Proclama di emancipazione: differenze tra le versioni

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Il '''Proclama di Emancipazione''' è un documento composto da due ''ordini esecutivi'' promulgati dal [[presidente degli Stati Uniti]] [[Abramo Lincoln]] durante la [[guerra civile americana]]. Il primo, emanato il [[22 settembre]] [[1862]], decretava la liberazione di tutti gli schiavi dai territori degli [[Stati Confederati d'America]] a partire dal [[1º gennaio]] [[1863]]. Il secondo ordine elencava formalmente una lista di dieci stati nei quali il primo ordine doveva essere applicato.
Lincoln proclamò questi due ordini esecutivi in qualità di ''Comandante in capo'' dell'esercito e della marina secondo l'articolo II, sezione 2ª della [[Costituzione degli Stati Uniti]].
 
[[ImmagineFile:Stephens-reading-proclamation-1863.jpeg|thumb|[[Acquerello]] del pittore statunitense [[Henry Louis Stephens]], dipinto intorno al [[1863]], che raffigura in maniera celebrativa un anziano uomo di colore che legge a lume di candela il Proclama di Emancipazione]]
 
Il proclama non faceva cenno alcuno ai cosiddetti ''border states'', ovvero i quattro confinanti Stati del [[Kentucky]], [[Missouri]], [[Maryland]] e [[Delaware]] che non avevano aderito alla secessione ma che praticavano l'istituto dello [[schiavismo]]. Nel proclama era nominato invece lo stato della [[Virginia]], con l'eccezione di 48 [[contee degli Stati Uniti|contee]], le stesse che avrebbero poi dato vita alla [[Virginia Occidentale]].
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Al tempo della sua dichiarazione, il Proclama di Emancipazione venne duramente criticato dai contemporanei che accusavano Lincoln di voler liberare così gli schiavi in territori sui quali gli abolizionisti dell'[[Unione (guerra di secessione americana)|Unione]] non avevano alcun potere giurisdizionale; tuttavia, sebbene molti schiavi sui quali doveva essere applicato il Proclama non venissero liberati immediatamente, {{senza fonte|esso ebbe effetto immediato in gran parte del territorio confederato, con la sola eccezione del [[Texas]], dando la libertà a circa 20.000 schiavi.}}
 
Inoltre il Proclama poteva essere considerato lo strumento legislativo grazie al quale furono successivamente liberati circa altri quattro milioni di persone, fino al luglio del [[1865]]. Verso la fine del conflitto vi furono numerose rimostranze da parte degli [[abolizionismo|abolizionisti]] che sottolinearono come gli schiavi fossero stati liberati applicando una misura di strategia bellica, non dichiarando quindi apertamente la pratica dello schiavismo come una pratica illegale. Questa osservazione non fu del tutto inesatta, poiché alla fine della guerra, nonostante molti degli ex-Stati unionisti fossero sotto l'autorità confederata, continuarono tuttavia a praticare l'istituto dello schiavismo fino a quando, il [[18 dicembre]] [[1865]], esso non fu dichiarato fuorilegge dal [[XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America|XIII emendamento]].
 
==Origini storiche del Proclama==
Secondo la cosiddetta ''[[Fugitive Slave Law]]'' del [[1850]] gli schiavi fuggitivi dovevano essere riconsegnati ai legittimi proprietari. Durante il conflitto tuttavia, molti comandanti militari dell'Unione, primo fra tutti il generale [[Benjamin Butler]], considerarono gli schiavi fuggiaschi ''prede di guerra'' e in base a questo principio si rifiutarono di applicare la legge del [[1850]]. Poiché questa pratica in maniera indiretta riconosceva gli [[Stati Confederati d'America|stati confederati]] come una nazione sottoposta a leggi internazionali, egli si oppose ad essa al punto tale da destituire i comandanti militari che, sostenendo di avere giurisdizione sugli schiavi liberati, si opponevano alla loro restituzione.
 
