Operazioni in Val Vestino (1510-1517): differenze tra le versioni

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{{Battaglie della guerra della Lega di Cambrai}}
 
Le operazioni militari condotte, tra il [[1510]] e il [[1517]], dall'esercito della [[Repubblica di Venezia]] nella [[Val Vestino]], territorio del [[Principato vescovile di Trento]], consistettero in varie incursioni rapide e sanguinose sostenute da compagnie di ventura e milizie popolari gardesane contro le truppe di fanteria del [[Sacro Romano Impero Germanico]], alleate e assoldate dai Conti [[Lodron]], vassalli del vescovo di [[Trento]], tendenti a porre termine alla minaccia di un'invasione nemica nella [[Riviera di Salò|Magnifica Patria di Salò]] e all'accerchiamento della [[Rocca d'Anfo]] difesa dai veneziani. L'azione della [[Serenissima]] costrinse le truppe tedesche alla difensiva.
 
==Contesto==
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==La confinante Repubblica di Venezia==
La [[Repubblica di Venezia]] all'inizio del XVI secolo era una delle principali potenze italiane e la ricchezza dei traffici, l'abilità di diplomatici e comandanti militari ed una buona amministrazione la ponevano ad un livello superiore a quello di altri stati del tempo. Il governo dei territori soggetti era, per l'epoca, "illuminato" e molte delle città controllate da Venezia, come [[Bergamo]], [[Brescia]] e [[Verona]] rivendicarono la sovranità veneziana durante la minaccia di invasioni straniere.
[[File:Italia 1494 topo.svg|thumb|300px|I domini veneziani in Italia e Dalmazia verso la fine del XV secolo, dopo l'espansione in terraferma.]]
All'apice della sua potenza, Venezia schierava un esercito di 40.000 uomini in armi, dei quali due terzi erano fanti e un terzo cavalieri supportati da una potente artiglieria, inoltre controllava gran parte delle coste dell'[[Adriatico]], molte delle isole dell'[[Mar Egeo|Egeo]], inclusa [[Creta]], e tra le principali forze commerciali nel Medio oriente. Il territorio della Repubblica nella penisola italica si estendeva fino al [[Lago di Garda]] confinando appunto con la [[Val Vestino]], al fiume [[Adda]] ed anche a [[Ravenna]], da cui riusciva ad influenzare la politica delle città della [[Romagna]], ad esempio appoggiando, nel [[1466]], la presa di potere di [[Pino III Ordelaffi]] a [[Forlì]], città su cui, però, [[Venezia]] non riuscì mai ad avere un dominio diretto.
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==La compagnia di ventura dei Brisighelli==
 
Dionigi ([[1465]]-1510), Vincenzo (1466-1525) e Carlino (+ 1515) Naldi furono i fondatori dei Brisighelli, una famosa [[compagnia di ventura]] che operò tra il [[1492]] e il [[1496]] al servizio di [[Ferdinando I di Napoli]] d'[[Aragona]] contro [[Carlo VIII di Francia]], poi, [[Caterina Sforza]], signora di [[Imola]] e nel [[1499]] [[Cesare Borgia]]. Nel 1503, dopo la morte di [[papa Alessandro VI]] i Naldi si misero al soldo della [[Repubblica di Venezia]], inducendola a una politica di conquista della [[Romagna]]: risalendo così da [[Ravenna]], per la valle del [[Lamone (fiume)|Lamone]] a [[Faenza]], poi, a [[Brisighella]], ove i veneziani entrarono nel novembre del [[1503]].
 
La rocca di [[Brisighella]] è un'opera veneziana. [[Dionigi di Naldo]], [[capitano]] delle fanterie venete dal 1506 alla morte (nel 1510), è considerato a tutt'oggi, con il cugino Vincenzo, tra i più capaci riformatori della fanteria veneta alla quale diede un grande sviluppo di azione rispetto alla cavalleria. Morì a [[Venezia]] e fu sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo con un monumento a lui dedicato a opera di [[Lorenzo Bregno]]<ref>Fondazione Giorgio Cini onlus, "Incontro di studio dedicato a Dionigi e Vincenzo Naldi XVI secolo", Venezia 12 novembre 2005</ref>.
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==Le prime ostilità==
Tra il [[1510]] e il [[1517]] i comuni della [[Val Vestino]] furono più volte saccheggiati e incendiati dalle fanterie veneziane e dalle milizie rivierasche in ritorsione delle scorrerie fatte dai Valvestinesi sulla [[Riviera di Salò]] per ordine dei [[Lodron]]. Nel maggio del [[1513]] ripresero nuovamente le ostilità tra i francesi alleati dei veneziani contro spagnoli, milanesi e gli imperiali per l'ennesima conquista del [[ducato di Milano]], così anche i territori furono coinvolti in quei tragici eventi.
 
