Marina bizantina: differenze tra le versioni

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[[File:Byzantine imperial flag, 14th century.svg|thumb|right|Vessillo della Marina Bizantina]]
[[File:Byzantinische Dromone.PNG|thumb|300pxupright=1.4|Il [[dromone]] [[bizantino]], era la nave più pesante della flotta bizantina, questa nave era capace di trasportare fino a 300 uomini; 230 cavalieri e 70 marinai.]]
La '''marina bizantina''' fu un punto di forza per la difesa dell'[[impero bizantino]], soprattutto per la capitale, [[Costantinopoli]]; punto di grande forza delle navi bizantine era anche l'uso del [[fuoco greco]]; la marina bizantina rimase attiva nei suoi compiti fino alla fine dell'impero, ossia fino al 29 maggio [[1453]]. La marina bizantina era attiva, come anche l'[[esercito bizantino]], dal 5 maggio ([[San Giorgio]]) al 26 ottobre ([[San Demetrio]]).<ref>Fernand Braudel, ''Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II'' voume primo, Piccola biblioteca Einaudi, 2002, Torino. p. 257.</ref>
 
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=== Periodo iniziale ===
==== Guerre civili e invasioni barbariche: il IV e il V secolo ====
[[File:Shepherd 526-600.jpg|thumb|250px|Dal tardo V secolo, il mediterraneo occidentale era caduto in mano a [[regni romano-barbarici]]. Le conquiste di Giustiniano I ripristinarono il controllo romano su quasi l'intero mare, che sarebbe durato fino alle conquiste islamiche di metà/fine VII secolo.]]
 
La marina militare bizantina, come l'Impero romano d'Oriente/bizantino stesso, era una continuazione dell'[[Impero romano]] e delle sue istituzioni. Dopo la [[Battaglia di Azio]] nel 31&nbsp;a.C., in assenza di ogni minaccia esterna nel Mediterraneo, la [[Marina militare romana|flotta militare romana]] si limitò a incarichi per lo più di polizia e di scorta. Le grandi battaglie marittime, come quelle combattute nelle [[guerre romano-puniche|guerre puniche]], non si verificarono più almeno fino al V secolo, e le flotte romane erano all'epoca composte da vascelli relativamente piccoli, meglio adatti ai loro nuovi compiti. All'inizio del IV secolo, le flotte romane permanenti si erano ridotte, per cui quando le flotte degli imperatori rivali [[Costantino I]] e [[Licinio]] [[Battaglia dell'Ellesponto|si scontrarono nel 324&nbsp;d.C.]],<ref name="AD 323">{{harvnb|Norwich|1990|pp=48–49}}</ref> esse erano composte in gran parte di navi appena costruite o requisite dalle città portuali del Mediterraneo orientale.<ref name="Casson213">{{harvnb|Casson|1991|p=213}}</ref> Le guerre civili del IV e di inizio V secolo, tuttavia, stimolarono una ripresa dell'attività navale, con flotte per lo più impiegate a trasportare armate.<ref>{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=7}}</ref> Considerevoli forze navali continuarono ad essere impiegate nel Mediterraneo occidentale lungo il primo quarto del V secolo, specialmente dal Nord Africa, ma la supremazia di Roma sul Mediterraneo fu sfidata quando l'Africa fu invasa e saccheggiata dai [[Vandali]] nel giro di quindici anni.<ref>{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=8}}</ref>
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==== L'emergere della minaccia navale araba ====
{{Vedi anche|Guerre arabo-bizantine}}
[[File:Byzantine-Arab naval struggle.png|thumb|right|250px|Mappa delle principali battaglie e operazioni arabe nel Mediterraneo nel corso delle guerre arabo-bizantine, VII–XI secolo.]]
 
