Operazione Anello: differenze tra le versioni

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== Fortezza Stalingrado ==
{{quotecitazione|In poco più di una settimana divenne del tutto evidente che l'Armata Rossa aveva preso una tigre per la coda<ref>{{Cita|Erickson2002| p. 472|Erickson 2002 |harv=s}}</ref>}}
=== Situazione strategica fra il Don e il Volga ===
{{Vedi anche|Battaglia di Stalingrado|Combattimenti nella città di Stalingrado|operazione Urano}}
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La grande offensiva dell'Armata Rossa nel settore meridionale del fronte orientale ([[operazione Urano]]), iniziata il 19 novembre [[1942]], si concluse in pochi giorni con un grande successo: già il 23 novembre le colonne corazzate del Fronte Sud-Ovest del generale [[Nikolaj Vatutin]] e del Fronte di Stalingrado del generale [[Andrej Ivanovič Erëmenko|Andrej Erëmenko]] si congiunsero, dopo aver sbaragliato le difese tedesco-rumene a nord-ovest e a sud di Stalingrado, a [[Kalač-na-Donu|Kalač sul Don]], accerchiando tutto il raggruppamento di forze tedesche schierato sul fronte del [[Volga]] e impegnato da due mesi nella cruenta battaglia all'interno della città<ref>{{Cita|Erickson2002| pp. 464-470|Erickson 2002 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Stalingrad Encirclement it.png|thumb|right|260pxupright=1.2|Il ''kessel'' di Stalingrado; sono indicate le divisioni tedesche accerchiate e le armate sovietiche del Fronte del Don]]
 
Nella notte del 24 novembre [[Stalin]] parlò con il generale [[Aleksandr Vasilevskij]], coordinatore a nome dello [[Stavka]] delle operazioni, e sollecitò una rapida distruzione delle forze nemiche accerchiate; anche il generale [[Konstantin Rokossovskij]], comandante del Fronte del Don, e il generale Erëmenko premevano per un attacco immediato e il giorno successivo il generale Vasilevskij diramò ordini per attacchi concentrici in direzione di [[Gumrak]] per frantumare le forze tedesche nella sacca in corso di formazione. Ma questi primi attacchi non ottennero alcun risultato: le divisioni tedesche mantennero le posizioni sul Volga e contemporaneamente riuscirono a organizzare uno sbarramento a ovest, a nord e a sud che infranse subito il tentativo delle armate sovietiche<ref>{{Cita|Erickson2002| pp. 470-472|Erickson 2002 |harv=s}}</ref>. Tra il 2 dicembre e il 7 dicembre un nuovo tentativo scarsamente coordinato del generale Erëmenko e del generale Rokossovksij, sferrato dopo una direttiva del 30 novembre del generale Vasilevskij su pressione di Stalin, impaziente di distruggere le truppe tedesche accerchiate prima di organizzare nuove offensive sul [[Don (fiume russo)|Don]], venne ugualmente respinto dalla tenace resistenza della 6ª Armata<ref>{{Cita|Erickson2002-2| p. 8|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>.
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La sera del 24 novembre [[Adolf Hitler]] aveva deciso definitivamente, nonostante il parere contrario di molti generali al comando<ref>Erano favorevoli ad un immediato tentativo di uscire dalla sacca il comandante dell'armata, generale Paulus, il capo di stato maggiore, generale Schmidt, i cinque comandanti dei corpi d'armata accerchiati, generali Hube, von Seydlitz-Kurzbach, Heitz, Strecker e Jaenecke, il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Zeitzler, il comandante del [[Gruppo d'armate B]], generale von Weichs, ed il comandante della 4ª ''Luftflotte'', generale von Richthofen; in: {{Cita|Oxford2001| vol. VI, pp. 1128-1131|Oxford 2001 |harv=s}}</ref>, che le truppe tedesche accerchiate avrebbero dovuto difendere le posizioni raggiunte sul Volga, organizzare una solida difesa circolare in tutte le direzioni ed attendere il soccorso dall'esterno da parte di un nuovo raggruppamento in corso di costituzione sul [[Čir]] e l'[[Aksaj (fiume)|Aksaj]] al comando del [[feldmaresciallo]] [[Erich von Manstein]]. Nell'attesa la cosiddetta ''Festung Stalingrad'' ("Fortezza Stalingrado"), rifornita per mezzo di un continuo ponte aereo organizzato dagli aerei da trasporto della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]], doveva resistere ad oltranza<ref>{{Cita|Bauer1971| vol. IV, pp. 277-280|Bauer 1971 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Chiusura della sacca.jpg|thumb|left|220px|23 novembre [[1942]]: i comandanti sovietici festeggiano il completamento dell'[[operazione Urano]] e la chiusura della sacca]]
 
Le truppe accerchiate, raggruppate sotto il controllo della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]] al comando del generale [[Friedrich Paulus]], ammontavano a cinque corpi d'Armata (14º Panzerkorps, 4º, 8º, 11º e 51º Corpo d'Armata) con 20 divisioni tedesche, di cui tre corazzate - [[14. Panzer-Division (Wehrmacht)|14. Panzer-Division]], [[16. Panzer-Division (Wehrmacht)|16. Panzer-Division]], e [[24. Panzer-Division (Wehrmacht)|24. Panzer-Division]] -, tre motorizzate - [[3. Infanterie-Division (mot) (Wehrmacht)|3ª]], [[29. Infanterie-Division (mot.) (Wehrmacht)|29ª]] e [[60. Infanterie-Division (Wehrmacht)|60ª]] - e quattordici di fanteria - [[44. Infanterie-Division (Wehrmacht)|44ª]], [[71. Infanterie-Division (Wehrmacht)|71ª]], 76ª, 79ª, 94ª, 100ª Jäger, 113ª, 295ª, 297ª, 305ª, 371ª, 376ª, 384ª, 389ª Divisione fanteria<ref name="ReferenceCR">{{Cita|Cartier1996| p. 97|Cartier 1996 |harv=s}}</ref>. Si trattava di formazioni esperte e combattive, impegnate con successo in molti campi di battaglia<ref>{{Cita|Craig2000| pp. XI e 4|Craig 2000 |harv=s}}. L'autore definisce la 6ª Armata ''the finest army in the world''.</ref>; le divisioni corazzate e motorizzate erano tra le più efficienti della [[Wehrmacht]], molte divisioni di fanteria disponevano di un reclutamento di ottima qualità<ref>{{Cita|Čujkov2012| p. 295|Čujkov 2012 |harv=s}}</ref>; questi reparti erano stati protagonisti delle fasi vittoriose della [[operazione Blu|campagna del 1942]] a partire dalla [[seconda battaglia di Char'kov]] e molti erano stati impegnati nei duri e sfibranti [[combattimenti nella città di Stalingrado|scontri nella città di Stalingrado]]. Lo stato maggiore della 6ª Armata, veterano delle campagne in Polonia, Francia e Russia, era particolarmente qualificato e l'apparato di comando, guidato dal generale Paulus e dal capo di stato maggiore [[Arthur Schmidt (generale)|Arthur Schmidt]], godeva della piena fiducia dell'[[Oberkommando des Heeres|OKH]]<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus2010| p. 241|Görlitz/Paulus 2010 |harv=s}}</ref>. Lo stesso Hitler aveva esaltato in precedenza la potenza d'urto e le capacità della 6ª Armata.
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Il 4 dicembre dal quartier generale del Fronte del Don, il generale Vasilevskij comunicò a Stalin che, in assenza di rinforzi decisivi, sarebbe stato difficile distruggere in tempi brevi le forze nemiche accerchiate che davano prova di solidità e resistenza. Il dittatore decise quindi di assegnare al fronte del generale Rokossovksij il rinforzo della potente 2ª Armata della Guardia che, al comando del generale [[Rodion Malinovskij]], era in arrivo dalle riserve e di cui era stato in precedenza previsto l'impiego nella seconda fase della ambiziosa [[operazione Saturno]]<ref>{{Cita|Erickson2002-2| pp. 8-9|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-218-0545-15, Russland-Süd, Schützenpanzer, Beiwagenkräder.jpg|thumb|right|280pxupright=1.3|Le formazioni meccanizzate tedesche tentano di raggiungere le truppe accerchiate nella sacca durante l'[[operazione Tempesta Invernale]]]]
 