Il [[25 maggio]] [[1513]] il capitano [[Scipione Ugoni]] di [[Brescia]], condottiero di una compagnia di milizie rivierasche di 300 uomini, aiutato dagli uomini di [[Gargnano]], invase la [[Val Vestino]], depredò, attaccò le truppe dei [[Lodron]], diede alle fiamme la terra di [[Magasa]] e [[Cadria]] e ritornò a [[Salò]] portando con sé un copioso bottino di bestiame e generi vari. Lo Scipioni “''et per tre volte è intrato in ditta Valle e fato assai botini et svalizato ogni cosa e morto qualche uno […] Ozi dover andar a Lodron missier Valerio Payton<ref>Valerio Paitone, comandante di milizie venete.</ref>, cittadin brexan, con sercha 500 fanti per recomperar l'onor suo, e voler metter a foco e fiamme ogni cosa''”.
 
Fu in una di queste occasioni che per poco non fu catturato un vecchio connestabile della Riviera, chiamato il "Vecchio di Gardone", rifugiatosi in Valle. Egli, nel settembre del 1512, aveva tolto ai tedeschi che occupavano la Riviera ben 300 ducati, ma essendovi tregua in quei giorni tra i belligeranti, la [[Repubblica di Venezia]] aveva ordinato che il “Vecchio” fosse catturato e consegnato alla giustizia rendendo i ducati: egli invece preferì saggiamente fuggire in Valle con la refurtiva e mettersi sotto la protezione dei [[Lodron]]. Queste preziose notizie le apprendiamo dalle relazioni che il provveditore di [[Salò]], Daniele Dandolo, fece a Venezia a riguardo dell'impresa compiuta dal “connestabile” [[Scipione Ugoni]], difatti amaramente soggiunge: ''“Quello traditor dello Vecchio de Gardon è scapato di poco che non sia stato preso”.''
 
Secondo alcuni ricercatori la [[Val Vestino]] fu pure invasa nello stesso mese di maggio dalle compagnie di Francesco Calzone di [[Salò]], da Valerio Paitone e da Andrea Benaglia di [[Maderno]]. Lo storico Claudio Fossati sostiene invece che il Calzone, il [[19 maggio]] del [[1513]], partì da San Bonifacio, nel veronese, con [[Scipione Ugoni]], attraversò le linee dei nemici imperiali di Guglielmo di Rogendorf e raggiunse la Riviera liberandola dagli spagnoli poi, mentre l'Ugoni attaccava [[Malcesine]] e la [[Val Vestino]], il Calzone deviò su [[Brescia]] ove, il 27 giugno, fu richiamato per la difesa di Peschiera che sarà poi conquistata dall'esercito francese.
 
La guerra, dopo la sconfitta dei francesi nella [[Battaglia di Novara (1513)|battaglia di Novara]] il [[6 giugno]] ad opera degli Svizzeri, si trascinò stancamente fino al mese di ottobre. Difatti con l'avvicinarsi della stagione delle piogge gli spagnoli si ritirarono con i loro quartieri tra [[Este]] e [[Montagnana]], mentre i veneziani ripiegarono a Padova.
 