Negli anni 640, la [[espansione islamica|conquista islamica]] di [[conquista musulmana della Siria|Siria]] e dell'[[conquista musulmana dell'Egitto|Egitto]], strappate a Bisanzio, determinò l'emergere di una nuova minaccia per Bisanzio. Non solo gli Arabi avevano conquistato zone strategicamente importanti sia per il gettito fiscale che per il potenziale di reclutamento che esse fornivano, ma avevano deciso, per prevenire ulteriori attacchi bizantini dal mare, di costruire una flotta potente in grado di poter respingere le incursioni della flotta bizantina, che si era rivelata particolarmente pericolosa per gli Arabi, come aveva dimostrato l'effimera riconquista bizantina di [[Alessandria]] nel 644/645. In questo tentativo la nuova élite musulmana, che proveniva dall'entroterra della parte settentrionale della penisola arabica, fece affidamento in larga misura sulle risorse e sulla manodopera dell'appena conquistata [[Siria]] ed Egitto (soprattutto i [[Copti]] dell'Egitto), che fino ad alcuni anni prima avevano fornito navi ed equipaggi ai Bizantini.<ref name="Campbell9-10">{{harvnb|Campbell|1995|pp=9–10}}</ref><ref name="Galley91" /><ref>{{Harvnb|Casson|1995|p=154}}</ref> Vi è, tuttavia, evidenza che nelle nuovi basi navali nella Palestina vennero impiegati anche costruttori di navi provenienti dalla Persia e dall'Iraq.<ref name="Nicolle47">{{harvnb|Nicolle|1996|p=47}}</ref> La mancanza di illustrazioni antecedenti al XIV secolo indica che nulla è noto sulle caratteristiche delle prime navi di guerra musulmane, sebbene si assumi generalmente che i loro tentativi di costruire una potente flotta abbiano tratto ispirazione dall'esistente tradizione marittima mediterranea. Data una largamente condivisa nomenclatura nautica, e le interazioni durate per secoli interi tra le due culture, le navi bizantine e quelle arabe condividevano molti punti in comune,<ref name="Galley98">{{harvnb|Gardiner|2004|p=98}}</ref><ref>{{harvnb|Pryor|1988|p=62}}</ref><ref>{{harvnb|Nicolle|1996|p=87}}</ref> anche per quanto riguarda la tattica e l'organizzazione generale delle flotte; le traduzioni dei [[manuali militari bizantini]] erano disponibili agli ammiragli arabi.<ref name="Galley98" />
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==== Controffensiva bizantina ====
{{Vedi anche|Iconoclastia}}
[[File:Solidus-Leo III and Constantine V-sb1504.jpg|thumb|right|250px|L'Imperatore [[Leone III Isaurico]] con il figlio e successore, [[Costantino V]]. Essi ottennero diversi successi contro gli Arabi, ma determinarono lotte interne all'interno dell'Impero a causa della loro [[Iconoclastia|politica iconoclastica]].]]
 
I Bizantini non furono in grado di reagire con efficacia all'avanzata musulmana in Africa, perché tra il 695 e 715 l'Impero cadde nell'anarchia interna.<ref name="Dromon31">{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=31}}</ref> Reagirono con incursioni in oriente, come quella del 709 contro l'Egitto nel corso della quale fu catturato l'ammiraglio locale,<ref name="Dromon33" /> ma erano anche consapevoli di un futuro assalto furioso alla capitale: poiché il Califfo [[al-Walid I]] (705–715) stava preparando i suoi eserciti in vista di un rinnovato assalto alle mura di Costantinopoli, l'Imperatore [[Anastasio II (imperatore)|Anastasio II]] (713–715) preparò la capitale, e montò un vano attacco preventivo contro i preparativi navali musulmani.<ref name="Dromon31" /> Anastasio fu in breve tempo detronizzato da [[Teodosio III]] (715–717), a sua volta rovesciato da [[Leone III Isaurico]] (717–741), proprio nel momento in cui l'esercito musulmano stava avanzando attraverso l'Anatolia. Fu Leone III ad affrontare con successo il secondo e ultimo [[Assedio di Costantinopoli (717)|assedio arabo di Costantinopoli]]. L'impiego del fuoco greco, che inflisse forti danni alla flotta araba, fu di nuovo decisivo per la sopravvivenza dell'Impero, mentre una inverno molto gelido e attacchi [[Bulgari]] decimarono ulteriormente gli invasori, facendo così fallire l'assedio.<ref>{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=31–32}}</ref>
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==== Ripresa della flotta araba ====
[[File:Saracen fleet against Crete.jpg|thumb|right|250px|La flotta pirata saracena salpa in direzione di Creta. Dal [[Giovanni Scilitze|manoscritto di Madrid di Scilitze]].]]
 
