Catene di Porto Pisano: differenze tra le versioni

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Nel [[1290]], in seguito ad una pace siglata fra [[Repubblica di Genova|Genova]] e [[Repubblica di Pisa|Pisa]] ([[1288]]), ma da quest'ultima non rispettata, la flotta genovese decise di dirigersi nuovamente verso quello che allora costituiva il [[Porto Pisano]], tuttavia chiuso da una grossa catena. Secondo le cronache, fu il genovese Noceto Ciarli (o Chiarli) ad aver avuto l'idea di accendere un fuoco sotto di esse, in modo da poter indebolire il metallo e da rompere facilmente gli anelli che chiudevano il porto. L'astuta mossa dei genovesi permise loro di entrare nel [[Porto Pisano|porto di Pisa]] e di raderlo al suolo, interrandolo e cospargendolo di sale (esattamente come i [[Impero Romano|Romani]] avevano fatto con [[Cartagine]]), in modo da renderlo totalmente infertile ed inutilizzabile.
 
Migliaia di pisani furono fatti prigioneriprigionieri e portati a [[Genova]] (ove si stabilirono nella porzione di [[Centro storico di Genova|centro storico]] ancora oggi portante il nome di Campo Pisano), così come la catena che avrebbe dovuto servire a proteggerne il porto: spezzata in varie parti, queste vennero appese in varie chiese ed edifici della città, a scherno dei pisani e a monito della potenza della flotta genovese. Gli stessi genovesi donarono una parte delle catene di Porto Pisano a [[Firenze]].
 
Nel [[1860]], quasi seicento anni dopo il saccheggio di Porto Pisano, le catene furono restituite all'omonima città, ove sono conservate ancor oggi presso il [[Camposanto monumentale]] (uno degli anelli rimane tuttavia conservato a [[Moneglia]]).