==1516: un anno terribile==
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|larghezza = 340px
|titolo = Il condottiero Babone Naldi
|contenuto = [[File:Il Condottiere.jpg|160 px|thumb|''[[Profilo di capitano antico]]'' disegnato da [[Leonardo da Vinci]]]] Babone Naldi ([[Brisighella]], 1474-Padova, 1544) o Babbone da [[Brisighella]] (Ravenna) fu un [[capitano di ventura]] di una certa rilevanza nell'epopea mercenaria del Medioevo italiano. Era nato nel [[1474]], nipote dei celebri Dionigi, Vincenzo e Carlino Naldi pure soldati avventurieri. Nella sua carriera militare militò sempre fedelmente, con valore e capacità, per Venezia, contribuendo modestamente alla politica d'espansione territoriale di questa: nel 1510 fu all'assedio di [[Verona]], nel 1511 alla difesa di [[Treviso]] e nel 1512 a quella di [[Brescia]] ove fu ferito alla faccia, nell'ottobre del 1513 partecipò alla battaglia di [[Creazzo]], nel 1532 fu inviato a [[Corfù]] minacciata dai turchi e combatté in [[Grecia]] contro le truppe del sultano Solimano. Morì nell'aprile del 1544 a Padova e fu sepolto nella chiesa del Carmine.
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L'anno più cruciale per la [[Val Vestino]] fu il [[1516]] nei mesi di gennaio e febbraio. In quel periodo la città di [[Brescia]], difesa dagli spagnoli, era stretta d'assedio dalle truppe francesi e veneziane (si arrenderà solamente il [[26 maggio]] subendo un terribile saccheggio), mentre la linea di confine che si snodava dal [[Caffaro]] alla [[Val Vestino]] era territorio di scorribande e scontro tra reparti di imperiali e milizie venete che si appoggiano alla munitissima [[Rocca d'Anfo]] impedendo in tal modo il passaggio a quegli eserciti che intendevano portare soccorso alla stremata Brescia.
 
Nell'armata della [[Serenissima]] militavano anche i fratelli Babone, Giovanni (+agosto 1528), Ottaviano (+1530 ca.) e Guido Naldi (+1535 ca.) come condottieri di fanterie mercenarie e costoro, in più riprese, saranno i protagonisti di varie operazioni militari in Valle.
 
Nella primi giorni di gennaio (con molta probabilità il 5 o il 6) il [[provveditore]] veneto di [[Salò]], Zaccaria Contarini, mandò da [[Gargnano]] in Valle, il comandante Babone Naldi (anche detto Babon de Nalde in dialetto veneto), con guide e circa 500 fanti: saccheggiò, bruciò tutta la Valle e “tagliò a pezzi”, fino a Lodrone, 200 soldati tedeschi venutigli incontro minacciosamente; puntò su [[Idro]] e si acquartierò poi ad [[Anfo]], unendosi con i soldati di ventura di Giano Fregoso e Giovan Corrado Orsini. Nei giorni seguenti si scontrò con 1500 fanti tedeschi, intenzionati a raggiungere [[Brescia]], il cui campo attaccò nottetempo. Fra i nemici vi furono 500 morti, 800 fanti e 50 uomini d'arme borgognoni catturati, tra questi anche il conte [[Ludovico Lodron]]; rientrò poi a [[Salò]].
 
Prontamente il conte [[Giovanni Battista Lodron]] informava il capitano delle Giudicarie di [[Stenico]] dell'accaduto per mezzo della seguente lettera, avvisandolo secondo quanto gli era stato riferito da una sua spia infiltrata presso il campo francese, dell'imminente arrivo nel territorio di Lodrone di consistenti truppe mercenarie venete capeggiate dai quattro fratelli Naldi, da un certo Frate da [[Pavia]], da Toso da Bagnacavallo, da Pietro Longhena e da un altro sconosciuto capitano:
 