Il predominio bizantino sui mari durò fino all'inizio del IX secolo, quando una serie di disastri per opera delle risorgenti flotte musulmane posero fine a questo predominio, inaugurando un'epoca che avrebbe rappresentato lo zenit dell'ascendenza musulmana.<ref>{{harvnb|Christides|1981|p=76}}; {{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=41}}</ref> Già nel 790, i Bizantini soffrirono una sconfitta importante presso il [[Golfo di Antalya]], e le incursioni navali degli Arabi contro Cipro e Creta era ricominciate durante il califfato di [[Harun al-Rashid]] (786–809).<ref>{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=41–42}}</ref> Lungo il Mediterraneo, nuove potenze stavano sorgendo, tra cui l'[[Impero carolingio]], mentre nell'803, la ''[[Pax Nicephori]]'' riconobbe l'indipendenza ''de facto'' della bizantina [[Repubblica di Venezia|Venezia]], che fu ulteriormente rafforzata dalla respinta di un attacco bizantino nell'809.<ref name="Dromon45">{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=45}}</ref> Al contempo, a [[Ifriqiya]], venne fondata la nuova dinastia degli [[Aghlabidi]], che immediatamente sferrò incursioni lungo il Mediterraneo centrale.<ref name="Dromon45" />
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==== Regno di Basilio I ====
[[File:Solidus-Basil I with Constantine and Eudoxia-sb1703.jpg|thumb|right|250px|''[[Solido (moneta)|Solidus]]'' aureo dell'Imperatore [[Basilio I il Macedone]]. Il suo potenziamento della flotta condusse ad alcuni successi contro gli Arabi e fu a lungo ricordato dai marinai, i cui forti legami di fedeltà alla dinastia macedone furono sentiti fino al regno di suo nipote, [[Costantino VII Porfirogenito|Costantino VII]].<ref>{{harvnb|Jenkins|1987|p=192}}</ref>]]
 
L'ascesa al trono dell'Imperatore [[Basilio I il Macedone|Basilio I]] (867–886) segnò la rinascita della flotta, in quanto si imbarcò in una politica estera aggressiva e, continuando l'opera del suo predecessore, [[Michele III]] (842–867), potenziò la flotta, ottenendo, di conseguenza, diverse vittorie.<ref name="Runciman151">{{Harvnb|Runciman|1975|p=151}}</ref> Nell'867, una flotta posta sotto il comando del ''droungarios tou plōïmou'' [[Niceta Ooryphas]] liberò la [[Dalmazia]] dagli attacchi arabi ristabilendo la dominazione bizantina nella zona.<ref name="AD 867">{{harvnb|MacCormick|2002|p=413}}</ref> Alcuni anni dopo, sconfisse pesantemente per due volte i pirati di Creta,<ref name="TreadgoldA457">{{harvnb|Treadgold|1997|p=457}}</ref> rendendo temporaneamente sicure le acque dell'Egeo.<ref name="Galley92" /> Cipro, inoltre, fu, anche se solo temporaneamente, recuperata e [[Bari]] occupata.<ref>{{harvnb|Treadgold|1997|p=458}}</ref> Al contempo, tuttavia, i Musulmani rafforzarono la loro dominazione in [[Cilicia]], e [[Tarso (Turchia)|Tarso]] divenne una delle basi principali da dove sferrare incursioni per terra e per mare in territorio bizantino, soprattutto durante l'emirato di [[Yazaman al-Khadim]] (882–891).<ref name="Dromon62">{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=62}}</ref>
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==== Incursioni arabe durante il regno di Leone VI ====
[[File:Sack of Thessalonica by Arabs, 904.png|thumb|right|250px|Il sacco di Tessalonica ad opera degli Arabi condotti da Leone di Tripoli nel 904, come dipinto nel manoscritto di Madrid di Scilitze. Fu la più seria di un'ondata rinnovata di incursioni piratesche delle flotte islamiche nel Mar Egeo durante il regno di Leone VI.]]
 
