Abbazia di Santo Stefano (Due Carrare): differenze tra le versioni

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L<nowiki>'</nowiki>'''Abbaziaabbazia di Santo Stefano''' è un edificio religioso situato a [[Due Carrare]], in località [[Carrara Santo Stefano]] in [[provincia di Padova]].
 
Dell'[[abbazia]] rimane oggi la splendida chiesa, dotata di torre campanaria e affiancata, sul lato meridionale, dalle mura dell'antico cimitero, che per lungo tempo è giaciuto in un profondo stato di abbandono. Sul lato settentrionale si stende una piazzetta che riporta, tracciata sulla pavimentazione, la pianta del chiostro. Su di essa si affaccia la canonica, che un tempo era parte dell'antico monastero. Tutte le altre strutture sono andate perdute nel corso dei secoli, e insieme ad esse è in qualche modo andata perduta in gran parte anche la memoria storica di una delle abbazie più importanti del contado durante tutto il [[Medio evoMedioevo]].
 
== La storia dell'abbazia ==
=== Nascita ===
Il primo documento storico che tratti dell'Abbaziaabbazia è la donazione di [[Carraresi|Litolfo da Carrara]], oggi conservato presso l'Archivio Papafava presso l'Accademia Patavina di Lettere, Scienze ed Arti. Molto probabilmente nel [[1027]], quando viene confermata la donazione, sul sito dell'attuale chiesa ne esisteva già una, ma non vi era alcun monastero preesistente.
 
Rimane il dubbio se la chiesa preesistente fosse la stessa chiesa visibile oggi, o se fosse un'altra chiesa più piccola e seminterrata, oggi scomparsa, la chiesetta di Sant’Andrea. Litolfo, capofamiglia del clan aristocratico-militare di origine [[Longobardi|longobarda]] dei Da Carrara, o Carraresi, dota il nuovo monastero molto riccamente, e i suoi discendenti seguiranno il suo esempio, tanto che nel giro di alcuni altri anni il nuovo monastero avrà un patrimonio pari ad un quarto delle intere sostanze dei Carraresi. Sembra probabile che i primi monaci provenissero dall'abbazia di Brondolo, frazione attuale di [[Chioggia]], anch’essa beneficiata dalla stessa famiglia.
L'abbazia di Carrara Santo Stefano era senza dubbio una tipica fondazione privata, come tale sottoposta alla ''dominatio'' dei suoi protettori aristocratici, che cercarono di definirsi e di conservare memoria di sé attraverso un rapporto stretto e continuo con il monastero, che diventò la loro seconda e più nobile fortezza.
 
Data la particolare situazione della [[diocesi di Padova]], in precario equilibrio fra la sfera d'influenza pontificia e quella imperiale, non si sviluppò, se non parzialmente e tardivamente, un movimento di riforma monastica di tipo [[congregazione cluniacense|cluniacense]] o [[camaldolese]] . Non stupisce quindi che l'[[abbazia]], lungi dal guadagnarsi una sua indipendenza e sovranità, si ritrovò contesa, quasi sballottata, fra la dominazione dei Carraresi e quella vescovile, con interventi puntuali e opposti di Papipapi ed Imperatoriimperatori, a colpi di Bollebolle, Brevibrevi, [[ editto | editti]] e quant’altro. In una tale confusione di diritti contraddittori, solo la forza decise chi effettivamente doveva controllare l'abbazia. I conflitti furono numerosi e spesso laceranti, tanto che in più di un'occasione si trovò in serio pericolo l'integrità del monastero e l'incolumità dei monaci.
 
=== Sviluppo ===
Il conflitto fra Impero e Comuni trasformò queste scaramucce in guerra aperta nel [[1164]], poiché i Carraresi in occasione della guerra fra i Comuni italiani e l'imperatore [[Federico Barbarossa]], decisero di rimanere fedeli al secondo. È in quest’occasione che l'abbazia corre davvero il rischio di essere rasa al suolo, e si salva solo sottomettendosi esplicitamente al vescovo, mentre i carraresi si davano alla fuga. Infatti quando l'anno dopo Giacomino ritorna dal suo esilio e tenta di ripristinare il suo controllo sul monastero anche con la forza, i monaci si rivolgono direttamente al Vescovo per essere protetti dalle angherie di Giacomino, come se fosse un qualsiasi nobile prepotente e non il legittimo Dominus e avvocato dell'abbazia. Da questo momento in poi è sempre più il vescovo che si presenta come dominus e padrone di Santo Stefano, mentre i ripetuti tentativi dei carraresi di ripristinare il loro controllo sull'abbazia fondata e dotata dai loro antenati risulteranno sempre vani. Significativo è in questo senso l'atteggiamento degli abati, che se fino al [[1164]] parteggiano indubbiamente per i Carraresi, da quella data in poi iniziano a parteggiare per i Vescovi e a fuggire la famiglia.
 
Uno dei conflitti più spettacolari e meglio documentati attorno all'abbazia risale al [[1194]], ed è ampiamente documentato dalle deposizioni al processo di Rialto dello stesso anno. In quest’occasione i carraresi cercarono di tramare per favorire l'elezione ad Abateabate di un loro uomo, per bloccare la deriva filoepiscopale della loro abbazia. Ma anche in questo caso il vescovo ebbe la meglio.
Intanto però anche la chiesa padovana doveva affrontare alcuni gravi problemi, primo fra tutti l'annosa questione dell'elezione del Vescovo. All'interno di un lungo conflitto che vide contrapporsi l'abate di [[Santa Giustina in Padova|santaSanta Giustina]], il capitolo della cattedrale e la fratelae cappellanorum, per un breve momento nel [[1213]] sembrò che il diritto all'elezione dell'abate venisse esteso anche all'abate di Santo Stefano, ma questa novità non ebbe alcun seguito.
I conflitti con i carraresi continuano anche nel [[XIII secolo]], mentre gli abati di santo Stefano cominciano a mostrare una sempre maggiore insofferenza nei riguardi della posizione geografica dell'abbazia, che si trovava a poche centinaia di metri dal castello dei carraresi, ormai visti come prepotenti usurpatori, e anche in una zona di confine spesso soggetta a incursioni e razzie. Addirittura fu tentato un piano a lungo termine per cercare di “trasferire” per così dire l'abbazia verso Padova, trasformando l'obbedienza cittadina di San Giorgio in sede centrale e degradando santo Stefano a obbedienza decentrata. Questo piano furbesco che mirava a far trasferire l'abate a Padova gradualmente e quasi “di nascosto” non ebbe però alcun seguito.