; e l’atto di Lione, che doveva ricostruire l’unità, finì invece per approfondire il solco, politico e religioso, tra oriente ed occidente cristiano.
 
==Note==