Stalin comunicò al generale Vasilevskij l'arrivo di questo importante rinforzo e ordinò di preparare un piano dettagliato per una nuova offensiva contro la sacca di Stalingrado da iniziare entro il 18 dicembre. L'8 dicembre quindi i generali Vasilevskij e Rokossovskij discussero, insieme al generale Malinovskij arrivato al quartier generale del Fronte del Don a [[Zavarikino]] per pianificare l'impiego della sua armata ancora in marcia, il nuovo piano per distruggere le forze nemiche accerchiate che venne presentato il giorno dopo a Stalin. Esso, denominato "operazione Anello" (''Kolžo''), prevedeva un'offensiva in tre fasi in cui avrebbe giocato un ruolo decisivo la 2ª Armata della Guardia. Stalin approvò con qualche variazione il piano l'11 dicembre, ma nuovi e pericolosi sviluppi operativi avrebbero portato entro poche ore all'abbandono di questo primo progetto ed a un'ulteriore rinvio dell'offensiva decisiva contro le truppe accerchiate della 6ª Armata<ref>{{Cita|Erickson2002-2| pp. 9-10|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>.
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Nel corso dei drammatici colloqui per telescrivente del generale Paulus e del generale [[Arthur Schmidt (generale)|Arthur Schmidt]] con il feldmaresciallo von Manstein ed il generale [[Friedrich Schulz]] (capo di stato maggiore del Gruppo d'armate del Don) il 19 dicembre ed il 23 dicembre era stata abbandonato il progetto di sortita delle truppe accerchiate ("operazione Colpo di tuono", ''Donnerschlag'')<ref>{{Cita|Oxford2001| vol. VI, pp. 1147-1149|Oxford 2001 |harv=s}}</ref>. Il generale Paulus non aveva ritenuto di poter effettuare di propria iniziativa una sortita generale dalla "fortezza" che sarebbe stata in contraddizione con gli ordini espliciti di Hitler di rimanere nella sacca, difendere il fronte sul Volga ed attendere il soccorso dall'esterno. Inoltre il generale considerava una manovra di ritirata estremamente difficile in ragione del peggioramento del clima, della scarsa mobilità delle sue truppe, a causa della macellazione dei cavalli e della carenza di carburante, che avrebbe permesso solo una marcia di 20 o 30 chilometri<ref>{{Cita|Oxford2001| vol. VI, p. 1153|Oxford 2001 |harv=s}}</ref>. Il feldmaresciallo von Manstein dal canto suo non si prese la responsabilità di autorizzare esplicitamente la sortita anche senza il consenso dell'OKH e inoltre non rappresentò in modo chiaro al generale Paulus le difficoltà della situazione generale del fronte e il probabile fallimento della controffensiva del generale Hoth, verosimilmente anche per non intaccare il morale del comando dell'armata pur fornendo in questo modo informazioni incomplete<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus2010| pp. 279-282|Görlitz/Paulus 2010 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-021-2081-31A, General Friedrich Paulus.jpg|thumb|left|280pxupright=1.3|Il comandante della 6ª Armata, generale [[Friedrich Paulus]]]]
 
Anche dopo il fallimento della controffensiva del generale Hoth, evidente dal 24 dicembre, Hitler continuò almeno apparentemente a mostrare ottimismo: nella direttiva del 27 dicembre venne enfatizzato che "il salvataggio della 6ª Armata deve rimanere cruciale e fondamentale per la condotta delle operazioni"<ref>{{Cita|Oxford2001| vol. VI, p. 1158|Oxford 2001 |harv=s}}</ref>. Il 29 dicembre il [[Führer]] parlò al generale [[Hans Hube]], il comandante del 14º ''Panzerkorps'' giunto in aereo al suo quartier generale dalla sacca per essere decorato, di una nuova manovra controffensiva in fase di preparazione con l'intervento di potenti formazioni di [[Waffen-SS]] in arrivo dalla [[Francia]]. Hitler riuscì in parte a rafforzare la fiducia del generale, giunto a [[Rastenburg]] con l'intenzione di illustrare con franchezza la situazione tragica dell'armata, dichiarando che le forze di soccorso erano in afflusso e che il rifornimento aereo sarebbe stato molto potenziato<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus2010| pp. 284-285|Görlitz/Paulus 2010 |harv=s}}</ref>.
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Anche se l'imprevista resistenza della 6ª Armata nel ''kessel'' di Stalingrado, la controffensiva del feldmaresciallo von Manstein e l'organizzazione della nuova offensiva sul medio Don avevano costretto l'alto comando sovietico a rivoluzionare il calendario stabilito delle operazioni e a rinviare l'attacco finale contro la sacca, Stalin diede sempre grande importanza alla rapida distruzione delle forze tedesche accerchiate che avrebbe permesso di disporre in breve tempo delle numerose armate sovietiche impegnate nel blocco della sacca per sostenere le altre offensive in corso nel settore meridionale a nord e a sud del Don<ref>{{Cita|Erickson2002-2| pp. 7 e 24|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:RokossovskyKK.jpg|thumb|right|150pxupright=0.7|Il generale [[Konstantin Rokossovskij]], comandante del Fronte del Don incaricato dell'operazione Anello]]
 
