Sistema monetario europeo: differenze tra le versioni

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Il '''sistema monetario europeo''', detto anche '''SME''', entrato in vigore il 13 marzo [[1979]] e sottoscritto dai paesi membri dell’allora [[Comunità Europea]] (ad eccezione della [[Gran Bretagna]], entrata nel [[1990]]), costituì un accordo per il mantenimento di una parità di cambio prefissata (stabilita dagli [[Accordi europei di cambio|Accordi di cambio europei]]), che poteva oscillare entro una fluttuazione del ±2,25% (del ±6% per [[Italia]], Gran Bretagna, [[Spagna]] e [[Portogallo]]), avendo a riferimento una unità di conto comune (l'[[Unità di conto europea|ECU]]), determinata in rapporto al valore medio dei cambi del [[paniere]] delle divise dei paesi aderenti. Lo Sme fu preceduto dal "[[serpente monetario |serpente monetario europeo]]", costituito nel [[ 1972]], che si sciolse due anni dopo con l'uscita di [[Francia]] e Italia.
 
Nel caso di eccessiva [[rivalutazione]] o [[svalutazione]] di una moneta rispetto a quelle del paniere, il governo nazionale doveva adottare le necessarie politiche monetarie che ristabilissero l'equilibrio di cambio entro la banda. Il sistema prescriveva inoltre che ogni Stato membro conferisse a un fondo comune il 20% delle [[Riserva monetaria|riserve]] in [[valuta]] e in [[oro]]. Lo Sme fu istituito su impulso del [[Presidente della Repubblica francese|presidente]] [[francia|francese]] [[ Valéry Giscard d'Estaing|Giscard d'Estaing]] e dal [[Cancellieri della Germania|cancelliere]] [[Germania|tedesco]] [[Helmut Schmidt]]; venne concepito alla luce del decennio precedente caratterizzato da una forte [[inflazione]] in [[Europa]] e nei paesi [[Occidenteemisfero occidentale|occidentali]], con la volontà di garantire la stabilità dei cambi. Cessò di esistere il 31 dicembre [[1998]], con la creazione dell’[[Unione economica e monetaria]].
 
Lo Sme, in seguito alle turbolenze che nel [[1992]] avevano colpito il meccanismo di cambi (e avevano portato all'uscita di Gran Bretagna e Italia), fu revisionato nel [[1993]] con l'allargamento degli [[Accordi europei di cambio]], che portarono ad un innalzamento dei margini di oscillazione della valuta fino al ±15%, un maggiore coordinamento delle politiche monetarie, e l’ulteriore liberalizzazione dei movimenti di capitale. Fu inoltre costituito nel 1994 l’[[Istituto monetario europeo|Istituto Monetario Europeo]], con sede a [[Francoforte]], antenato della [[Banca centrale europea]].
==Storia==
L'influenza del [[Keynesismo|pensiero keynesiano]] aveva guidato il dibattito della [[conferenza di Bretton Woods]] nel [[1944]]. Il sistema di regole partorito nell'incontro (dal quale si disse che [[John Maynard Keynes|Keynes]]<ref>questi aveva proposto nel 1942 la creazione di una unione di compensazione internazionale per il riaggiustamento delle bilance di pagamento attraverso un'unità di conto comune, il ''bancor''</ref> uscì ad ogni modo sconfitto), pur consentendo la libera circolazione dei capitali, attribuiva ai paesi la possibilità di un controllo in via amministrativa dei flussi e favoriva la gestione autonoma della [[politica monetaria]] (attraverso il [[rialzo]] o la [[riduzione]] dei [[tassi di interesse]]), pur lasciando ancorate le monete alla valuta di riferimento del [[ dollaro]] (a sua volta legato all'[[oro]]), puntando al raggiungimento della [[piena occupazione]] da parte degli stati aderenti.
 
Il sistema monetario europeo voleva invece realizzare un mercato finanziario unico, con libera circolazione di capitali (nel [[1990]] l'[[Italia]] dichiara la libera circolazione dei capitali), e creare uno spazio finanziario al cui interno fosse stabilito un [[tasso di cambio]] rigido (nominale, mentre quello reale, legato all'[[inflazione]], rimaneva profondamente squilibrato trai vari paesi). Non era più possibile quindi sostenere la [[Domanda aggregata|domanda]] globale da parte degli stati (attraverso politiche monetarie espansive), venendo anche accantonato l'obiettivo del pieno impiego. Gli stati erano obbligati a recepire il saggio di cambio dai vincoli esterni e l'equilibrio finanziario prevaleva sul progetto keynesiano del perseguimento delle politiche fiscali espansive ai fini dell'abbattimento della [[disoccupazione]]. In questa situazione sebbene le importazioni di capitali consentissero di bilanciare il conto della [[Bilancia dei pagamenti|partite correnti]], ciò avveniva a costo di un forte rialzo dei tassi di interesse, sia sul [[debito pubblico]], sia sul debito contratto dai soggetti privati, deprimendo gli [[investimenti]] e di conseguenza l'[[occupazione]].