Villa di Domiziano (Castel Gandolfo): differenze tra le versioni

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Non sappiamo se questa donazione sia stata reale o meno, forse la proprietà imperiale entrò a far parte di qualche ''[[Patrimonia|patrimonium]]'' o ''[[domusculta]]'', nuclei rurali di produzione tipici del Lazio altomedioevale: ma di certo la villa imperiale dell<nowiki>'</nowiki>''Albanum'' cadde in abbandono. La villa divenne cava di marmi e materiali da costruzione, sorte analoga a quella di altri edifici antichi: sappiamo per certo che i suoi marmi nel [[XIV secolo]] furono utilizzati per costruire e rivestire il [[Duomo di Orvieto]].<ref name=notavat/>
 
L'uso dei marmi della villa per la costruzione della cattedrale orvietana è stato studiato da Luigi Fumi in una pubblicazione del [[1891]]: "Il duomo di Orvieto e i suoi restauri".<ref name="notalan">{{cita web|url=http://www.archive.org/stream/storiadegliscavi01lanciala/storiadegliscavi01lanciala_djvu.txt|titolo=Rodolfo Lanciani, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, Roma, Loescher, 1902|accesso=03-10-2011}}</ref> In pratica gli allora feudatari del luogo, i [[Savelli (famiglia)|Savelli]], nel [[1321]] diedero l'autorizzazione a smantellare le strutture della villa:<ref name=notalan/> i lavori di distruzione durarono 36 giorni. I marmi raccolti furono imbarcati allo scalo di ponte Fratto sulla [[via Ostiense]], alla confluenza tra le Acque Salvie ed il [[fiume Tevere]],<ref name=notalan/> e portati via fiume fino ad [[Orvieto]]. Dagli atti dell'epoca si delinea un vero e proprio business dietro lo smantallamentosmantellamento di questi monumenti: [[Rodolfo Lanciani]] trasse spunto da questi attenti studi del Fumi per ricavarne un ''exemplum'' sul riutilizzo dell'immenso materiale marmoreo e lapideo dei monumenti antichi di Roma e dei suoi dintorni.<ref name=notalan/>
 
Intorno al [[X secolo]] un antico ninfeo della villa, inglobato in epoca severiana nel complesso dei ''Castra Albana'' e riadattato ad impianto termale, fu consacrato ad uso religioso: nacque il [[santuario di Santa Maria della Rotonda]], oggi venerato luogo di culto di Albano, ospitato nel singolare edificio di età domizianea noto -appunto- come "la Rotonda".<ref>''Vedi anche [[Santuario di Santa Maria della Rotonda]]''.</ref>
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==== Il criptoportico ====
[[File:Castel-Gandolfo-Cryptoporticus.JPG|thumb|I resti del criptoportico nel Giardino della Villa Barberini]]
Il criptoportico che sosteneva il secondo ripiano oggi è amputato alla lunghezza di 120 metri,<ref name="notacoarcrip">{{Cita|Coarelli|p. 76}}</ref><ref name="notacripto">{{Cita|Lugli 1920|pp. 57-59}}</ref> ma in origine correva in direzione nord-sud (parallelo dunque al viale dei ninfei, ma ad un livello inferiore) per tutta la lunghezza del ripiano fin sotto al piazzale del teatro.<ref name=notacripto/> L'ambiente è largo 7.45 metri,<ref name=notacoarcrip/> coperto da una [[Muro portante|volta a sacco]] rinforzata con anelli in [[opera laterizia]].<ref name=notacripto/> La volta era rivestita con [[lacunari]] in [[stucco]], di cui rimane qualche traccia.<ref name=notacripto/><ref>{{Cita|Nibby|p. 97}}</ref> Il lato verso est è ricavato in parte dalla roccia stessa, mentre quello verso ovest è scanzionatoscansionato da finestroni che servono a dare luce all'ambiente: il Lugli nota con ammirazione come, per simmetria, ad ogni finestrone corrisponda una nicchia sull'altro lato.<ref name=notacripto/> Il pavimento antico era circa un metro e mezzo più basso del piano di calpestìo attuale.<ref name=notacripto/>
 
Pare appurato che verso questo criptoportico convergessero i diverticoli di accesso alla villa provenienti dalla via Appia,<ref name=notacripto/> e che perciò questo ambiente fosse una sorta di lunga ''via tecta''.<ref name=notacoarcrip/> All'estremità nord del criptoportico è stata collocata la statua di Polifemo rinvenuta nel ninfeo del Bergantino sulla riva del lago.<ref name=notacoarcrip/>