Giuliana di Norwich: differenze tra le versioni

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{{Citazione|Sono io, la forza e la bontà della paternità; sono io, la sapienza e la dolcezza della maternità; sono io, la luce e la grazia che è ogni amore benedetto; sono io, la Trinità; sono io, l'Unità; sono io, la sovrana Bontà di ogni specie di cosa; sono io che ti spingo ad amare; sono io che ti spingo a desiderare; sono io l'infinito compimento di ogni vero desiderio.|''Rivelazioni'', cap. 59}}
 
In lei l'aspetto femminile e materno di Dio ha una notevole importanza, e per questo Giuliana ha un posto speciale nella teologia [[mistica]] di tutti i tempi. Secondo Giuliana, Dio è sia nostro padre che nostra [[Maternità di Dio|madre]] (quest'idea venne sviluppata anche da [[Francesco d'Assisi]] nel XIII secolo). Questa convinzione di Giuliana ha dato adito a diverse controversie. Alcuni studiosi pensano che si tratti più che altro di una [[metafora]], piuttosto che di un'effettiva convinzione o di un [[dogma]]. Nella quattordicesima rivelazione, Giuliana descrive la [[Santissima Trinità (cristianesimo)|Trinità]] in termini familiari, paragonando Gesù a una madre saggia, amorosa e misericordiosa. Frances Beer asserisce che Giuliana crede che l'aspetto materno di Cristo sia ''letterale'' e non metaforico: Cristo non è come una madre, egli è letteralmente ''la madre''.<ref>Frances Beer, 1992 p. 152</ref> Giuliana è convinta che il ruolo della madre sia il più autentico di tutti i ruoli sulla terra. Ella sottolinea ciò spiegando come il legame tra madre e figlio sia la relazione terrena che più si avvicina al rapporto che una persona può avere con Gesù.<ref>Frances Beer, 1992 p. 155</ref> Ella collega inoltre Dio con la maternità nel significato di ''"fondamento della creazione della nostra natura"'', di ''"assunzione della nostra natura, il che fa iniziare la maternità della grazia"'' e di ''"maternità nell'operare"''.<ref>Giuliana di Norwich, ''Libro delle rivelazioni''. Milano, Áncora, 2003 pp. 253 ss.</ref> Giuliana scrive anche collegando metaforicamente Gesù con il concepimento, l'allattamento, le doglie del parto e l'educazione, ma lo vede comunque anche come un fratello. Nel capitolo 61 delle Rivelazioni, Giuliana fa una serie di paragoni in cui mostra come il rapporto tra Gesù e noi sia molto più ricco e più intimo di quello tra noi e nostra madre: Gesù, infatti, ''"non ci genera al dolore e alla morte, ma alla gioia e alla vita eterna, non ci nutre con il latte, ma con se stesso, [...] con una tenerezza infinita ci segue in tutte le fasi della nostra crescita spirituale. Perfino il suo lasciarci cadere nel peccato è un segno di benevola attenzione, sia perché questo non lo allontana da noi né diminuisce il nostro valore ai suoi occhi, sia perchèperché il peccato ha pure dei risvolti positivi: ci mantiene nell'umiltà e nella mitezza, e ci fa consapevoli, appunto, dell'indefettibile amore di Dio, con il che nasce in noi la voglia di correre a rifugiarci in grembo a nostra Madre, come fa un bambino quando è inquieto o spaventato."''<ref>Pezzini, 2003 pp. 73 ss.</ref><ref>''Libro delle Rivelazioni'', 2003 pp. 259 ss.</ref>
 
==Riferimenti moderni e venerazione==