Miklós Jancsó: differenze tra le versioni

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''I disperati di Sandór'' (''Szegénylegények'', [[1964]]), primo film della trilogia, rivela Jancsó al pubblico internazionale. Ambientato nel [[1848]], durante la repressione dei moti guidati da [[Sándor Petőfi]], è una gelida riflessione sui temi della violenza e della ribellione. ''[[L'armata a cavallo]]'' (''Csillagosok, katonák'', [[1967]]), ambientato nella [[Repubblica Russa]] all'alba della [[Rivoluzione russa|Rivoluzione]], radicalizza ulteriormente il suo stile facendo a meno di una trama convenzionale e aumentando la complessità delle coreografie. Il terzo film, ''Silenzio e grido'' (''Csend és kiáltás'', [[1968]]), è ambientato nel [[1919]] durante la repressione della [[Repubblica sovietica ungherese|Repubblica dei consigli]] da parte dell'ammiraglio [[Miklós Horthy|Horty]], adatta l'usuale messa in scena della violenza repressiva a un contesto individuale (anche se estremamente ellittico e privo delle convenzionali motivazioni psicologiche) mettendo in scena l'ambiguo rapporto tra un contadino, i suoi familiari e un ufficiale controrivoluzionario che lo sfrutta per scovare i comunisti.
 
Nel [[19681969]] Jancsó abbandona temporanemanete l'ambientazione storica per girare ''Venti lucenti'' (''Fényes szelek''), ispirato alla contestazione studentesca che sta scuotendo l'Europa. In seguito il film sarà adattato in uno spettacolo teatrale di successo. Nello stesso anno conosce la giornalista e sceneggiatrice italiana [[Giovanna Gagliardo]], che diventerà sua collaboratrice e compagna di vita.
 
L'anno successivo torna ai suoi moduli più abituali con una quadrilogia dedicata alle origini ideologiche del fascismo. ''Scirocco d'inverno'' (''Téli sirokkóSirokkó'', [[1969]]) ricostruisce l'attentato del [[1934]] contro il re [[Alessandro I di Jugoslavia]] da parte di un gruppo di [[ustascia]]. ''Agnus dei'' (''Égi bárány'', [[1970]]) torna a raccontare la repressione del regime di Horty. Nel [[1970]] si trasferisce a [[Roma]] insieme alla Gagliardo, con cui realizza ''La pacifista'', un tentativo (unanimamente considerato poco riuscito) di adattare la messa in scena stilizzata che gli è tipica con i moduli del cinema politico italiano. Gira poi per la [[RAI]] ''La tecnica e il rito'' ([[1971]]), in cui [[Attila]] incarna sia il compito ideologico e intellettuale del potere sia il suo ruolo repressivo e violento.
 
===Gli anni settanta===