Assurdo: differenze tra le versioni

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===Nell'antichità===
L'assurdo è stato oggetto della storia del pensiero in varie forme: con [[Parmenide]] nella [[filosofia del linguaggio]] quando mette in evidenza l'assurdità di certe espressioni linguistiche che pure il senso comune adopera normalmente come sensate. Infatti è logico pensare che nominare una cosa che non abbia realtà sia un assurdo eppure, ad esempio, noi parliamo sia di luce che di buio non riflettendo sul fatto che il buio sia un'assenza di realtà, una mancanza della realtà della luce, quindi un non essere che non esiste e che non può essere pensato poiché solo l'essere è.
{{Quote|Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità); l'altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo... Infatti lo stesso è pensare ed essere. <ref>Parmenide, [[Sulla natura (Parmenide)|''Il poema sulla natura'', o ''Della natura'']]; II, III</ref>}}
 
Anche nella tradizione [[Esoterismo|esoterica]] della [[Misticismo|mistica]] [[Ebraismo|ebraica]] sviluppatasi in [[Europa]] a partire dal [[VII secolo|VII]]-[[VIII secolo]].<ref>Cfr. G. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', Schocken Books (1995), VI Lezione, pp.119-126.</ref> compare nella [[Cabala]] la considerazione dell'assurdo di fronte all'impossibilità di raggiungere la verità con la ragione.
{{Quote|[...] quanto più queste soluzioni sono incomprensibili tanto più alto è il loro rango, finché tu giungi all'attività di una forza che non sottostà più al tuo controllo ma piuttosto è essa stessa che tiene sotto controllo il tuo intelletto e il tuo pensiero. <ref> [[Gershom Scholem]], ''Le grandi correnti della mistica ebraica'', Einaudi, 1997 in Angela Cerinotti, ''Ebrei'', Giunti Editore, 2003 p.69</ref>}}
 
La riflessione sull'assurdo porta il pensiero [[Rinascimento|rinascimentale]] alla convinzione che sia possibile il disvelamento dei segreti della natura, del mistero, l'apparente assurdo, incomprensibile agli occhi dei profani appare chiaro ai veri sapienti: la cabala, l'ars inveniendi, la lingua sapienziale, la [[gematria]], sono gli strumenti di quei poteri magici che permettono all'uomo di dominare l'assurdo.
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L'assurdo non implica la non esistenza: infatti può rappresentare una realtà costituita da riflessioni e sentimenti che incidono pesantemente sul senso del vivere e della realtà, così come è stato evidenziato dalle cosiddette "filosofie dell'assurdo" che criticano la caoticità e l'assenza di senso e quindi l'irrazionalità della vita stessa.<ref>Maurizio Pancaldi,Mario Trombino,Maurizio Villani, ''Atlante della filosofia: gli autori e le scuole, le parole, le opere'', Hoepli editore, 2006, p.461</ref>
 
La considerazione dell'assurdo costituisce l'argomento fondamentale dell'[[irrazionalismo]] [[ontologia|ontologico]] che va distinto da quello [[gnoseologia|gnoseologico]]: questo infatti giudica la complessità della realtà tale da sfuggire alla conoscenza razionale per cui bisogna affidarsi all'[[intuizione]] o alla [[fede]] o ad altre forme immediate, dirette, di conoscenza; quello ontologico, invece, considera la realtà stessa nella sua essenza irrazionale e la vita dell'uomo dominata dal [[caso]], dall'imprevedibilità da quell'assurdo che è espressione della crisi del mondo attuale.
 
L'accettazione dell'assurdo dell'esistenza ha comportato pesanti conseguenze nel pensiero del secolo XX:
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*la ricerca di nuovi valori da sostituire ai precedenti.<ref>Ubaldo Nicola, ''Atlante illustrato di Filosofia'', Giunti Editore, 1999, pp.460-461</ref>
 
