Leutari I: differenze tra le versioni

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Eccoci introdotti all'ipotesi della Rabbia quale causa dei fatali eventi descritti dallo storico bizantino, e occorsi nella città di Ceneda nel 554, nel tentativo di mettere più coerentemente in rapporto tra loro le descrizioni dei sintomi di cui avrebbe sofferto Leutari, il capo, e quelli che annientarono via viai suoi uomini, specie le morbosità febbrili, allucinatorie econvulsive.
 
Proprio la testimonianza di Agazia può condurre a ritenere che sia stata la rabbia umana (da Lyssavirus) a colpire Leutari e i suoi uomini; l'ipotesi Rabbia era stata avanzata nel 1940 dallo studioso tedesco Benno von Hagen<nowiki><ref>Benno von Hagen, </nowiki>''Lyssa. Eine Medizingeschichtliche Interpretation'', Jena 1940</ref>, il quale, a detta di J. Théodoridès con riferimento ad Agazia, ''a été le premier à tenter une interprétation médicale de ce passage''<nowiki><ref>J. Théodoridès, </nowiki>''Quelle était la maladie décrite parl'historien Agathias (VIe siècle A.D.)?'', «Histoire des Sciences Médicales» 15, 1981, 155.</ref> VonHagen aveva supposto la trasmissione del morbo attraverso il morso dei cani o attraverso il sistematico contatto dei guerrieri con la saliva canina infetta. In tutte le spedizioni militari dei barbari germanici – sosteneva von Hagen – quindi evidentemente anche in quella guidata da Leutari, ''daseben eine wandernde Horde war'', “che pure era un'orda migrante”, e che discese l'Italia ''kämpfend und Beute machend'', “combattendo e facendo bottino”, avrebbe trovato posto una grande quantità di cani (''eine Menge Hunde befanden'') utilizzati per sorvegliare i carriaggi dei trasporti e assicurare la protezione degli accampamenti nel corso della notte.<nowiki><ref>Von Hagen parla di cani </nowiki>''die schon zur Bewachung des Trosses und jedes Nachtlagersunerläßlich waren''; ''Lyssa'', p. 29 (anche per le brevi citazioni precedenti).<nowiki></ref></nowiki> Il contatto tra guerrieri e cani era senza dubbio stretto e sistematico<nowiki><ref>J. Théodoridès, </nowiki>''Quelle était la maladie'', p. 155; Benno von Hagen, ''Lyssa''; Averil Cameron, ''Agathias'', p. 62 e le perplessità di D.Ch. Stathakopoulos, ''Famine and Pestilence'', p. 102.</ref>
 
Secondo von Hagen i cani alamannici avrebbero potuto essere stati infettati nell'Italia meridionale da cani indigeni, affetti endemicamente dalla Rabbia, e poi, a loro volta, avrebbero progressivamente trasmesso l'infezione ai guerrieri attraverso il morso vero e proprio o, più spesso, attraverso il semplice contatto della saliva canina con ferite o lesioni agliarti inferiori e superiori, piuttosto frequenti – anzi addirittura croniche – in soldati sottoposti ad azione continua. L'abbondante saliva infetta del cane appare il veicolo più adatto (e subdolo) a trasmettere l'infezione ad una pluralità di soggetti che si trovino in particolari condizioni, con ferite aperte, suppurate o ulcerose. Come sempre infatti, nel corso delle guerre, da quando si sono combattutea colpi di pietra, i piedi dei combattenti, a seguito di marce, del freddo edi molte altre circostanze, si presentano piagati in modo spesso irrimediabile, in assenza di presidi sanitari efficienti, e soprattutto del tempo necessario a ridurre efficacemente le piaghe stesse. Il virus della rabbia si muove lentamente dalla zona di inoculazione, solitamentela cute e il tessuto muscolare sottostante, verso il sistema nervoso centrale, trasportatopassivamente lungo le guaine dei nervi.<nowiki><ref>Vd. M. La Placa, </nowiki>''Virus e batteri'', p. 77</ref>