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Poco dopo verranno a sapere che è stata ricoverata in ospedale, le hanno asportato un rene e ha perso il bambino. Il marito, Houjat, scopre solo adesso che la moglie aveva preso servizio da Nader. È un disoccupato, in cura da un anno per gravi stati depressivi, non ha soldi e i creditori lo perseguitano. Si rivela subito violento. Devono portarlo fuori a forza, minaccia la coppia e se la prende anche con la moglie che non lo ha consultato.
 
Nader viene accusato di omicidio visto che, in Iran, il feto di quattro mesi è considerato a tutti gli effetti un essere umano. Davanti al giudice si svolge uno scontro tra le due famiglie: Razieh e Houjat sono più poveri e ignoranti di Nader e SimineSimin, ma invocano continuamente la [[Shari'a|giustizia divina]] e si proclamano veri credenti. Razieh è molto religiosa e si appella a Dio e al [[Corano]]. Houjat è furibondo, perché è spiantato, disoccupato, poco istruito, la moglie non lo ha rispettato e i due borghesi, che ha di fronte, sembrano intendersi con il giudice molto meglio di lui. Nonostante siano dalla parte del torto. Finisce per dare in escandescenze e lo tratterrebbero in cella se la moglie non lo salvasse implorando. Il giudice non è per nulla malleabile, nemmeno con Nader: se si potrà dimostrare che sapeva della gravidanza della donna e che la sua spinta le ha provocato l'aborto, sarà condannato da uno a tre anni di carcere. Nel frattempo, o paga una cauzione molto alta, o passa la notte in guardina. Simin chiede i soldi ai genitori e, dopo un po', riesce a far uscire il marito. La testimonianza dell'insegnante della figlia di Nader è cruciale per stabilire che il padre non sapeva nulla della gravidanza di Razieh. In un primo tempo la donna afferma che Nader non era al corrente della gravidanza, ma Houjat la perseguita, fino a che, con minacce e preghiere, riesce a farla ritrattare. Adesso Nader è accusato di omicidio. Sua figlia undicenne si trova a essere l'unico testimone che potrebbe scagionarlo. Il giudice le chiede se il padre sapeva della gravidanza e lei, mentendo per salvarlo, nega.
 
A questo punto il processo minaccia di protrarsi per anni: Simin cerca di accordarsi con la famiglia dei querelanti e offre - per chiudere la causa - una compensazione economica consistente, che viene accettata tra molte proteste. Anche Nader, apparentemente, accetta di pagare per trarsi d'impaccio. Ma, al momento di firmare gli assegni, chiede a Razieh di giurare sul Corano, di fronte alla famiglia e ai parenti, che è sicura di aver abortito a causa della sua spinta. Razieh si spaventa e confessa al marito che non può giurare perché ha dei dubbi. Il giorno in cui ha inseguito in strada il vecchio malato, una macchina l'ha colpita e - da quel momento - ha avuto forti dolori al ventre. Si rifiuta di giurare perché teme che il peccato di spergiuro possa danneggiare la sua bambina. Houjat impazzisce, inizia a schiaffeggiarsi violentemente la faccia, a urlare e minacciare. Il parabrezza dell'auto di Nader viene sfondato. La famiglia rientra a casa ma non per riprendere la vita come prima.