Galleria Principe di Napoli: differenze tra le versioni

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==Storia: dalle fosse del grano al nuovo quartiere==
La zona dove sorge la galleria era occupata sin dalla fine del [[XVI secolo]] dalle cosiddette ''fosse del grano'', cioè il deposito granario della città. Questo era formato da un primo deposito che dal [[1587]], grazie all'intervento dell'architetto figlio d'arte [[Giulio Cesare Fontana]], contava ventidue cisterne (le ''fosse'') edacché daerano solo due; in seguito fu aggiunto un secondo deposito più semplice, costruito nei primi delnel [[XVII secolo1608]]. La loro architettura era estremamente grossolana, non essendo importante le forma per il fine della struttura.
 
Il declino delle fosse del grano cominciò ai primi del [[XIX secolo]], così la struttura fu adibita come prigione, deposito e caserma militare. Nel [[1848]], in occasione delle novità liberali, fu suggerita la loro demolizione in luogo della sede del nuovo Parlamento, ma l'idea rimase tale.
 
Nel [[1852]] [[Gaetano Genovese]], architetto municipale, propose la demolizione delle fosse del grano per permettere il prolungamento di via Toledo fino al palazzo del Museo. La proposta ebbe seguito, infatti furono avviati i lavori di demolizione degli edifici della zona, fu abbattuta anche la [[porta di Costantinopoli]] nel [[1853]] e fu aperta il [[30 maggio]] dello stesso anno la salita delle Fosse del Grano (attuale via Pessina), ma dopo una fase di attività, anche per quanto riguarda i progetti, i lavori furono interrotti nel [[1856]], forse con il determinante influsso del [[chiesa di Santa Maria di Costantinopoli (Napoli)|convento di Santa Maria di Costantinopoli]], che risultava coinvolto in quanto veniva intaccato il suo giardino. Fino alla caduta del regno borbonico ci furono alcuni vani tentativi di riprendere l'impresa, con la presentazione di altri progetti.
 
Con l'Unità viene presentato un progetto di ricostruzione dell'area da parte degli architetti [[Nicola Breglia]] e [[Giovanni De Novellis]], i quali nel [[1863]] fecero risistemare la salita della Fosse del Grano, che assunse il nome di ''via Museo Nazionale'' (attuale via Pessina), mentre per la ricostruzione edilizia si palesarono subito varie difficoltà a procedere per via di molte opposizioni. I due architetti così presentarono nel [[1868]] un nuovo progetto, che ricalca l'impianto urbano tra il Museo e piazza Dante che ancora oggi sussiste. Ottenuto il via libera, i lavori cominciarono. Fu aperta anche via Bellini, che fu fatta terminare a sud dinanzi il [[palazzo Rinuccini (Napoli)|palazzo Rinuccini]], proprietà del barone Tommasi, uno dei più recalcitranti alle trasformazioni che in un primo momento vedevano coinvolto il suo palazzo.