Malgrado i successi conseguiti sotto Basilio, nel corso del regno del suo successore [[Leone VI il Saggio]] (886–912), l'Impero fu di nuovo costretto a fronteggiare minacce serie. Al nord, scoppiò una guerra contro lo Zar bulgaro [[Simeone I di Bulgaria|Simeone]], e una parte della flotta imperiale fu adoperata nell'895 per trasportare un'armata di [[Magiari]] lungo il Danubio per [[Guerre bulgaro-ungheresi|saccheggiare la Bulgaria]].<ref>{{harvnb|Treadgold|1997|pp=463–464}}</ref> La guerra bulgara costò alcune costose sconfitte, mentre al contempo la minaccia navale araba aumentò di nuovo di intensità, con numerose incursioni che devastarono le coste del Mar Egeo. Nell'891 o nell'893, la flotta araba saccheggiò l'isola di [[Samo (isola)|Samos]] e prese prigioniero il suo ''stratēgos'', mentre, nell'898, l'ammiraglio eunuco Raghib prese prigionieri 3.000 marinai bizantini del thema dei ''Kibyrrhaiotai''.<ref name="Tougher1">{{harvnb|Tougher|1997|pp=185–186}}</ref> Queste sconfitte snudarono le difese bizantine, lasciando esposto il Mar Egeo alle incursioni delle flotte siriane.<ref name="Dromon62" /> Il primo colpo pesante giunse nel 901, quando il rinnegato [[Damiano di Tarso]] saccheggiò [[Demetrias]], mentre nell'anno successivo, [[Taormina]], l'ultima roccaforte dell'Impero in Sicilia, cadde in mano musulmana.<ref name="Dromon65" /><ref name="Tougher1" /> Il disastro più grande, tuttavia, giunse nel 904, quando un altro rinnegato, [[Leone di Tripoli]], saccheggiò l'Egeo: la sua flotta penetrò persino fino ai [[Dardanelli]], prima di procedere a [[Sacco di Tessalonica (904)|saccheggiare]] la seconda città dell'Impero, [[Tessalonica]], mentre la flotta dell'Impero rimaneva in inazione a causa della superiorità numerica della flotta araba.<ref>{{harvnb|Tougher|1997|pp=186–188}}</ref> Nel frattempo, le incursioni dei corsari di Creta crebbero di tale intensità, che, alla fine del regno di Leone, la maggior parte delle isole dell'Egeo meridionale erano o abbandonate o costrette ad accettare la supremazia musulmana e pagare un tributo ai pirati.<ref>{{Harvnb|Christides|1981|pp=82, 86–87}}</ref> Non vi è sorpresa, quindi, che nei manuali militari navali bizantini scritti durante il regno di Leone VI (''Naumachica'') sia suggerito prevalentemente un atteggiamento difensivo e cauto.<ref name="Galley92" />
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==== Riconquista di Creta e della Siria settentrionale ====
[[File:Byzantines under Nikephoros Phokas besiege Chandax.png|thumb|right|250px|L'[[assedio di Candia]], la principale roccaforte musulmana a Creta, come dipinta nel manoscritto ''Madrid Skylitzes''. Niceforo Foca condusse un'ambiziosa spedizione che riuscì a riconquistare Creta, oltre a porre fine alla minaccia piratesca musulmana nel Mar Egeo.]]
 
La ripresa della flotta imperiale mostrò i suoi primi frutti nel 942, quando l'Imperatore Romano I inviò uno squadrone nel [[Mar Tirreno]]: adoperando il fuoco greco, lo squadrone distrusse una flotta di corsari musulmani presso [[Frassineto]].<ref name="Dromon72">{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=72}}</ref> Nel 949, tuttavia, un'altra spedizione di circa 100 navi, lanciata da [[Costantino VIII|Costantino VII]] (945–959) contro l'[[Emirato di Creta]], risultò in una catastrofica sconfitta, dovuta all'incompetenza del suo comandante, [[Costantino Gongyles]].<ref name="AD 949">{{harvnb|MacCormick|2002|p=}}414</ref><ref name="Dromon71">{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=71}}</ref> Una rinnovata offensiva in Italia nel 951–952 fu sconfitta dagli Aghlabidi, ma un'altra spedizione nel 956 e la distruzione di una flotta tunisina ad opera di una tempesta nel 958 stabilizzò temporaneamente la situazione nella penisola.<ref name="Dromon72" /> In seguito a una rivolta dei Greci dell'isola, nel 963–965 una spedizione bizantina riuscì a recuperare Taormina,<ref>{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=74}}</ref> ma una sconfitta pesante bizantina subita per opera dei [[Fatimidi]] presso lo [[Stretto di Messina]] nel 965 frenò l'attività navale bizantina in Occidente.<ref name="Galley93">{{harvnb|Gardiner|2004|p=93}}</ref> Le acque dell'Italia furono affidate alla difesa delle forze bizantine locali e ai vari stati italiani fino a dopo il 1025, quando Bisanzio cominciò di nuovo ad intervenire attivamente in Italia meridionale e in Sicilia.<ref name="Galley93" /><ref name="Dromon75">{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=75}}</ref>
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=== Declino ===
==== Dinastia degli Angeli ====
[[File:PriseDeConstantinople1204PalmaLeJeune.JPG|thumb|right|250px|La [[Assedio di Costantinopoli (1204)|Caduta di Costantinopoli]] in mano crociata durante la [[Quarta Crociata]] (1204) segnò il trionfo dell'Occidente latino, e particolarmente della potenza marittima veneziana, sull'indebolito Impero bizantino.]]
 
