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Poco dopo verranno a sapere che è stata ricoverata in ospedale, le hanno asportato un rene e ha perso il bambino. Il marito, Houjat, scopre solo adesso che la moglie aveva preso servizio da Nader. È un disoccupato, in cura da un anno per gravi stati depressivi, non ha soldi e i creditori lo perseguitano. Si rivela subito violento. Devono portarlo fuori a forza, minaccia la coppia e se la prende anche con la moglie che non lo ha consultato.
Nader viene accusato di omicidio visto che, in Iran, il feto di quattro mesi è considerato a tutti gli effetti un essere umano. Davanti al giudice si svolge uno scontro tra le due famiglie: Razieh e Houjat sono più poveri e ignoranti di Nader e
A questo punto il processo minaccia di protrarsi per anni: Simin cerca di accordarsi con la famiglia dei querelanti e offre - per chiudere la causa - una compensazione economica consistente, che viene accettata tra molte proteste. Anche Nader, apparentemente, accetta di pagare per trarsi d'impaccio. Ma, al momento di firmare gli assegni, chiede a Razieh di giurare sul Corano, di fronte alla famiglia e ai parenti, che è sicura di aver abortito a causa della sua spinta. Razieh si spaventa e confessa al marito che non può giurare perché ha dei dubbi. Il giorno in cui ha inseguito in strada il vecchio malato, una macchina l'ha colpita e - da quel momento - ha avuto forti dolori al ventre. Si rifiuta di giurare perché teme che il peccato di spergiuro possa danneggiare la sua bambina. Houjat impazzisce, inizia a schiaffeggiarsi violentemente la faccia, a urlare e minacciare. Il parabrezza dell'auto di Nader viene sfondato. La famiglia rientra a casa ma non per riprendere la vita come prima.
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