{{Quote|...1516 gennaio 14, castello di Lodrone, ore 4. “''Al Magnifico Messer Johanne de Bayneck, Capitaneo de Stenecho et de le Judicarie. Magnifico Capitano etc. habiamo receputa una di Vostra Magnificentia per la quale quella se dolle dil caso successo in la Valle di Vestino, de la qual cosa ne siamo certi et ne rengratiamo asay quella; quanto al facto che noy dovesemo dar adviso ad la Magnificentia Vostra noy non sapevamo che quella fuse lasata a questa impreysa per esser prima stata lasato ad il Capitano Gallo et per esser poy epso partito non sapiumo da chi recorersi salvo dal Reverendissimo Monsignor da Trento, da qual se siamo recorsy et ne ha noviter facto intender la Magnificentia Vostra esser sempre la predetta impreysa, unde che accadendo da qui in anzi di secorso ne adviseremo quella. Di novo avemo habiuto la spia ciò che ogi, la quale ha dato certezza che venuto che sia messer Andrea Gritti da Milano, qual he andato da la Maestà dil re di Franza, subito voleno venir a questa impreysa de qui et son ellecti per contestabilly sete constestabilly, ciò he quatro contestabilly Brisigelly<ref>Ossia, Babone, Giovanni, Ottaviano e Guido Naldi, detti i Brisighelli</ref>, il Frate de Pavia, il Toso da Bagna Cavallo et uno qual ha habiuto di novo la Compagnia di Carlo Corso, per esser morto il suddetto Carlo de mal de ponta. Sed la spia venuta mi ha promesso di darmene notizia uno giorno vel doy havanti la sua venuta, si che la Magnificentia Vostra facia pur star le gente ben proviste ad ciò che acadendo ghe possiamo dar damno et vergogna. Quelli fanti li qually hano brusato la Val de Vestino son sta circha cinquecento, son venuti da Gargnano in la predetta Valle et passati per Idro et alloggiati a li Cazi<ref>Antico nome del Comune di [[Treviso Bresciano]]</ref> et da poy andati dy longo a Salò. In questa hora havemo habiuto per certo esser azonto ala nostra il Frate da Pavia cum circha cento compagni et cavalli, set il numero de ly cavalli ne tropo bel ly fanti il messo non lo sa ben certo. Di quello arderà subito ne darò adviso. Ex Castro Lodroni die 14 Januarij 1516, hora circha quarta nocte. Jo. Baptista Lodroni Comes. Post scripta; habiamo inteso da la predetta spia como debe venir ancora a questa impreysa Petro Longhena cum cento homini d'arme et ducento cavalli legiery''”. |[[Giovanni Battista Lodron]], [[1516]]}}<ref>Archivio di Stato di Trento, Archivio Principesco Vescovile, sezione latina, Capsa 8 n. 98, f°. n. 4.</ref>
 
Immediata la rappresaglia degli imperiali. “''I nemici e quelli della Val de Vestin''” calarono sul territorio di Gargnano e vi bruciarono case e paesi “''et poi se ne ritorno indietro''” lo riferisce il provveditore, Zaccaria Contarini, il 25 gennaio, al senato di Venezia, mentre si trovava in ispezione alla linea avanzata di difesa di Anfo: ''“[…] Mi vene uno altro messo da Salò, fazendomi saper come li nimici erano calati per la Val de Vestin et brusavano di [[Gargnano]]; de che a stafeta veni a Salò et trovai esser sta certi todeschi, i quali erano venuti per divertir la impresa. Li nostri hanno preso do conti di questi castelli, el nome suo a la Serenità Vostra per altre mie li farò noto'' (il prigioniero era il conte [[Ludovico Lodron]]) …”.<ref>M. Sanuto, I Diarii, tomo 21</ref>
 
Il 26 altra lettera del Contarini che ritorna sull'argomento del giorno precedente: “''Passata meza strada, seppi la nova, et camminando me zonse un messo, veniva da Salò, fazandomi sapere come per la Val de Vestin li nimici erano calati su quello di Gargnan e a li confini avevano brusato certe case, et poi se ne ritorno indietro. Le nostre fantarie col el botino se redussero a Boarno<ref>[[Vobarno]]</ref>. Domino Babon vene a [[Salò]] con le sue compagnie […]”.''
 
Il mese dopo altra dura ritorsione dei veneziani. Il 16 febbraio il curato di Persone, preoccupatissimo, povero e senza scarpe, allertava il conte [[Giovanni Battista Lodron]] informandolo che, due sere prima, i nemici provenienti da [[Capovalle]] (Hano) avevano fatto razzia a Moerna<ref>Frazione del Comune di Valvestino</ref> sequestrando capi di bestiame e facendo pure prigionieri quattro Moernesi.
 
Questi, subito rilasciati, erano stati delegati di riferire ai loro rappresentanti comunitari di usare “una certa cortesia” verso i veneziani, predisponendo per il giorno seguente una consistente somma di denaro altrimenti il capitano Babone Naldi, con i suoi due fratelli, Giovanni e Ottaviano, avrebbero dato alle fiamme tutta la Valle compreso il Comune di Bondone. Il sacerdote oltre a ciò proponeva, ricercando la conferma del Conte, la disponibilità riscontrata da parte di alcuni uomini facoltosi di Persone che, pur di evitare guai peggiori a tutto il paese, avrebbero pagato di tasca propria la somma richiesta, altrimenti implorava l'invio, al più presto possibile, di polvere e piombo da “schioppetto” per procedere alla difesa dei miseri villaggi e dei loro abitanti:
 