La marina militare bizantina declinò una volta spentosi Manuele I (1180) ed, alcuni anni dopo, nel 1185, la dinastia comnena. I costi di mantenimento delle galee e di equipaggi efficienti erano molto alti, e il trascuramento della flotta sotto i successori di Manuele portò a un nuovo e rapido declino. Già nel 1182 i Bizantini dovettero ricorrere al pagamento di mercenari veneziani per arruolarli in alcune delle loro galee,<ref name="Dromon121">{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=121}}</ref> ma, nonostante ciò, ancora negli anni 1180, sono registrate ancora nelle fonti contemporanee spedizioni di 70-100 navi, in quanto il nucleo della riforma navale comnena ancora persisteva.<ref>{{Harvnb|Harris|2006|pp=128–130}}</ref>
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==== Nicea e il periodo dei Paleologi ====
{{Vedi anche|Paleologi}}
[[File:Michael VIII Palaiologos (head).jpg|thumb|right|250px|L'Imperatore Michele VIII Paleologo. Ripristinò l'Impero bizantino riconquistando Costantinopoli, e fu responsabile dell'ultima rinascita della flotta bizantina, che ritornò per breve tempo, una delle potenze navali principali.]]
 
Dopo la [[Quarta Crociata]], l'Impero bizantino fu [[Frangokratia|spartito]] tra i Crociati, mentre tre stati successori greci vennero fondati, il [[Despotato di Epiro]], l'[[Impero di Trebisonda]], e l'[[Impero di Nicea]], ognuno rivendicante il titolo imperiale bizantino. Il primo di questi non possedeva una flotta, mentre la flotta di Trebisonda era minuscola e adoperata per lo più per sorvegliare le acque e trasportare le truppe, mentre i Niceni inizialmente attuarono una politica di consolidamento ed impiegarono la propria flotta per la difesa delle coste.<ref>{{Harvnb|Macrides|2007|pp=168–169}}</ref><ref name="TrebizondNavy">{{Harvnb|Bryer|1966|pp=4–5}}</ref> Sotto [[Giovanni III Vatatze]] (1222–1254), tuttavia, fu seguita una politica estera più energetica, e nel 1225, la flotta nicena fu in grado di occupare le isole di [[Lesbos]], [[Chio (isola)|Chios]], [[Samo (isola)|Samos]], e [[Icaria]].<ref name="Nicol171">{{Harvnb|Nicol|1992|pp=166, 171}}</ref> La flotta di Nicea, tuttavia, non aveva possibilità di vincere la più potente flotta veneziana: nel corso di un tentativo di [[Assedio di Costantinopoli (1235)|bloccare Costantinopoli]] nel 1235, la flotta nicena fu sconfitta da una di gran lunga inferiore forza veneziana, e in un altro tentativo simile nel 1241, i Niceni furono di nuovo messi in rotta.<ref name="Nicol171" /> I tentativi niceni, nel corso degli anni 1230, di appoggiare una rivolta locale a Creta contro Venezia furono inoltre solo in parte vittoriosi, e le ultime truppe nicene furono costrette a lasciare l'isola nel 1236.<ref>{{Harvnb|Bartusis|1997|p=24}}</ref><ref>{{Harvnb|Nicol|1992|pp=171–172}}</ref> Consapevole della debolezza della sua marina militare, nel marzo 1261 l'Imperatore [[Michele VIII Paleologo]] (1259–1282) concluse il [[Trattato di Ninfeo (1261)|Trattato di Nymphaeum]] con i Genovesi, assicurandosi il loro aiuto in mare contro Venezia, in cambio di privilegi commerciali.<ref>{{Harvnb|Bartusis|1997|p=39}}</ref><ref name="Lane76">{{Harvnb|Lane|1973|p=76}}</ref>
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=== Periodo mediobizantino (VII secolo – 1070) ===
==== Organizzazione della flotta ====
[[File:Droysen - Oströmisches Reich.jpg|thumb|right|250px|L'Impero bizantino tra il VI e il tardo IX secolo, inclusi i temi al ca. 900. I possedimenti imperiali sparsi e isolati nel Mediterraneo erano difesi e rinforzati dalle flotte bizantine.]]
 
