Marcantonio Flaminio: differenze tra le versioni

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|Sesso = M
|LuogoNascita = Serravalle
|LuogoNascitaLink = Serravalle (Vittorio Veneto)
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== Biografia ==
[[File:Serravalle di Vittorio Veneto - Palazzo Flaminio - Foto di Paolo Steffan.jpg|thumb|left|190px|Casa natale di Marcantonio Flaminio]]
Marcantonio nacque nel [[Palazzi di Serravalle#Palazzo Flaminio|palazzo della sua famiglia]] a Serravalle, l'attuale centro settentrionale di Vittorio Veneto, da Veturia e da Giovanni Antonio Zarrabini il quale, cultore delle [[Letteratura|lettere]] greche e latine, volle assumere il nome classico di Flaminio e fu il primo maestro del figlio.
 
Nel [[1509]] la famiglia fece ritorno nella città paterna di [[Imola]] da dove, nel [[1514]], Marcantonio partì con il padre per [[Roma]], dove si trattenne per alcuni mesi, offrendo a papa [[Leone X]] l'operetta erudita ''Annotationum Sylvae duae'' e frequentando, nella corte papale, il poeta [[Raffaello Brandolini]] e gli umanisti [[Giovan Battista Pio]] e [[Filippo Beroaldo]].
 
Si trasferì poi a [[Napoli]], dove conobbe [[Jacopo Sannazaro]], e nel [[1515]] passò a [[Urbino]], invitato da [[Baldassarre Castiglione]], al quale dedicherà nel [[1526]] i suoi ''Lusus pastorales''. In settembre fu pubblicato a [[Fano]] il suo ''Carminum libellus'', dedicato all'umanista bolognese [[Achille Bocchi]], versi latini d'ispirazione amorosa e mitologica. Alla fine di quello stesso anno, assecondando la volontà paterna, si stabilì a [[Bologna]] per studiarvi [[filosofia]].
 
Nello Studio bolognese insegnavano allora professori prestigiosi: il Bocchi, il [[Pietro Pomponazzi|Pomponazzi]], [[Ludovico Boccadiferro]], [[Romolo Quirino Amaseo]]. Furono Achille Bocchi e il domenicano [[Leandro Alberti]] a intraprendere l'iniziativa di un dizionario biografico, il ''De viris illustribus Ordinis praedicatorum'', che fu pubblicato a Bologna nel [[1517]], al quale collaborarono anche Marcantonio Flaminio - compilando la voce su [[Maurizio d'Ungheria]] - suo padre e suo cugino [[Sebastiano Flaminio]].
 
Nel [[1519]] Marcantonio si trasferì a [[Padova]] per approfondire in quello Studio la filosofia aristotelica insegnata da [[Marcantonio de’ Passeri]]. A Padova abitò insieme con [[Stefano Sauli]] e conobbe [[Pietro Bembo]], l'umanista belga [[Cristoforo Longolio]] e forse anche [[Reginald Pole]], che giunse nella città veneta nel [[1521]]. È questo l'anno in cui apparve a Bologna il suo ''Compendio de la volgare grammatica'', una riduzione delle ''Regole grammaticali della volgar lingua'' di [[Giovanni Francesco Fortunio]].
 
Nel [[1521]] Flaminio e Stefano Sauli erano a Genova, dove con [[Giulio Camillo Delminio|Giulio Camillo]] e [[Sebastiano Delio]] avrebbero animato un'accademia letteraria,<ref>Girolamo Tiraboschi, ''Storia della letteratura italiana'', VII, 4, Firenze, Molini, Landi & C., 1812, p. 1413</ref> ma già l'anno seguente era a Roma, probabilmente alla ricerca di influenti appoggi, che ottenne con la protezione di [[Gian Matteo Giberti]], datario e vescovo di [[Verona]]. A [[Mantova]] fu invitato dal Castiglione a rivedere il manoscritto de ''[[Il Cortegiano]]'' e nel [[1526]], nella nativa Serravalle, ultimò i ''Lusus pastorales''.
 
Dal [[1528]] si stabilì a Verona al seguito del vescovo Giberti, impegnato nell'opera di imporre una fervida disciplina religiosa al clero della sua diocesi. Rare furono le occasioni di allontanarsi dalla città: nel [[1530]] assistette a Bologna all'incoronazione a [[imperatore]] di [[Carlo V]] per mano di [[Clemente VII]], mentre la sua richiesta di poter entrare nella Congregazione dei [[Teatini]], a condizione di poter godere di esenzioni dalle regole imposte a quell'Ordine, fu respinta nel [[1533]] dal fondatore [[Gian Pietro Carafa]]. Nel [[1536]] Flaminio era nuovamente a Bologna a motivo della morte del padre e di qui partiva per Roma, dove l'amico Reginald Pole riceveva il cappello cardinalizio da papa [[Paolo III]].
 
