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Non esiste ancora una vera forma di alienazione del potere e delle [[prerogative regie]] perché di fatto le famiglie della nascente [[nobiltà feudale]] hanno ancora un radicamento debole sul territorio, ma inizia già a manifestarsi la tendenza all'aumento delle intercessioni, cioè dell'intervento dei maggiorenti del regno per sollecitare la concessione di beni ed immunità ai loro protetti.
 
In seguito alla morte di Carlo il Grosso, avvenuta nel 887, infatti, la situazione politica italiana si fa più incerta e complessa; il titolo di re passa prima dalle mani dei [[Conti Guidi]] di [[Spoleto]] (889-899), a quelle di [[Ludovico III il Cieco]] (900-905) ed infine a quelle del marchese del Friuli [[Berengario del Friuli|Berengario]] (a fasi alterne dal 888 al 924), per cui l'attività legislativa diviene discontinua ed episodica.
 
È importante notare che è proprio da questo momento in poi che aumenta il numero dei capitolari che contengono concessioni a destinatari individuali che prevedono ormai il pieno trasferimento dei poteri pubblici, non più limitato ai semplici pedaggi di antica consuetudine; il primo esempio in questo senso è il documento con cui nel 891 [[Guido II di Spoleto]] concede al vescovo di Modena Liudwin una serie di privilegi che prevedono la totale alienazione dei diritti regi. Durante il regno di Berengario questo andamento si consolida, con un progressivo aumento delle intercessioni da parte di vescovi, conti e marchesi e con l'ulteriore novità della concessione di licenze per la costruzione di fortificazioni locali a città e [[castello|castelli]].