In risposta alle conquiste islamiche avvenute nel corso del VII secolo, l'intera struttura amministrativa e militare dell'Impero fu riformata, in particolare con la [[Thema|costituzione dei temi (''themata'')]]. In base a questa riforma, l'Impero fu suddiviso in diversi ''themata'', distretti regionali civili e militari. Sotto il comando di uno ''[[strategos|stratēgos]]'', ogni ''thema'' disponeva di un esercito locale permanente. In seguito a una serie di rivolte da parte degli eserciti tematici, sotto [[Costantino V]] i primi temi, di vaste dimensioni, furono progressivamente suddivisi in temi più piccoli, mentre al contempo fu costituito, con sede Costantinopoli o le sue vicinanze, un esercito imperiale centrale, i ''[[tagma]]ta'', con la funzione di esercito di riserva, che avrebbe da allora costituito il nerbo degli eserciti da campagna.<ref>{{Harvnb|Treadgold|1998|p=28}}; {{Harvnb|Haldon|1999|p=78}}</ref>
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==== Struttura dei ranghi ====
[[File:Seal of Niketas, commander of the Imperial Fleet.jpg|thumb|250px|right|alt=Lead seal with cross surrounded by legend on the obverse and a simple legend in the reverse|Sigillo di Niceta, ''[[magistros]]'', ''[[drungarios|droungarios]]'' e ''[[catapano|katepanō]]'' del ''basilikon ploïmon'' (fine IX secolo)]]
Sebbene i temi navali fossero organizzati allo stesso modo delle loro controparti terrestri, vi è qualche confusione nelle fonti bizantine per quanto riguarda l'esatta struttura dei ranghi.<ref name="Dromon266">{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=266}}</ref> Il termine solito per l'ammiraglio era quello di ''stratēgos'', lo stesso termine utilizzato per i generali che governavano i ''themata'' terrestri. Sotto lo ''stratēgos'' vi erano due o tre ''[[turma|tourmarchai]]'' ("Viceammiragli"), a loro volta supervisionanti un certo numero di ''[[drungarios|droungarioi]]'' ("sottoammiragli").<ref name="Dromon267">{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=267}}</ref> Fino alla metà del IX secolo, anche i governatori dei temi dell'Egeo e di Samos erano registrati come ''droungarioi'', dato che i loro comandi nacquero dalla scissione dell'originaria flotta dei ''Karabisianoi'', ma vennero successivamente promossi al rango di ''stratēgos''.<ref name="Dromon267" /> Il comandante della flotta imperiale tuttavia rimase noto come ''droungarios tou basilikou ploïmou'' (successivamente con il prefisso ''megas'', "grande").<ref>{{Harvnb|Haldon|1999|p=119}}</ref> Il suo titolo è ancora attestato in epoca comnena, anche se come comandante dello squadrone di scorta imperiale, e sopravvisse fino in epoca paleologa, venendo menzionato nella fonte del IX secolo, il ''Libro delle cariche'' dello [[Giorgio Codino|Pseudo-Codino]].<ref>{{Harvnb|Heath|1984|p=20}}</ref> La carica di deputato nota come ''[[topoteretes|topotērētēs]]'' è attestata esistere anche nella flotta imperiale, ma il suo ruolo risulta poco chiaro dalle fonti. Potrebbe essere stato una carica simile a quella di Ammiraglio di porto.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=271, note 364}}</ref> Anche se diversi di questi ufficiali di elevato rango erano uomini di mare professionisti, essendo emersi partendo dai gradi più bassi, la maggior parte dei comandanti della flotta erano alti ufficiali di corte, che potrebbero aver contato sui loro subordinati professionisti più esperti per utili consigli in caso di difficoltà.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=393}}</ref>
 