Un irrazionalismo ontologico, che coinvolge anche la gnoseologia <ref>Per esempio Giuseppe Rensi ha sostenuto che siccome la filosofia ha una storia che si snoda nel tempo, ciò significa che un pensiero vero e unico non può esistere e che perciò nel suo procedere ed evolvere la speculazione filosofica nega continuamente sé stessa (In [http://www.filosofico.net/rensi.htm Filosofico.net])</ref>, è quello della "filosofia dell'assurdo" di [[Giuseppe Rensi]] <ref>[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/r/rensi/la_filosofia_dell_assurdo/pdf/rensi_la_filosofia_dell_assurdo.pdf G.Rensi, ''La filosofia dell'assurdo'',ed. Adelphi, Milano 1991] </ref> che partendo da una sua personale convinzione «che è insieme assunto teorico e doloroso precipitato della sua esperienza personale: la persuasione amarissima e al tempo stesso sbandierata e assaporata con acido compiacimento che il mondo e la realtà siano intrinsecamente dis-ordinati, costitutivamente sconvolti e stravolti, infettati ''radicitus'' da un male che è anzitutto irrazionalità e quasi derisoria assurdità.» <ref>Marco Fortunato in G. Rensi, ''Frammenti di una filosofia dell'errore e del dolore, del male e della morte'', Orthotes editrice, 2011, p.10</ref>
 
==Nella letteratura==
Nella letteratura l'assurdo è stato usato con contrastanti significati: [[Sartre]] e [[Camus]] ad esempio, nei loro romanzi e opere teatrali hanno trattato dell'assurdo implicito nell'esistenza dell'uomo in forme letterarie classiche, non diverse da quelle utilizzate da altri autori: la loro, e fra questi anche [[James Joyce]] e [[Franz Kafka]] <ref>
{{cita pubblicazione |quotes= |cognome=Yan-li |nome=Gong |linkautore= |coautori= |anno=2008 |mese= |titolo=On the Absurdity of Kafka's Works from Transformer |rivista=Journal of Yunyang Teachers College |editore= |città= |volume= |numero= |pagine= |id= |url= |lingua= |accesso= |abstract= }}</ref>, è una trattazione logica dall'esterno dell'assurdo.
 
Nell'opera di [[Eugène Ionesco]] e [[Samuel Beckett]], invece, l'autore si cala all'interno dell'assurdità, «la riflessione è montata con la forma» <ref>[[Theodor Wiesengrund Adorno]], ''Trying to Understand Endgame'' (Un tentativo di interpretazione di "Finale di partita") [1961], ''The New German Critique'', no. 26, (Spring-Summer 1982) pp.&nbsp;119–50. In ''The Adorno Reader'' ed. Brian O'Connor. Blackwell Publishers. 2000; trad. italiana di Giacomo Manzoni, in Samuel Beckett, ''Teatro completo'', cit., pp.&nbsp;658–94 e in Sergio Colomba (a cura di), ''Le ceneri della commedia'', Bulzoni, Roma 1997, pp.&nbsp;15–56</ref> annullando così ogni tentativo logico di comprensione per cui al lettore non rimane che accettare interamente il non-senso.
 
L'assurdo comico inteso come riferimento artistico del rifiuto del reale e come capacità di "giocare" col linguaggio per creare situazioni surreali paradossali ha trovato corrispondenza in diversi autori come [[Lewis Carroll]] che, pur esperto di logica e matematica <ref>Produzione meno nota di Carrol è, certamente, quella che riguarda la sua passione per la [[logica]] e per la [[matematica]]. Con il suo vero nome fece pubblicare una serie di trattati di logica di cui si ricordano, tra gli altri, ''[[Euclide]] e i suoi rivali moderni'' ([[1879]]), ''Il gioco della logica'' ([[1887]]), ''Che cosa disse [[Paradosso di Achille e la tartaruga|la tartaruga ad Achille]]'' ([[1894]]) e ''La logica simbolica'', pubblicato nel [[1894]].</ref>, con il romanzo ''[[Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò]]'' (1871), fa una parodia della logica divertendosi a capovolgere ogni senso comune della realtà. <ref>{{cita pubblicazione |quotes=no |cognome=Levin |nome=Harry |linkautore= |coautori= |anno=1965 |mese=autunno |titolo=Wonderland Revisited |rivista=The Kenyon Review |editore= |città= |volume=27 |numero=4 |pagine=591-616 |id= |url=http://www.jstor.org/discover/10.2307/4334590?uid=3738296&uid=2&uid=4&sid=47699110334627 |lingua=inglese |accesso= |abstract=x }}</ref>.
Fra gli autori che hanno apertamente dichiarato di considerare ''Alice'' una fonte di ispirazione per le loro opere si possono ricordare James Joyce e [[Jorge Luis Borges]]
 
In Italia, massimo rappresentante dell'assurdo comico è [[Dario Fo]] il cui «moralismo, capace di autentica indignazione, è comunque travestito di regola nelle forme del grottesco, del paradosso, dell'assurdo.» <ref>Marina Cappa, Roberto Nepoti, ''Dario Fo'', Gremese Editore, 1997, p.12 </ref>
 
==Note==