Romolo di Fiesole: differenze tra le versioni

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== Vita ==
[[ImmagineFile:Benedetto buglioni e bottega, san romolo e due suoi compagni martiri, 1515-20.JPG|thumb|right|280px|Statua di San Romolo, opera di [[Benedetto Buglioni]] e bottega, conservata nel [[Museo Bandini]].]]
Le notizie sul patrono della città toscana sono in gran parte leggendarie: la chiesa di Fiesole lo commemora come il [[protomartire]] della città, di origini romane, ma trasferitosi, insieme a quattro compagni di fiducia, in Toscana per l'evangelizzazione.
 
In realtà, Romolo era un [[diacono]] cittadino vissuto non al tempo degli apostoli, bensì alla fine del [[IV secolo]]; la carica di [[sacerdote]] o vescovo gli sarebbe stata attribuita successivamente. Tale convinzione rimase fino alla fine del X secolo in seguito alle prediche di un certo abate Teuzone, il quale, sostenendo di aver analizzato dettagliatamente una lastra tombale quasi illeggibile, divulgò che il santo non era altro che un martire della Chiesa fiesolana, vissuto nel [[I secolo]].
 
Sui nuovi dati forniti dall'abate fiorirono numerosissime leggende, storicamente infondate, ma ampiamente influenzate da quelle di personaggi omonimi, come [[Romolo]], il leggendario fondatore di [[Roma]]. La vita più conosciuta del santo è narrata da tre codici, composti tra l'[[XI secolo|XI]] e il [[XIV secolo]] e riprende una nota del ''Martirologio di Usuardo'' che, in data 6 luglio, fa menzione di un gruppo di martiri, tra i quali anche Romolo, uccisi in Toscana sotto l'impero di Domiziano.
 
Raccontano gli scritti che Romolo, un giovane non fiesolano bensì [[Roma|romano]], in assonanza al nome, nacque in una nobile famiglia forse verso la metà del [[I secolo]]. Non è chiaro il motivo per cui, ancora neonato, venne esposto su una collina; tuttavia una [[Lupo|lupa]] si prese cura di lui, allattandolo insieme ai suoi cuccioli.
 
Cresciuto in questo stato fino alla maturità, Romolo, conquistato dalle prediche dell'[[Pietro apostolo|apostolo Pietro]], attivo nell'Urbe poco dopo l'anno [[60]], si convertì al [[Cristianesimo]] e ricevette il [[battesimo]] dallo stesso apostolo. Si dedicò quindi all'evangelizzazione, inizialmente a Roma, ma estendendola in seguito alle città di [[Sutri]] e [[Nepi]]. Gli ottimi frutti derivanti dalla sua opera spinsero San Pietro a nominare Romolo vescovo e ad inviarlo in missione insieme a due compagni a Fiesole, in [[Etruria]].
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Incamminandosi verso la città, Romolo passò per [[Volterra]] dove incontrò altri due discepoli di San Pietro che raccontarono di essere già stati a Fiesole per l'evangelizzazione, non ottenendo però alcun risultato dato che la popolazione del posto era interamente dedita al [[Paganesimo|culto pagano]]. Il santo, per nulla sfiduciato, li confortò e li invitò a seguirli. Una volta giunti presso le porte della città toscana, i missionari vennero scacciati dalla popolazione locale e dal loro governatore, sicché Romolo e i suoi seguaci (in tutto quattro: Carissimo, Marchiziano, Crescenzio e Dolcissimo) decisero di abbandonare per un certo tempo quella terra pagana per predicare il Vangelo in [[Lombardia]], a [[Brescia]] e a [[Bergamo]].
 
Dopo essersi trattenuto per un certo tempo a Nord con i compagni, Romolo ricevette da un [[angelo]] l'ordine di ritornare a Fiesole; penetrato segretamente nella città, diede dunque inizio a una serie di conversioni e miracoli che spinsero al [[battesimo]] numerosi pagani.
 
La leggenda parla di numerosi episodi leggendari attribuiti a Romolo: si racconta che un giorno il santo, avendo bisogno di acqua, ne chiese ad una donna del posto la quale rifiutò; per punizione, l'acqua che possedeva venne tramutata in sangue. Alcuni affreschi ricordano un altro noto episodio della sua vita: la guarigione di un giovinetto di nome [[Celso]], posseduto dal demonio.
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== Culto ==
I resti del santo sono da circa due millenni custoditi nel [[Duomo di Fiesole]] che gli è dedicato; a lungo venerati nell'antico cimitero dove si riteneva fosse stato deposto dopo il martirio, vennero trasferiti nella cattedrale della città il [[17 febbraio]] [[1028]] dal vescovo Jacopo il Bavaro.
 
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