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==== Tipi di nave ====
[[File:Byzantinischer Kampfschwimmer.jpg|thumb|250px|right|Raffigurazione di una battaglia marina, da una copia del XIII secolo della ''Cynegetica'' di [[Oppiano]].]]
A partire dal X secolo, vi erano tre classi principali di navi da guerra biremi (due file di remi) di tipo dromone, come riportato negli inventari per le spedizioni cretesi del 911 e del 949: il ''[chelandion] ousiakon'' ([χελάνδιον] οὑσιακόν), così definito in quanto presidiata da un ''ousia'' da 108; il ''[chelandion] pamphylon'' ([χελάνδιον] πάμφυλον), che poteva accogliere equipaggi da 120–160 persone, il cui nome potrebbe suggerire un'origine dalla regione della [[Pamfilia]] come nave di trasporto; e il ''dromōn'' vero e proprio, comprendente due ''ousiai''.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=189–192, 372}}; {{Harvnb|Casson|1995|pp=149–150}}</ref> Nel ''De Ceremoniis'', viene riferito che il ''dromōn'' potesse accogliere fino a 230 rematori e 70 soldati di marina; lo storico navale John H. Pryor li considera equipaggi suprannumerari trasportati a bordo, mentre lo studioso greco Christos Makrypoulias suggerisce che gli uomini in più corrispondono a un secondo rematore su ognuno dei remi.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=261–262}}; {{Harvnb|Makrypoulias|1995|p=165}}</ref> Una nave più piccola e a una singola fila di remi, il ''monērēs'' (μονήρης, "a una singola fila") o ''galea'' (γαλέα), con ca. 60 uomini come equipaggio, veniva utilizzata per missioni di esplorazione ma anche nelle ali dello schieramento di battaglia.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=190}}</ref> La ''galea'' in particolare sembra essere stata fortemente associata ai Mardaiti, e Christos Makrypoulias suggerisce persino che questo tipo di nave fosse usata esclusivamente da essi.<ref>{{Harvnb|Makrypoulias|1995|pp=159–161}}</ref> Dromoni a tre file di remi ("triremi") sono descritti in un'opera del IX secolo dedicata al ''[[parakoimomenos|parakoimōmenos]]'' [[Basilio Lecapeno]]. Tuttavia, questo trattato, sopravvissuto solo in frammenti, si basa pesantemente su fonti molto anteriori che descrivevano la costruzione di un [[trireme]] classico, per cui va utilizzata con cautela perché potrebbe descrivere più le navi da guerra com'erano in età classica che non nel periodo mediobizantino.<ref name="Pryor84">{{Harvnb|Pryor|2003|p=84}}</ref><ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=284–286}}</ref> L'esistenza di vascelli triremi è, tuttavia, attestata nella marina fatimide nel XI e nel XII secolo, e riferimenti nell'opera di Leone VI a navi arabe di grande stazza nel X secolo potrebbero essere riferiti a galee triremi.<ref name="Gardiner108">{{Harvnb|Gardiner|2004|p=108}}</ref>
 
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In campagna, in seguito all'assemblea dei vari squadroni nelle basi fortificate (''[[aplekton|aplēkta]]'') lungo le coste, la flotta consisteva del corpo principale, composto dalle navi da guerra a remi, e il carico di trasporto (''touldon'') trasportato da navi a vela e da navi di trasporto a remi, che poteva essere inviato via in caso di battaglia.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=394–395}}</ref> La flotta di battaglia era suddivisa in squadroni, e venivano trasmessi ordini da una nave all'altra tramite bandiere di segnale (''kamelaukia'') e lanterne.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=396–399}}</ref>
 
[[File:Byzantines repel the Russian attack of 941.jpg|thumb|right|250px|La flotta bizantina respinge l'attacco dei Rus' a Costantinopoli nel 941. Le azioni di abbordaggio e di combattimento corpo a corpo determinarono l'esito della maggior parte delle battaglie navali del Medioevo. In questo caso i dromoni bizantini sono mostrati distruggere i remi dei Rus' con i loro speroni.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=144}}</ref>]]
 
