Maestà del Louvre: differenze tra le versioni

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Il dipinto, che si trovava nella [[chiesa di San Francesco (Pisa)|chiesa di San Francesco]] a [[Pisa]] (dove lo videro [[Antonio Billi]] e [[Vasari]]), venne trasportato a [[Parigi]] nel [[1811]], durante l'occupazione napoleonica da [[Jean Baptiste Henraux]], su interessamento diretto dell'allora direttore del Museo Napoleone, particolarmente desideroso di implementare le raccoolte di pittura "primitiva" italiana. Dopo le restituzioni la grande tavola fece parte di quei circa 100 dipinti che rimasero in Francia, per via delle grosse dimensioni che ne rendevano difficoltoso il trasporto.
 
La ascrissero a Cimabue con maggiori o minori interventi di bottega e datazione tarda Sirén, Thode, Frey, [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo Venturi]], [[Berenson]], [[Toesca]], Sinibaldi, [[Carlo Ludovico Ragghianti|Ragghianti]], Samek Ludovici, Salvini; propesero per una datazione giovanile [[RoberloRoberto Longhi|Longhi]], Volpe, Marcucci, Bologna. Negarono l'autografia Da Morrona, Douglass, Suida, Aubert, Soulier (alcuni di essi però la videro prima del restauro del 1936-37, e in un periodo in cui non erano ancora stati chiariti i confini attributivi con Duccio e la sua cimabuesca ''[[Madonna Rucellai]]''). L'attribuirono alla bottega Strzygowski, Nicholson, Garrison, Lazarev, White, oppure a un seguace Van Marle. Battista, che la ipotizzava realizzata quando Cimabue era a Pisa per i [[Cristo in trono tra la Vergine e san Giovanni|mosaici del Duomo]], pernsò a un'opera avviata dal maestro e conclusa, con qualche travisamento, da altri pittori.
 
Le reticenze sull'opera oggi sono per lo più messe in secondo piano accettando pienamente una datazione giovanile, mentre prima, legandola alla presenza dell'artista a Pisa nell'ultimo anno della sua carriera (il 1301-1302), essa appariva come un lavoro attardato e arcaizzante per quella data.
 
==Descrizione e stile==