Il [[1536]] vedeva anche la pubblicazione, a [[Venezia]], della sua ''Paraphrasis in duodecimum Aristotelis librum de prima philosophia''. In questa sua ripresa degli studi filosofici, parafrasando il dodicesimo libro della ''[[Metafisica]]'' di Aristotele, Flaminio affrontava anche la dibattuta questione dell'accordo della filosofia aristotelica con la teologia cristiana, esponendo le posizioni che i Padri della Chiesa avevano tenuto nel merito e limitandosi, da parte sua, ad auspicare che a una tale accordo si giungesse. Nel [[1538]] appariva la ''Paraphrasis in duo et triginta psalmos'', che privilegia un'interpretazione letterale dei due salmi.
 
Nel settembre del 1538 si consumò il distacco dal vescovo Giberti, certamente dovuto al segreto avvicinamento del Flaminio alle posizioni evangeliche. Non si trattò comunque di una rottura: a [[Sessa Aurunca]] l'umanista fu ospite di [[Galeazzo Florimonte]], amico del Giberti, poi a [[Caserta]] fu accolto da quel [[Gian Francesco Alois]] che nel [[1564]] sarà decapitato e bruciato sul rogo. Qui compose due libri di ''Carmina'' che saranno editi a [[Lione]] solo dieci anni dopo.
 
Alla fine del febbraio del [[1540]] Flaminio era a [[Napoli]], dove era attivo il circolo degli ''spirituali'' raccolto intorno alla figura dello spagnolo [[Juan de Valdés]], e qui egli prese parte attiva al dibattito sulla [[predestinazione]] che la Riforma luterana e calvinista avevano reso di stretta attualità, insieme con i problemi legati all'esistenza e ai limiti del [[libero arbitrio]], della [[Grazia (teologia)|grazia]], della [[giustificazione]] per [[fede]] e dell'importanza delle opere ai fini della salvezza del cristiano.
 
La morte del teologo spagnolo, avvenuta nel [[1541]], allontanò da Napoli molti dei suoi seguaci, tra i quali il Flaminio era destinato a svolgere un ruolo di primo piano nell'interpretazione del suo pensiero, nella divulgazione degli scritti del Valdés e nella scrittura di nuovi testi che riprendessero la sostanza del pensiero dell'<nowiki></nowiki>''alumbrado''. Flaminio e il [[Pietro Carnesecchi|Carnesecchi]] raggiunsero prima [[Bernardino Ochino]] a [[Roma]], poi furono a [[Firenze]], dove incontrarono [[Caterina Cybo]] e presero conoscenza della ''Institutio christianae religionis'' di [[Giovanni Calvino|Calvino]]. In novembre, il Flaminio e parte di quel gruppo di ''spirituali'' si ricostituì a [[Viterbo]] nella casa del cardinale [[Reginald Pole]], formando quella che venne definita l'<nowiki></nowiki>''Ecclesia viterbiensis''.
 
In questo periodo [[Giulia Gonzaga]] gli mandò da Napoli alcuni scritti in spagnolo del Valdés affinché egli li traducesse e li pubblicasse,<ref>Lettera di Giulia Gonzaga a Ercole Gonzaga, 18 febbraio 1553, in ''Archivio di Stato di Mantova'', Archivio Gonzaga, 1923, cc. 708''v''-711''r''.</ref> e il [[4 gennaio]] [[1542]] gli scriveva ancora per invitarlo a comporre e a pubblicare propri scritti nello spirito del maestro scomparso. Rispondendole il [[14 gennaio|14]], Flaminio si schermiva, ricordando la sua propria «poca sufficentia nelle lettere del mondo» e come il loro comune maestro Valdés lo avesse esortato a «non esser corrivo allo scrivere» e di tenere «occulte le mie ciancie insin che lo spirito vincesse la carne et ch'io parlassi mosso dal spirito di Christo et non dal spirito mio».<ref>Lettera a Giulia Gonzaga, 14 gennaio 1542, in «Apologia del ''Beneficio di Christo''», 1996, p. 201.</ref> Intanto però affidava ad [[Apollonio Merenda]], a lei diretto e raccomandato, «tre ragionamenti fatti sopra san Mattheo»,<ref>''Ivi'', p. 202.</ref> a testimonianza dell'impegno da lui messo nella riflessione sulle Scritture.
 
Stava infatti lavorando, il Flaminio, ai commenti al vangelo di Matteo e di Giovanni, alle ''Meditationi'' sulle lettere paoline e stava rivedendo il ''Beneficio di Christo'' il cui autore, il benedettino [[Benedetto Fontanini]], gliel'aveva affidato manoscritto «pregandolo che lo volesse polire et illustrare col suo bello stile, acciò fusse tanto più legibile et dilettevole; et cossì il Flaminio, servando integro il subietto, lo riformò secondo che parse a lui».<ref>''Processo Carnesecchi'', Archivio del Sant'Uffizio, c. 61''r''.</ref>