{{Quote|...1516 febbraio 16, Persone di Valvestino. “A''l mio Magnifico Signor Conte Babtista de Lodron, patrone carissimo. Magnifico Signore mio. Aviso Vostra Signoria come za due sere son venuti li inimici a Moerna et hano fato botini de bestiame et questa sera havevano fato quatro presoni de Moerna, pur gratia Dei li hanno fati lassar per forza et ne sun feriti duj di suj. Et ulterius aviso Vostra Signoria come son venuti questa sera quatro homini da la, et hanno referto che messer Babon Capitanio di Brisagolli jnsiema cum duj altri suj fratelli voleno venir a brusar doman vel l'altro el resto dela Valle se non ge usemo una certa cortesia quale serrà comessa a Zuan de Bosin et Albertin de qui et a Comino del Mazol da Ydro, quali habiano a condenarne quello a loro piacerà. Se a Vostra Signoria piace dicono quelli da Person, loro haver certi dinari in Riviera in tanti fiti et che li lasserano correre se melio pare a Vui; el simile facia quelli da Bondon; se non sonno d'accordo doman li debano expectar col focho; quanto che Vostra Signoria domanda homeni, quella preghemo neli conceda se possibile, è che de hora in hora son qui li inimici. Ulterius pregove ne voliate mandar un poco de polver da schiopeto cum un pocho de piombo da far balote aliter le nostre forze nulla vale, et che, nec alia salvo che Vostra Signoria ne comande quello habiamo affar perché doman dopo messa bisogna darle risposta, et se dice venir artegarie a questa volta, ma non son gionte a Ydro. Non altro nisi che a Vostra Signoria infinite volte me aricomando. Datum Personj die 16 mensis februarij 1516. Vostra Signoria spedisca el messo subito, subito, et se altro accade comandatime. Presbiter ……..L.. d.is V.e servus manu. Intendete che non voleno che se rendamo non; ma si dice del brusar solo, mi personaliter saria venuto ma per non haver scarpe non ho potuto venir”.'' }}<ref>Archivio di Stato di Trento, Archivio Principesco Vescovile, Capsa 8, n. 98. c. 35.</ref>
 
Qualche mese dopo, in novembre, i miliziani veneti si ripresentarono in Valle un'altra volta. Il capitano Giovanni Naldi razziò nel territorio 200 capi di bestiame e fece un copioso bottino di vario genere.
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==La fine della guerra==
 
La guerra terminò il [[29 gennaio]] del [[1517]] con la sottoscrizione di un trattato di pace con i veneziani. Secondo lo storico storese padre [[Cipriano Gnesotti]] (1717-1796) del convento dei Padri Cappuccini di [[Condino]]: {{Quote|... ''“[…] Di questa guerra abbiamo molte particolarità registrate ne' libri della Resa de' conti nella Comunità di [[Storo]] del [[1516]]. Tanti spediti ad iscoprire li primi andamenti de' nemici, ad intendere i sentimenti de' Popoli in Val Vestino, d'intorno al [[lago d'Idro]] e [[Bagolino]]: tanti guastatori ad ergere le trincee in Darzo, Lodrone e una Bastia<ref>Fortificazione</ref> presso [[Anfo]], e le competenti batterie: spese a mantenere tanti soldati in presidio della [[Rocca d'Anfo]], e tanti in guardia a rastelli: spese nel mandare tante volte persone proprie a parlamentare con Sua Maestà Imperatore [[Massimiliano I del Sacro Romano Impero|Massimiliano d'Asburgo]] in [[Trento]] per intendere la sua volontà, e domandare soccorso quando fu perduta la [[Rocca d'Anfo]], ciò innanzi il 9 di novembre del [[1516]]. E quando fu bruciato [[Storo]] dalle scorrerie nemiche, che fu circa gli otto gennaro 1517, gli ottenuti passaporti da' nemici per provedere coppi da ricoprire la chiesa di [[Storo]], e tanti soldati mandati in [[Verona]]. Alla compagnia di [[Storo]] morì il capitano in Ampola. Spese per armi e tamburi''”. }}
[[File:Cartina.jpg|thumb|200 px|La Val Vestino]]