Quindi fin dal 19 dicembre, mentre l'operazione Piccolo Saturno aveva appena iniziato a svilupparsi con successo ed erano evidenti i segni di cedimento del fronte dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]], il dittatore comunicò al generale [[Nikolaj Voronov]], che coordinava la battaglia sul medio Don contro l'[[ARMIR|8ª Armata italiana]], che, avendo completato con successo la prima fase dell'operazione, avrebbe dovuto recarsi subito al comando del Fronte del Don per pianificare ed organizzare insieme al generale Rokossovskij una nuova versione dell'operazione Anello, l'attacco finale contro le truppe tedesche della sacca<ref name="ReferenceERIC">{{Cita|Erickson2002-2| p. 24|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>. Stalin respinse bruscamente le obiezioni del generale Voronov, dubbioso sull'utilità di abbandonare prematuramente il coordinamento dell'offensiva sul medio Don; al contrario, sollecitò la massima velocità, sottolineando che il compito di distruggere le truppe tedesche accerchiata rimaneva prioritario<ref name="ReferenceERIC"/>.
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Nella fase iniziale dell'accerchiamento le truppe tedesche isolate mantennero la coesione nonostante la subitanea e imprevista svolta delle operazioni, e conservarono nel complesso il morale; anche se alcuni manifestarono abbattimento e timori per la loro posizione isolata, in generale i soldati tedeschi, veterani del fronte est e solidamente inquadrati dai comandi, avevano fiducia nelle promesse di salvataggio di Hitler e dei generali e, considerando anche i precedenti accerchiamenti subiti dalla Wehrmacht sul fronte orientale e terminati sempre con successo, consideravano la situazione ancora risolvibile a favore della [[Germania]]<ref>{{Cita|Erickson2002-2| pp. 2|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-089-3777-21, Russland, Infanterie auf dem Marsch.jpg|thumb|right|280pxupright=1.3|Soldati tedeschi in marcia nell'invenro 1943 sul fronte est]]
 
Dopo i giorni del [[Natale]] 1942 la situazione fisica e psicologica dei soldati tedeschi accerchiati nella sacca ebbe un continuo peggioramento: le "voci" sul fallimento della controffensiva del feldmaresciallo von Manstein, i crescenti rigori del'inverno e l'aggravarsi della situazione dei rifornimenti con conseguente accentuarsi dei fenomeni di inedia e malattia, fecero precipitare le condizioni della 6ª Armata e le sue capacità di resistenza<ref>{{Cita|Oxford2001| vol. VI, pp. 1158-1159|Oxford 2001 |harv=s}}</ref>. Tra gli ufficiali e le truppe iniziò a diffondersi, pur rimanendo sostanzialmente intatta la volontà di battersi fino all'ultimo, la sensazione di essere stati abbandonati dai comandi superiori e di essere stati sacrificati e "traditi", dopo tante promesse, per superiori ed incomprensibili ragioni strategiche<ref name="ReferenceB">{{Cita|Oxford2001| vol. VI, p. 1159|Oxford 2001 |harv=s}}</ref>. Dall'analisi della corrispondenza scritta dai soldati tedeschi accerchiati all'inizio di gennaio risulta evidente il deteriomento del morale delle truppe della 6ª Armata: solo il 2,1% delle lettere testimoniavano un atteggiamento positivo verso la guerra; gli scettici erano il 4,4%, increduli e pessimisti il 57,1%, indifferenti il 33% ed in esplicita opposizione alla guerra il 3,4%<ref name="Lannoy, p. 122">{{Cita|de Lannoy1996| p. 122|de Lannoy 1996 |harv=s}}</ref>.
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==== Organizzazione delle difese del ''kessel'' ====
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R1222-501, Stalingrad, deutscher Soldat mit Zigarette.jpg|thumb|right|120pxupright=0.5|Un soldato tedesco della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]].]]
La situazione delle truppe tedesche era particolarmente disagevole e tatticamente difficile per le divisioni che difendevano i lati occidentale e meridionale della sacca; costretti fin dall'accerchiamento di novembre ad organizzare frettolosamente un fronte difensivo improvvisato per impedire che l'armata fosse attaccata alle spalle, avevano dovuto costituire posizioni all'aperto nella steppa scoperta in inverno con mezzi, materiali ed armamenti insufficienti, stabilendo deboli linee difensive esposte agli attacchi sovietici ed ai rigori del clima<ref name="ReferencePAU">{{Cita|Görlitz/Paulus2010| p. 293|Görlitz/Paulus 2010 |harv=s}}</ref>. Pur avendo potuto utilizzare in parte le vecchie e modeste posizioni difensive costruite dai sovietici in estate, i soldati tedeschi schierati nei settori occidentali e meridionali del ''kessel'' si trovarono sempre in posizione precaria e subirono un costante logoramento anche prima dell'inizio dell'offensiva finale. Meno critica era la situazione delle truppe tedesche rimaste nelle vecchie postazioni all'interno delle rovine di Stalingrado e sulle rive del Volga, che, pur perdendo alcune posizioni contro l'aggressività della 62ª Armata, si asserragliarono ai capisaldi e soffrirono relativamente meno le carenze di rifornimenti e i disagi dell'inverno<ref name="ReferencePAU"/><ref>{{Cita|Čujkov2012| pp. 278-279|Čujkov 2012 |harv=s}}</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1972-042-22, Russland, Walter von Seydlitz-Kurzbach.jpg|thumb|left|270pxupright=1.2|Al centro della foto con la [[Croce di Ferro|Croce di cavaliere]] il generale [[Walther von Seydlitz-Kurzbach]], comandante del 51º Corpo d'armata a Stalingrado.]]
Il generale Paulus aveva lasciato sul fronte del Volga la maggior parte delle divisioni che avevano combattuto per due mesi la violenta e sanguinosa battaglia all'interno della città: il 51º Corpo d'armata del generale [[Walther von Seydlitz-Kurzbach]] disponeva in questo settore della 71ª, 79ª, 295ª, 305ª e 389ª Divisione fanteria, della 100ª Divisione cacciatori, dei resti della 94ª Divisione fanteria, uscita quasi distrutta da un intempestivo movimento di ritirata intrapreso il 25 novembre<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus2010| p. 259|Görlitz/Paulus 2010 |harv=s}}</ref>, e dei battaglioni di pionieri d'assalto arrivati a Stalingrado nell'ultima fase degli scontri urbani<ref>Il generale Čujkov nelle sue memorie esprime sorpresa per la decisione tedesca di lasciare così tante divisioni ferme nelle rovine di Stalingrado contro la sua armata invece di impiegarle per rafforzare i fronti scoperti occidentali; in {{Cita|Čujkov2012| p. 278|Čujkov 2012 |harv=s}}</ref>. Sul lato nord-orientale della sacca era schierato l'11º Corpo d'armata del generale [[Karl Strecker]] con la 60ª Divisione motorizzata, la 16. Panzer-Division e la 24. Panzer-Division; si trattava di posizioni ancora relativamente solide dotate di fossati anticarro, reticolati e campi di mine; sul lato sud il 4º Corpo d'armata del generale [[Erwin Jaenecke]] schierava su posizioni meno solide la 371ª, la 297ª Divisione fanteria e i resti della 20ª Divisione rumena. A nord-ovest il generale [[Walther Heitz]] difendeva il settore con la 44ª, 76ª, 113ª e 384ª Divisione fanteria; mentre nella posizione più esposta e pericolosa, il "naso di Marinovka" a ovest, era posizionato il 14º ''Panzerkorps'' del generale [[Hans Hube]] con la 3ª Divisione motorizzata, la 376ª Divisione fanteria e la 29ª Divisione motorizzata<ref>{{Cita|de Lannoy1996| p. 98|de Lannoy 1996 |harv=s}}</ref>. Dietro questo settore più minacciato, da cui in origine avrebbe dovuto partire in dicembre la sortita dalla sacca prevista dal piano ''Donnerschlag'', stazionava come riserva mobile la 14. Panzer-Division, mentre era anche disponibile la 9ª Divisione contraerea della Luftwaffe al comando del generale [[Wolfgang Pickert]] con i suoi cannoni utilizzabili nel tiro anticarro<ref>{{Cita|Erickson2002-2| p. 4|Erickson 2002-2 |harv=s}}</ref>.
 
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==== Organizzazione e difficoltà del "ponte aereo" ====
Nonostante periodici ritorni di fiducia tra le truppe accerchiate in connessione con la diffusione di voci inattendibili su forze di soccorso in arrivo e sul lancio di paracadutisti tedeschi nella sacca, la situazione dell'armata agli inizi di gennaio 1943 divenne catastrofica in conseguenza soprattutto del fallimento del promesso rifornimento aereo<ref>{{Cita|Beevor1998| p. 371|Beevor 1998 |harv=s}}</ref>. La sera del 23 novembre lo stato maggiore della Luftwaffe, guidato dal generale [[Hans Jeschonnek]], durante una riunione al quartier generale di [[Hermann Göring]], aveva affermato di poter garantire 350 tonnellate di rifornimenti al giorno alla 6ª Armata in caso di accerchiamento, ma questo obiettivo comunque ritenuto insufficiente dal comando dell'armata che aveva calcolato la necessità di almeno 500 tonnellate giornaliere per mantenere in efficienza le truppe accerchiate, non fu assolutamente raggiunto a causa di una serie di fattori e di carenze che si rivelarono insuperabili<ref name="ReferenceGER">AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, p. 1149.</ref>. In primo luogo la 4ª ''Luftflotte'', nonostante le fossero stati frettolosamente assegnati tutti gli [[Junkers Ju 52|Ju 52]] disponibili provenienti anche da sezioni di addestramento e di servizi, rinforzati da reparti aerei equipaggiati con una moltitudine di aerei diversi, spesso inadatti, come [[Junkers Ju 290|Ju 290]], [[Heinkel He 111|He 111]], [[Focke-Wulf Fw 200|Fw 200]], [[Heinkel He 177|He 177]] e [[Junkers Ju 86|Ju 86]], ebbe a disposizione all'inizio di dicembre solo circa 500 aerei con una prontezza operativa teorica del 30-50%, che si dimostrarono del tutto insufficienti<ref name="ReferenceGER"/>.
[[File:Ju 52 approaching Stalingrad late 1942.jpg|thumb|right|290pxupright=1.3|Un aereo da trasporto [[Junkers Ju 52]] in atterraggio durante il tentativo di rifornimento della sacca di Stalingrado.]]
Questi aerei da trasporto inizialmente decollavano dagli aerodromi di Tacinsksja e Morozovskaja distanti circa 200-240 chilometri da Stalingrado; dopo l'evacuazione di queste basi aeree alla fine di dicembre a causa dell'arrivo delle colonne corazzate sovietiche, gli aerei tedeschi dovettero partire da campi molto più distanti, prima a [[Sal'skij rajon|Salsk]] e [[Novočerkassk]] e infine [[Luhans'k|Vorosilovgrad]], [[Taganrog]], [[Donec'k|Stalino]], [[Sverevo]]<ref name="ReferenceFRA">F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', p. 115.</ref>. All'interno della sacca erano disponibili due aeroporti principali, [[Pitomnik]] e Gumrak, e due aeroporti secondari, [[Basargino]] e [[Stalingradskij]]<ref name="ReferenceFRA"/>; in un primo momento nel ''kessel'' rimasero alcune squadriglie di caccia, ricognitori e bombardieri in picchiata che vennero poi evacuate dopo la caduta di Pitomnik il 16 gennaio 1943. A Pitomnik erano basati i 22 piloti da caccia della cosiddetta ''Platzschutzstaffel'', guidata dal capitano Rudolf Germeroth del [[Jagdgeschwader 3|JG3]], che rivendicò 130 vittorie aeree fino al suo ritiro il 17 gennaio<ref>J.Weal, ''Bf109 Aces of the Russian front'', pp. 64-65.</ref>. Oltre alle carenze di mezzi e di basi adeguate, il rifornimento aereo fu un fallimento anche a causa delle deficienze dell'organizzazione a terra per il mantenimento dell'efficienza dei terreni e delle macchine, per la mancanza di adeguati sistemi per il controllo del volo e per il servizio meteorologico; gli equipaggi furono sottoposti ad una grande pressione psicofisica e non risultarono adeguatamente addestrati per la difficile missione<ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, pp. 1149-1150.</ref>.
 
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Altre fonti riportano dati differenti; il feldmaresciallo Paulus nelle sue memorie scrive di una media giornaliera di 97,3 tonnellate di rifornimenti tra il 1 e il 10 dicembre e di 137,7 tonnellate tra il 12 e il 31 dicembre, con una media totale di 94,16 tonnellate di materiali e vettovaglie trasportate nel ''kessel''<ref name="ReferenceFRA"/>; [[Paul Carell]] invece riferisce di una media giornaliera finale lievemente maggiore: 104,7 tonnellate di rifornimenti<ref name="ReferenceFRA"/>. Infine secondo il capo di stato maggiore della 4ª ''Luftflotte'', generale von Rohden, ripreso dagli storici tedeschi [[Walter Görlitz]] e [[Manfred Kehrig]] la media quotidiana variò da 53,8 tonnellate nei primi giorni dell'accerchiamento, a 97,3 tonnellate fino al 3 dicembre, salì a 137,7 tonnellate fino al 23 dicembre, discese, dopo la caduta degli aeroporti di Tacinskaja e Morozovskaja, a 105,4 tonnellate fino al 10 gennaio<ref name="ReferenceFRA"/><ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, pp. 1150 e 1158-1159.</ref><ref>H.A.Jacobsen/J.Rohwer'', Le battaglie decisive della seconda guerra mondiale'', pp. 343-346.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-003-3446-21, Russland, Entladen einer Ju 52.jpg|thumb|left|280pxupright=1.3|Scarico di materiali da uno Junkers Ju 52]]
 
Nell'ultima fase della battaglia, Hitler, sotto l'impressione del disastroso rapporto presentato dal capitano [[Winrich Behr]], proveniente dalla sacca, decise il 15 gennaio di creare un comando speciale per il rifornimento di Stalingrado affidato al feldmaresciallo [[Erhard Milch]] con quartier generale a [[Melitopol]]<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 377-380.</ref>. Il ponte aereo ebbe un'ultima e tardiva ripresa: il quantitativo giornaliero di rifornimenti, dopo essere sceso a 60 tonnellate tra l'11 e il 14 gennaio, passò a 79 tonnellate dal 15 al 19 gennaio, e a 77,9 tonnellate dal 20 gennaio al 2 febbraio<ref>H.A.Jacobsen/J.Rohwer'', Le battaglie decisive della seconda guerra mondiale'', p. 346.</ref>. Ma era ormai troppo tardi per ottenere risultati importanti; a causa della perdita degli aeroporti nella sacca, della disorganizzazione tecnica e dell'ulteriore ripiegamento delle basi di partenza dei trasporti, il ponte aereo era ormai praticamente finito, negli ultimi giorni furono effettuati solo inefficaci lanci dall'aria di contenitori di rifornimenti che spesso andarono perduti o caddero in mano nemica<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 410-411.</ref>. Secondo il generale von Rohden il risultato massimo del ponte aereo fu raggiunto il 20 dicembre con 291 tonnellate di rifornimenti trasportati all'interno della sacca di Stalingrado<ref name="ReferenceFRA"/>.
[[File:Milch.jpg|thumb|right|140pxupright=0.6|Il feldmaresciallo della Luftwaffe [[Erhard Milch]] cercò tardivamente di migliorare l'efficienza del "ponte aereo".]]
Oltre alla catastrofica carenza di vettovaglie per uomini e animali, le insufficienze del ponte aereo ridussero anche grandemente la disponibilità di munizioni per i soldati, i mezzi corazzati e l'artiglieria; in luogo del consumo effettivo di 132 tonnellate al giorno, le forniture si ridussero in media ad appena 16,4 tonnellate e raggiunsero al massimo le 53,4 tonnellate. Espedienti momentanei come il trasferimento interno di riserve di munizioni e l'utilizzo di materiale straniero non poterono migliorare la situazione e quindi le scorte si ridussero a nulla<ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, p. 1151.</ref>. La situazione del carburante era ancor più critica, e, insieme alla perdita dei cavalli destinati alla macellazione, ridusse l'armata in una situazione di mobilità molto ridotta. Le richieste di 350 metri cubi di benzina e [[Gasolio|Diesel]] al giorno non poterono essere esaudite e i rifornimenti si limitarono ad una media di appena 37,35 metri cubi, mentre le riserve caddero a soli 15 metri cubi di carburanti<ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, pp. 1151-1152.</ref>. Le disponibilità erano così scarse che dal 5 gennaio la 6ª Armata divenne praticamente immobile ed anche il sistema di distribuzione dei rifornimenti all'interno della sacca, che consumava giornalmente 50 metri cubi di carburante, divenne molto difficoltoso<ref name="ReferenceB"/>.
 
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=== Lo schieramento dell'Armata Rossa ===
Il piano originale per l'operazione Anello, studiato dai generali Voronov e Rokossovksij ed inviato allo Stavka il 27 dicembre, prevedeva un attacco principale da ovest verso est da parte di tre armate sovietiche per frantumare la sacca in due parti con un'avanzata lungo la direttrice [[Baburkin]]-[[Gumrak]]-[[Aleksejevka]]-quartiere operaio della fabbrica ''[[Fabbrica "Ottobre Rosso"|Krasnyj oktiabr]]''. Ma il progetto, che era stato in precedenza concordato in parte con lo stato maggiore generale, venne criticato da Stalin e dallo Stavka che il 28 dicembre richiesero di modificare il piano. Le direttive di Stalin e dello Stavka evidenziavano il rischio di una dissipazione delle forze in settori separati e ordinavano di concentrare l'attacco iniziale soprattutto per schiacciare il settore occidentale della sacca tra [[Marinovka]] e [[Karpovka]]<ref name="J.Erickson, pp. 25-26"/>.
[[File:RIAN archive 137429 Stalingrad soldiers during short lull.jpg|thumb|right|290pxupright=1.3|Soldati dell'[[Armata Rossa]] durante una pausa dei combattimenti a Stalingrado.]]
L'offensiva finale si sarebbe quindi sviluppata secondo il piano elaborato dai generali Voronov e Rokossovskij modificato sulla base delle richieste di Stalin e dello Stavka del 28 dicembre: esso prevedeva che in una prima fase la 21ª del generale [[Ivan Cistjakov]] e la 65ª Armata del generale [[Pavel Batov]] avrebbero attaccato da nord e da sud-ovest il saliente di Karpovka-Marinovka (il cosiddetto "naso di Marinovka"), mentre attacchi secondari sarebbero stati sferrati a sud dall 57ª Armata del generale [[Fëdor Ivanovič Tolbuchin|Fëdor Tolbuchin]] e a nord dalla 66ª Armata del generale [[Aleksej Žadov]]. Nella seconda fase quattro armate, 21ª, 65ª, 57ª Armata e la 24ª Armata del generale [[Ivan Galanin]], avrebbero attaccato in modo convergente da ovest verso est sulla direttrice Pitomnik-Gumrak-Stalingrado fino a dividere in due parti la sacca e a congiungersi, supportate a nord dalla 66ª Armata e a sud dalla 64ª Armata del generale [[Mikhail Sumilov]], con la 62ª Armata del generale Čujkov che, asserragliata nella sua testa di ponte nel rovine di Stalingrado, avrebbe trattenuto con attacchi locali il massimo di truppe tedesche<ref name="Lannoy, p. 122"/>.
 
Le forze sovietiche impegnate nel blocco della sacca e destinate a sferrare l'operazione Anello erano indebolite dopo due mesi di combattimenti e le divisioni soffrivano di una carenza di effettivi; il generale Voronov evidenziò queste debolezze del suo schieramento e quindi propose di concentrare soprattutto una grande potenza di fuoco ammassando un forte schieramento di artiglieria. Egli inoltre richiese rinforzi di fanteria per completare le sue formazioni d'assalto<ref name="J.Erickson, p. 25"/>. Stalin e lo Stavka accolsero in parte queste richieste e quindi 20.000 soldati di rinforzo furono inviate alle armate e lo schieramento d'artiglieria venne fortemente potenziato con l'arrivo di reggimenti della riserva del comando supremo<ref name="J.Erickson, p. 26">J.Erickson, ''The road to Berlin'', p. 26.</ref>; sarebbero stati impiegati per la prima volta anche i nuovi reggimenti della Guardia di carri pesanti, destinati a penetrare le posizioni fortificate del nemico<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', p. 83.</ref>.
[[File:RIAN archive 450 Snipers.jpg|thumb|left|280pxupright=1.3|Fucilieri sovietici in tuta mimetica invernale attraversano un edificio in rovina a Stalingrado.]]
A gennaio 1943 e forze del Fronte del Don ammontavano a 39 divisioni e dieci brigate di fucilieri, 38 reggimenti dell'artiglieria di riserva dell'alto comando, dieci reggimenti di [[Katjuša (lanciarazzi)|lanciarazzi ''Katjuša'']], cinque brigate corazzate, tredici reggimenti di carri, tre treni blindati, diciassette reggimenti di artiglieria contraerea, quattordici compagnie lanciafiamme<ref name="J.Erickson, p. 26"/>; un complesso di 281.000 soldati, 257 carri armati, 300 aerei e quasi 10.000 cannoni<ref name="W.Fowler, Stalingrad, p. 168"/>. Gli effettivi dell'Armata Rossa assegnati all'operazione Anello non erano numericamente molto superiori ai soldati tedeschi rimasti nella sacca, ma i sovietici poterono concentrare le loro forze nei punti prescelti per l'attacco dove la loro superiorità si rivelò schiacciante: di tre volte in soldati, di dieci volte im artiglieria. Nel settore d'attacco il Fronte del Don concentrò da 150 a 167 cannoni per chilometro di fronte ottenendo micidiali effetti distruttivi sulle fortificazioni tedesche<ref name="ReferenceFRA3"/>.
 
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==== Conquista del "naso di Marinovka" ====
La convinzione del comandante della 6ª Armata di dover prolungare ad oltranza la resistenza della sacca per non essere responsabile del crollo del fronte tedesco ancora sottoposto ai violenti attacchi sovietici, si rafforzò dopo il 1º gennaio quando il comando apprese della ritirata in corso del Gruppo d'armate A dal Caucaso e quindi dell'importanza di non interrompere prematuramente i combattimenti anche per mantenere il possesso della linea ferroviaria Stalingrado-[[Tichoretz]]. Egli ritenne quindi necessario continuare la difesa della sacca di Stalingrado e respinse, in accordo con i generali comandanti dei corpi d'armata, l'ultimatum sovietico<ref name="F.Paulus, pp. 284-286"/>.
[[File:RIAN archive 303890 A battery of Katyusha during the 1941-1945 Great Patriotic War.jpg|thumb|right|290pxupright=1.3|Lanciarazzi sovietici ''katjusa'' aprono il fuoco sul fronte orientale.]]
Alle ore 8.05 del 10 gennaio i generali Voronov e Rokossovskij, al posto di comando della 65ª Armata, ordinarono al generale Bieskin, comandante dell'artiglieria dell'armata di dare inizio allo sbarramento di fuoco contro le difese tedesche del "naso di Marinovka": per 55 minuti oltre 7.000 cannoni e lanciarazzi bombardarono con grande violenza le linee nemiche distruggendo molte fortificazioni e indebolendo fontemente le precarie posizioni tedesche della 44ª Divisione fanteria, della 3ª e 29ª Divisione motorizzata e di una parte della 376ª Divisione fanteria<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', 388-389.</ref>. I reparti tedeschi erano già molto indeboliti dalle privazioni e dal freddo e, nonostante fossero stati rinforzati con pionieri e alcuni cannoni contraerei e [[cannone d'assalto (semovente)|cannoni d'assalto]], subirono pesanti perdite sotto il fuoco d'artiglieria. Dopo lo sbarramento iniziale, alle ore 9.00 i fucilieri sovietici passarono all'attacco avanzando rapidamente nella steppa innevata, sostenuti da piccoli gruppi di carri armati [[T-34 (carro armato)|T-34]] e dal fuoco dei cannoni che fu diretto in profondità nelle retrovie o sui punti di resistenza nemici; anche gli aerei d'assalto della 16ª Armata aerea sovietica intervennero con attacchi ai capisaldi tedeschi<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', p. 389.</ref>.
 
L'attacco principale venne sferrato da nord dalle divisioni della 65ª Armata del generale Batov contro la 44ª Divisione austriaca del generale [[Heinrich Deboi]], mentre la 21ª Armata del generale Cistjakov attaccò frontalmente la 3ª e la 29ª Divisione motorizzata e la 376ª Divisione fanteria che avevano fortificato i centri di Marinovka e Karpovka contro un attacco da sud<ref name="ReferenceBE">A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 389-390.</ref>. Le difese della 44ª Divisione vennero superate in più punti e i soldati tedeschi dovettero abbandonare i loro ripari e ripiegare; di conseguenza l'avanzata dei fucilieri sovietici da nord mise in pericolo i fianchi e le spalle della 3ª Divisione motorizzata del generale [[Helmuth Schlömer]], della 29ª Divisione motorizzata del generale [[Hans-Georg Leyser]] e della 376ª Divisione fanteria del generale [[Edler von Daniels]], già in difficoltà per gli attacchi frontali della 21ª Armata. La resistenza tedesca fu tenace, alcuni reparti di riserva e i pochi carri armati rimasti tentarono anche di contrattaccare, ma entro la fine della giornata la divisione austriaca era ormai distrutta e alle ore 22.00 anche i soldati delle altre divisioni nel "naso di Marinovka" dovettero iniziare, sotto la pressione nemica, la ritirata a piedi nella neve, esposti allo scoperto dopo aver abbandonato sul posto i mezzi e le artiglierie<ref name="ReferenceBE"/>.
[[File:RIAN archive 607047 Great Patriotic War of 1941-45.jpg|thumb|left|300pxupright=1.4|Colonna di carri armati sovietici in azione durante l'inverno 1942-1943.]]
Contemporaneamente all'offensiva principale nel settore di Marinovka, il Fronte del Don sferrò una serie di attacchi secondari in altri settori della sacca: a nord-ovest la 24ª Armata del generale Galanin riuscì ad aprire un varco tra la 76ª e la 113ª Divisione fanteria; in particolare la 76ª Divisione del generale [[Karl Rodenburg]] subì gravi perdite e l'11 gennaio fu costretta a ripiegare dopo aver abbandonato tutti i suoi cannoni e ridotta a soli 600 uomini<ref>W.Craig, ''Enemy at the gates'', pp. 334-335.</ref>; a nord, tra Kuzmici e Orlovka, la 66ª Armata del generale Žadov attaccò con limitati risultati la 16. Panzer-Division del generale [[Günther Angern]] e la 60ª Divisione motorizzata del generale [[Otto Kohlermann]]; gli ultimi carri della divisione corazzata riuscirono ancora a contenere lo sfondamento; nel settore meridionale del ''kessel'' la 64ª Armata del generale Sumilov passò all'offensiva tra [[Tsybenko]] e [[Yelkhi]] contro la 297ª Divisione fanteria del generale [[Moritz von Drebber]], il ''kampfgruppe'' del colonnello Mäder e l'82º reggimento rumeno. Sotto il fuoco nemico, i rumeni abbandonarono le loro posizioni e i sovietici poterono guadagnare terreno; solo alcuni disperati contrattacchi di un battaglione di pionieri e della 297ª Divisione, formazione ancora solida, evitarono uno sfondamento completo<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'' pp. 390-391.</ref>. Nei giorni seguenti la divisione respinse ancora ripetuti attacchi della 36ª Divisione fucilieri della Guardia, della 42ª Divisione fucilieri e di parte del 13º Corpo carri sovietico.
 
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==== Caduta di Pitomnik ====
La forte resistenza incontrata e le dure perdite subite nei primi giorni sorpresero i comandanti sovietici; il basso numero di prigionieri, solo 6.896 soldati catturati dall'inizio dell'attacco, confermava che i tedeschi mantenevano la combattività nonostante il logoramento del lungo assedio. I generali Voronov e Rokossovskij appresero finalmente notizie attendibili sulle forze accerchiate grazie alla cattura ed all'interrogatorio del tenente colonnello [[Werner von Kunowski]], quartiermastro della 6ª Armata in assenza del colonnello [[Robert Bader]] che era rimasto fuori dalla sacca. Si apprese in questo modo che i comandi tedeschi avevano rafforzato le prime linee aggregando le truppe di retrovia ai reparti combattenti e soprattutto divenne noto che le forze accerchiate erano molto più numerose del previsto. Il 10 gennaio 1943 erano ancora presenti nel ''kessel'' 210.000 uomini; le perdite dell'armata fino a quel momento ammontavano a 10.000 morti e 25.000 feriti, di cui oltre 10.000 erano stati evacuati per via aerea<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', pp. 36-37.</ref>.
[[File:RIAN archive 129362 Tank fight near Stalingrad.jpg|thumb|left|280pxupright=1.3|Resti di mezzi corazzati tedeschi e sovietici abbandonati nella steppa.]]
Fin dai primi giorni il comando della 6ª Armata comunicò all'OKH che, anche se nel complesso i reparti ancora si battevano accanitamente e il ripiegamento sulla seconda posizione stava avvenendo mantenendo la coesione, sarebbe stato impossibile resistere fino alla data ipotizzata per la nuova operazione di soccorso preannunciata dal generale Hube, la seconda metà di febbraio. Quindi veniva richiesto, per evitare il crollo della "Fortezza", l'invio per via aerea di sostanziali rinforzi di battaglioni da combattimento con armi pesanti; venne anche comunicato che, a causa della carenza di carburante, l'armata rischiava in poco tempo la totale immobilità, e "in queste condizioni la fine della resistenza sarebbe solo una questione di giorni"<ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol, VI, p. 1161.</ref>.
 
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Anche a nord le difese tedesche stavano cendendo; la 66ª Armata superò le ultime resistenze della 16. Panzer-Division e della 60ª Divisione motorizzata e avanzò verso sud<ref name="A.Beevor, Stalingrado, p. 394"/>. Alla metà di gennaio la 44ª, 76ª, 384ª, 376ª, 113ª erano ormai quasi totalmente distrutte, mentre a Stalingrado anche la 62ª Armata del generale Čujkov passò all'attacco sul [[Mamaev Kurgan]] con la 284ª Divisione del colonnello [[Nikolaj Batjuk]] e alla fabbrica ''Krasnyj oktiabr'' con la 45ª Divisione del generale [[Vasilij Sokolov]]; i tedeschi della 305ª e 100ª Divisione si difesero con tenacia ma i sovietici riuscirono a guadagnare terreno<ref>V.Čujkov, ''La battaglia di Stalingrado'', p. 290.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R76619, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|right|290pxupright=1.3|I soldati dell'Armata Rossa, in tuta mimetica invernale, impegnati negli scontri finali dell'operazione Anello.]]
Tra la fanteria tedesca, esausta, quasi priva di cannoni anticarro e quindi impotente contro i carri armati sovietici, si diffusero i primi episodi di "terrore dei carri"<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 394-395.</ref>. Fenomeni di dissoluzione e di panico iniziarono a manifestarsi tra le truppe tedesche costrette a battere in ritirata in direzione delle rovine di Stalingrado a piedi nella neve con temperature molto rigide<ref>Durante la prima metà di gennaio si verificarono forti nevicate ma la temperatura rimase tra -5° e -10°; nella fase finale della battaglia scese a -30° e -40 °C; in: A.Werth, ''La Russia in guerra'', p. 524.</ref>; gruppi di sbandati si trascinavano in condizioni penose nella steppa in cerca di cibo e riparo, anche il trasporto dei feriti, sempre più numerosi divenne difficile<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 396-397.</ref>.
 
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==== Ritirata verso le rovine di Stalingrado ====
Il 17 gennaio si incontrarono al quartier generale del Fronte del Don i comandanti delle armate con i generali Voronov e Rokossovskij; dopo accese discussioni, venne respinta la proposta di sospendere l'offensiva per alcuni giorni per colmare le perdite e riorganizzare lo schieramento; i generali Voronov e Rokossovskij decisero di continuare subito l'offensiva in direzione di Gumrak per occupare l'ultimo importante aeroporto a disposizione del nemico<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', p. 37.</ref>. In realtà nei quattro giorni successivi i combattimenti rallentarono mentre le armate del Fronte del Don si riorganizzavano per l'attacco finale; nelle retrovie tedesche intanto cresceva la disorganizzazione a causa soprattutto del fallimento logistico, della mancanza di cibo, di equipaggiamenti e ripari contro il freddo, della carenza di cure sanitarie<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 400-401.</ref>.
[[File:Operation Ring it.png|thumb|right|260pxupright=1.2|Mappa della sacca di Stalingrado con le direttrici dell'avanzata delle armate sovietiche del Fronte del Don.]]
Il 19 gennaio il maggiore d'aviazione Thiel raggiunse la sacca per verificare le condizioni dell'aeroporto di Gumrak e coordinare con il comando dell'armata il potenziamento del ponte aereo di cui aveva assunto la direzione da pochi giorni il feldmaresciallo Erhard Milch. Il maggiore trovò una situazione di caos e disorganizzazione; inoltre durante un colloquio con il generale Paulus, il comandante dell'armata apparve estremamente teso, molto irritato, pieno di recriminazioni per il fallimento del rifornimento aereo e per le mancate promesse della Luftwaffe<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', pp. 288-289.</ref>. In precedenza il comandante della 6ª Armata aveva respinto le proposte dei generali Hube e von Seydlitz-Kurzbach di autorizzare tentativi di uscire dalla sacca in piccoli gruppi ritenendoli irrealizzabili e non considerando possibile abbandonare i feriti; il 20 gennaio inoltre venne diramato alle truppe un ordine per incitare la resistenza ed evitare diserzioni o rese prospettando un catastrofico destino nella prigionia sovietica<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', pp. 286-287.</ref>.
 
