Pensiero paolino: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
NewLibertine (discussione | contributi)
NewLibertine (discussione | contributi)
Riga 72:
Durante la sua predicazione rivolta principalmente ai pagani greco-romani, Paolo mise al centro del suo annuncio la morte e la risurrezione di Gesù, trascurando di fatto la lunga precettistica ebraica (in primis la [[circoncisione]]) che era estranea dalla tradizione religiosa pagana. Facendo questo si attirò le critiche dei giudeo-cristiani. La situazione fu formalmente risolta durante il [[Concilio di Gerusalemme]] (circa 48-49), nel quale fu stabilito che i nuovi convertiti non dovessero osservare i precetti ebraici, neanche la circoncisione, ma solo astenersi "dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia" ({{passo biblico|At15,28-29}}). La soluzione però fu tutt'altro che pacifica e diversi falchi della componente giudeo-cristiana continuarono negli anni seguenti la loro opposizione a Paolo ({{passo biblico|At21,21}}, circa 57-58).
 
La concettualizzazione teorica paolina del problema è presente principalmente nella [[Lettera ai Galati]] e ai [[Lettera ai Romani|Romani]]. Alle "opere della Legge" (cioè l'attualizzazione esteriore dei riti e precetti ebraici) Paolo contrappone la fede (cioè l'adesione interiore a Gesù Cristo morto e risorto), assegnando valore soteriologico prevalentemente a questa.
[[File:Lucas Cranach d.Ä. - Sündenfall und Erlösung (Národní galerie v Praze).jpg|thumb|right|''Legge e Grazia'', dipinto di [[Lucas Cranach il Vecchio]], [[1529]], [[Národní galerie]]]]
Il valore soteriologico della Legge viene dunque quanto meno relativizzato: "La legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo" ({{passo biblico|Gal3,24-25}}); "Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo" ({{passo biblico|Gal5,4-5}}); "Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge" ({{passo biblico|Rm3,28}}). La successiva tradizione cristiana ha accolto questa interpretazione paolina rigettando l'estesa precettistica formale ed esteriore contenuta nell'Antico Testamento (per esempio, per il cristianesimo non è necessaria la [[circoncisione]]).
 
Nel XVI secolo il tema del rapporto tra fede e opere tornò alla ribalta con la predicazione di [[Lutero]]. La vita cristiana nella [[Chiesa cattolica]] di allora era caratterizzata, come è noto, da una eccessiva attenzione posta al culto delle [[reliquie]] (che venivano talvolta considerati come oggetti magici e/o amuleti), alla venerazione dei [[santi]] (che venivano talvolta visti come semi-divinità) e alla "pia devozione" (de facto, una sorta di commercio) delle [[indulgenze]] (che potevano essere considerate come una sorta di "salvacondotta" da acquistare mentre si poteva condurre una vita dissoluta). [[Lutero]] si scagliò energicamente contro questi eccessi, considerandoli una nuova versione di "opere della Legge", mettendo al centro nuovamente l'adesione interiore del cristiano, tramite la fede, al mistero di Gesù Cristo (''[[sola fide]]''<ref>Il motto luterano ''[[sola fide]]'' trae origine dalla [[Bibbia di Lutero|sua traduzione tedesca della Bibbia]] di {{passo biblico|Rm3,28}}, dove rese "l'uomo è giustificato solamente (''allein'') per la fede", aggiungendo l'avverbio assente nel testo greco originario.</ref>). Nei cinque secoli successivi, a grandi linee, la tradizione protestante ha continuato a mettere al centro della vita cristiana la fede, intesa adesione interiore a Cristo, mentre la tradizione cattolica ha sottolineato l'importanza delle opere, intese come azioni fattive di [[carità]]. La [[Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione]] ([[Augusta (Germania)|Augusta]], 31 ottobre 1999), redatta da teologi cattolici e luterani, ha chiuso il dibattito secolare stabilendo la complementarità e non l'esclusività delle due interpretazioni.<ref>Vedi [http://www.internetica.it/augusta.htm traduzione italiana del documento]. In particolare: "Insieme confessiamo che le buone opere — una vita cristiana nella fede nella speranza e nell'amore — sono la conseguenza della giustificazione e ne rappresentano i frutti. Quando il giustificato vive in Cristo e agisce nella grazia che ha ricevuto, egli dà, secondo un modo di esprimersi biblico, dei buoni frutti" (n. 37); "La comprensione della dottrina della giustificazione esposta in questa Dichiarazione mostra l'esistenza di un consenso tra luterani e cattolici su verità fondamentali di tale dottrina della giustificazione. Alla luce di detto consenso sono accettabili le differenze che sussistono per quanto riguarda il linguaggio, gli sviluppi teologici e le accentuazioni particolari che ha assunto la comprensione della giustificazione" (n. 40).</ref>