Poco prima o durante una vera battaglia, mantenere una formazione ben ordinata era di importanza critica: se una flotta fosse caduta nel disordine, le sue navi sarebbero state incapaci di sostenersi a vicenda e la battaglia si sarebbe probabilmente conclusa con una sconfitta.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=399}}</ref> Flotte incapaci di mantenere una formazione ordinata o di disporsi in un'adeguata controformazione (''antiparataxis'') per contrastare efficacemente quella del nemico, spesso evitava, o fuggiva dalla battaglia.<ref>{{Harvnb|Pryor|2003|p=100}}; {{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=399–400}}</ref> Le manovre tattiche miravano quindi a mettere in disordine la formazione nemica,<ref>{{Harvnb|Pryor|2003|p=100}}</ref> specialmente tramite l'uso di ingegnosi stratagemmi, come il dividere le forze e compiere manovre ai fianchi, fingere la ritirata o nascondere una forza di riserva per attirare in un'imboscata il nemico.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.52–56, trad. in {{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=505–507}}</ref> Nel suo manuale di strategia, Leone VI sconsigliava apertamente un confronto diretto con il nemico, consigliando invece l'uso di stratagemmi.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.36, trad. in {{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=499}}</ref> Secondo Leone VI, la flotta doveva disporsi di norma in formazione crescente, con la nave ammiraglia al centro e le navi più pesanti alle corna della formazione, in modo da colpire i fianchi del nemico.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.52, trad. in {{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=505}}</ref> Erano poi disponibili diverse varianti e tattiche differenti, da attuare a seconda delle circostanze.<ref name="Galley98" />
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=== Armamento ===
[[File:Liquid fire granades Chania.jpg|thumb|right|250px|[[Granata (arma)|granate]] e [[piede di corvo|piedi di corvo]] di fuoco greco da Creta, datate ai X e XII secoli.]]
 
A differenza delle navi da guerra dell'Antichità, le navi bizantine e arabe non disponevano di un [[rostro (arma)|rostro]], e i mezzi principali con cui attuare il combattimento nave contro nave erano gli abbordaggi e il lancio di proietti, oltre all'uso di materiali infiammabili come il fuoco greco.<ref name="Galley99" /> Malgrado la temibile reputazione quest'ultimo, era efficace solo in certe circostanze, e non era l'arma anti-nave che il rostro era stato nelle mani di equipaggi esperti.<ref>{{Harvnb|Pryor|2003|p=96}}</ref>
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=== Fuoco greco ===
{{Vedi anche|Fuoco greco}}
[[File:Greekfire-madridskylitzes1.jpg|thumb|right|250px|Raffigurazione dell'uso del fuoco greco nel [[Giovanni Scilitze|manoscritto di Madrid di Scilitze.]]]]
 
Il "fuoco greco" è il nome dato dagli Europei Occidentali alla sostanza infiammabile usata dai Bizantini, così chiamata perché gli Europei chiamavano i Bizantini "[[Greci]]". I Bizantini stessi usavano diversi nomi descrittivi per chiamarlo, ma il più comune di essi era "fuoco liquido" (ὑγρόν πῦρ). Sebbene l'uso di sostanze incendiarie da parte dei Bizantini è attestato fin dal principio del VI secolo, si ritiene che la sostanza nota come "fuoco greco" sia stata creata nel 673 e la sua invenzione è attribuita a un ingegnere proveniente dalla Siria, di nome Callinico.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=607–609}}</ref> Il fuoco greco veniva gettato sulle navi nemiche tramite un grande [[sifone|tubo di bronzo]] (''siphōn'').<ref name="Galley99" /> In alternativa, poteva essere lanciato dentro giare lanciate da catapulte; l'uso di [[gru (trasporto)|gru]] (''gerania'') è attestato anch'eso come metodo per gettare materiale infiammabile sulle navi nemiche.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|pp=378–379}}</ref> In genere la sostanza era conservata in barili riscaldati e pressurizzati e gettata tramite il tubo da una sorta di pompa mentre i manovratori della macchina erano protetti dalla sostanza da scudi di ferro. Esisteva anche una versione portatile (''cheirosiphōn'') di quest'arma, che si narra fosse stata inventata da Leone VI, rendendola l'antesignana di un moderno [[lanciafiamme]].<ref name="Galley105">{{Harvnb|Gardiner|2004|p=105}}</ref> Le componenti della sostanza e il modo in cui veniva prodotta era segreto di stato, e le sue componenti sono solo grossolanamente supposte o descritte da fonti secondarie come [[Anna Comnena]], così che la sua composizione esatta rimane ancora ad oggi ignota. Negli effetti provocati, il fuoco greco doveva essere stato un'arma grossomodo simile al [[napalm]].<ref name="Galley99" /> Fonti contemporanee riportano che non poteva essere spento con l'acqua, ma galleggiava e continuava a bruciare sopra l'acqua; la sabbia poteva spegnerlo privandolo di ossigeno, ed alcuni autori menzionano anche l'aceto forte e vecchia urina come rimedi per spegnerlo, probabilmente per qualche sorta di reazione chimica. Conseguentemente, questi materiali vennero utilizzati per fornire protezione contro esso.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=617}}</ref>