Kundalini: differenze tra le versioni

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Da questo punto di vista, Kuṇḍalinī non è che uno dei nomi della ''śakti'', della Dea cioè: uno degli aspetti, in ultima analisi, di Dio. Così, prima di entrare nel dettaglio delle pratiche, si rivolge alla Dea Kuṇḍalinī il filosofo kashmiro [[Abhinavagupta]] (X-XI sec.), sistematore di queste tradizioni:
{{Citazione|O visione d'ambrosia immortale e suprema che splendi di luce cosciente scorrendo dalla Realtà assoluta, sii il mio rifugio. Grazie a essa ti adorano coloro che conoscono il mistico arcano.|Abhinavagupta, ''[[Tantrāloka]]'', XXIXXXVI.63; citato in Silburn 1997, p. 277.}}
 
Il passo dal ''Tantrasadbhāva'' sopra citato procede lasciando intendere che il nome Kuṇḍalinī derivi da ''kuṇḍalī'', generalmente tradotto con "ricurva"<ref>Così appunto traduce Raffaele Torella nel testo citato.</ref>, o anche con "attorcigliata"<ref>Così è tradotto in David Gordon White, ''Il corpo alchemico'', traduzione di Pasquale Faccia, edizioni Mediterranee, 2003, p. 277. Anche Lilian Silburn traduce così (Silburn 1977, ''cit.'', p. 181).</ref>: