Lisia: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Dopo la morte del padre CefaloCefaleo, agiato fabbricante di scudi [[siracusa]]no proprietario di una fabbrica al [[Pireo]] (si era trasferito ad Atene nel [[450 a.C.]], su invito di [[Pericle]]), nel [[430 a.C.]] Lisia si recò in [[Magna Grecia]] nella [[colonia (insediamento)|colonia]] di [[Thurii]], presso [[Sibari|Sybaris]], assieme al fratello [[Polemarco (filosofo)|Polemarco]]. In seguito al disastro ateniese in [[Sicilia]] durante la Guerra del Peloponneso, nel [[413 a.C.]], Lisia tornò in patria e si dedicò all'arte retorica.
 
Durante il regime dei [[Trenta Tiranni]], Lisia fuggì a [[Megara (città)|Megara]] dopo essere stato accusato di cospirazione insieme al fratello [[Polemarco (filosofo)|Polemarco]], fatto poi uccidere per tali motivi. In realtà, nonostante il non ambiguo dissenso dei due, i Trenta tiranni cercavano un pretesto per confiscare i loro beni. Restaurata la democrazia ad opera di [[Trasibulo]], nel [[403 a.C.]] Lisia tornò di nuovo ad Atene, dove cercò di rientrare in possesso degli averi sottrattigli e di ottenere la cittadinanza, ma senza successo, nonostante [[Trasibulo]] stesso avesse proposto all'assemblea di attribuirgliela per i servizi resi dall'oratore per la causa democratica, che da Megara finanziò un esercito di circa trecento mercenari per combattere i Trenta.
 
Nell'orazione ''[[Contro Eratosteneeufileto]]'', da lui pronunciata personalmente dinanzi alla corte, egli attaccò con violenza l'operato di uno dei responsabili della morte del fratello, coinvolgendo però anche [[Teramene]], all'epoca già morto a seguito di condanna e di cui Atene conservava un buon ricordo.
L'esito del processo è sconosciuto; tuttavia i suoi beni non gli furono mai restituiti e Lisia, non potendo aspirare a cariche pubbliche in quanto privo della cittadinanza, dovette adattarsi a fare il [[Logografia (retorica)|logografo]], l'oratore giudiziario su commissione.