La politica dei [[Partito Repubblicano (Stati Uniti)|Repubblicani]] sull'abolizionismo era decisamente molto graduale, tuttavia già il [[13 marzo]] [[1862]] Lincoln ordinò ai comandanti militari di non restituire più gli schiavi liberati, e il [[10 aprile]] di quello stesso anno stabilì un indennizzo a tutti i proprietari di schiavi come risarcimento per la loro liberazione. In base a questo proclama il [[16 aprile]] [[1862]] tutti gli schiavi nel territorio del [[Distretto della Columbia]] vennero liberati ed i loro proprietari ricevettero l'indennizzo previsto per legge. Il [[19 giugno]] [[1862]] il Congresso proibì formalmente lo schiavismo in tutto il territorio degli [[Stati Uniti d'America]].<br/>
Con questa ultima scelta esso si opponeva formalmente alla decisione della [[Corte Suprema degli Stati Uniti|Corte Suprema]] del [[1857]] e promulgata nel ''[[Caso Dred Scott contro Sandford]]'' secondo la quale il Congresso non aveva i poteri legittimi per proibire l'istituto dello schiavismo nel territorio degli Stati Uniti.
 
[[ImmagineFile:Emancipation proclamation.jpg|thumb|300px|left|Dipinto a olio di [[Francis Bicknell Carpenter]] che raffigura Lincoln mentre discute con il suo Gabinetto il primo abbozzo del '''Proclama di Emancipazione''' il [[22 luglio]] [[1862]].]]
 
Nel gennaio [[1862]] il leader [[Partito Repubblicano (Stati Uniti)|repubblicano]] alla [[Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti|Camera dei Rappresentanti]] [[Thaddeus Stevens]] si appellò per una guerra totale contro i confederati, che doveva comprendere anche la confisca e la conseguente liberazione degli schiavi, prevedendo in questo modo di privare la confederazione di preziosa forza lavoro, mettendone in ginocchio il sistema produttivo ed economico. La risposta venne in luglio dello stesso anno quando Lincoln in persona ratificò il ''Second Confiscation Act'' con il quale si sanciva la liberazione di tutti gli schiavi tenuti in possesso dai ribelli unionisti.
 
Una presa di posizione netta contro la schiavitù era una mossa politica molto pericolosa, nonostante le forti pressioni degli [[abolizionismo|abolizionisti]], che il [[7 settembre]] [[1862]] organizzarono a [[Chicago]] una sfilata oceanica che chiedeva l'immediata abolizione dello schiavismo e la liberazione di tutti gli schiavi. Una delegazione abolizionista, capitanata da [[William Weston Patton]], fu ricevuta il [[13 settembre]] [[1862]] alla [[Casa Bianca]] dal Presidente Lincoln il quale tentò di temporeggiare poiché sapeva che la posizione abolizionista era osteggiata dalla maggior parte dell'opinione pubblica ed era criticata politicamente dai democratici ''[[copperheads]]'' così come dagli Stati rimasti neutrali, come il Delaware ed il Maryland, che avevano percentuali altissime di forza-lavoro basata sugli schiavi.
 
Lincoln aveva precedentemente discusso la questione politica con il suo gabinetto dove manifestò la volontà di attendere che si verificasse un considerevole vantaggio militare da parte dell'Unione prima di intraprendere qualsiasi iniziativa politica nettamente abolizionista. L'occasione si presentò con la [[battaglia di Antietam]] del [[17 settembre]] [[1862]] quando l'Unione riuscì a scongiurare il tentativo di invasione del [[Maryland]] da parte dei Confederati. Fu così che il [[22 settembre]] Lincoln presentò un abbozzo del Proclama di Emancipazione al suo Vicepresidente, [[Hannibal Hamlin]], un fervente abolizionista, tenuto spesso all'oscuro delle decisioni presidenziali, per poi pronunciare la versione definitiva il [[1º gennaio]] [[1863]].
 
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