Al quartier generale del Gruppo d'armate del Don ed all'OKH il generale Paulus invece manifestò tutto il suo pessimismo ed in una comunicazione del 20 gennaio riferì del decadimento delle capacità combattive delle sue truppe, della penosa situazione dei feriti, dei segni di disgregazione, chiedendo inoltre libertà di azione per poter decidere autonomamente<ref name="F.Paulus, p. 287">W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', p. 287.</ref>. Un rapporto scritto dettagliato nello stesso senso venne inviato al quartier generale di Hitler il 22 gennaio tramite il maggiore von Zitzewitz, ufficiale di collegamento dell'OKH, uscito in aereo dalla sacca; negli stessi giorni i generali von Seydlitz-Kurzbach e [[Max Pfeffer]] avevano proposto al comandante della 6ª Armata di cessare i combattimenti ed anche il generale Schmidt e il colonnello Wilhelm Adam erano favorevoli ad una resa, mentre i generali Heitz, Strecker e Hube e il colonnello Elchlepp si opposero ancora a interrompere la resistenza senza ordini superiori<ref>W.Görlitz/F.Paulus, ''Stalingrado'', pp. 290-291.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-E0406-0022-001, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|left|290pxupright=1.3|Soldati sovietici impegnati negli ultimi scontri nelle rovine di Stlaingrado.]]
Il 20 gennaio l'Armata Rossa aveva dato inizio al nuovo attacco generale contro la sacca della 6ª Armata ormai ridotta a meno della metà delle sue dimensioni iniziali; la 65ª Armata del generale Batov avanzò in direzione dell'aeroporto di Gumrak e la notte occupò la cittadina di [[Gončara]]; nella serata successiva i sovietici si avvicinarono a Gumrak e i lanciarazzi ''Katjuša'' aprirono il fuoco scatenando il caos nella pista di volo<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 406-407.</ref>. All'alba del 22 gennaio le compatte fila delle divisioni fucilieri sovietiche comparvero sui margini dell'aeroporto; gli ultimi aerei tedeschi decollarono in fretta, mentre gli altri soldati, dopo una serie di duri combattimenti, si ritirarono verso est e le truppe della Armata Rossa occuparono Gumrak; una parte dei feriti venne abbandonati nell'ospedale da campo dove i sovietici in un primo momento li lasciarono senza cure prima di trasferirli a [[Beketovka]]. La ritirata dei superstiti reparti tedeschi del 14º ''Panzerkorps'' e dell'8º, 4º e 11º Corpo d'armata in direzione est verso Stalingrado si stava trasformando in un ripiegamento disordinato per cercare un riparo dal freddo e dal nemico nelle macerie della città; la steppa era disseminata lungo il percorso di cadaveri congelati, feriti abbandonati, veicoli fuori uso, cannoni distrutti, materiali ed equipaggiamenti, cavalli morti<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', pp. 407-408.</ref>.
 
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==== Ultima resistenza ====
Il 22 gennaio il generale Paulus per la prima voltà aveva prospettato in una sua comunicazione all'OKH l'eventualità di una capitolazione: il comandante dell'armata tracciò un quadro drammatico delle condizioni delle sue truppe ed evidenziò la presenza dei primi segni di disintegrazione pur confermando che "il comando gode ancora della fiducia dei soldati". Nello stesso giorno il feldmaresciallo von Manstein arrivò ad ipotizzare l'irrealistica possibilità di aprire negoziati con l'Armata Rossa sui termini della resa e sulle condizioni della prigionia<ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, pp. 1162-1163.</ref>. Hitler rispose a queste implicite richieste di autorizzare una resa con la proibizione assoluta di arrestare i combattimenti e con l'esortazione a continuare la resistenza esaltandone l'importanza ai fini di una ricostituzione del fronte tedesco nel settore meridionale<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', p. 409.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-P0613-308, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|right|290pxupright=1.3|Fanteria sovietica in combattimento.]]
Il 24 gennaio i resti della 6ª Armata erano ormai rifluiti alla periferia ovest e sud-ovest di Stalingrado, costretti in un'area di sedici chilometri di lunghezza e otto chilometri di profondità e pressati da vicino dalle forze sovietiche; quasi privi di armi anticarro, i gruppi combattenti tedeschi vennero sistematicamente distrutti dalle armate del Fronte del Don che impiegarono in modo massiccio il fuoco dei cannoni per devastare i capisaldi negli edifici ed i carri armati per superare le postazioni nemiche, distruggere i bunker e schiacciare sotto i cingoli i superstiti<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', pp. 37-38.</ref>. Il 25 gennaio si verificano i primi segni di crollo definitivo della resistenza: nel settore sud-ovest dove la 57ª Armata del generale Tolbuchin e la 64ª Armata del generale Sumilov attaccavano in forze, si arresero, dopo essere stati circondati dalla 8ª Divisione fucilieri della Guardia, i resti della 297ª Divisione fanteria con il comandante generale von Drebber, nella stessa zona abbandonarono la resistenza anche gli ultimi soldati della 20ª Divisione rumena<ref name="ReferenceFRA"/>. Venne catturato anche il generale Otto Renoldi, capo dei servizi sanitari dell'armata<ref>A.Beevor, ''Stalingrado'', p. 413.</ref>.
 
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Con il congiungimento delle armate del fronte del Don da ovest e da est, il ''kessel'' venne frantumato in due parti: a nord un gruppo schierato intorno alle rovine della fabbrica ''Barrikadij'' e della fabbrica di trattori, a sud un secondo raggruppamento ammassato nel settore centrale di Stalingrado<ref name="ReferenceFRA"/>. Il generale Paulus aveva previsto fin dal 24 gennaio questi inevitabili sviluppi della situazione ed in vista di un frammentazione dell'armata aveva assegnato al generale Karl Strecker il controllo del settore settentrionale della città ed al generale Walther Heitz il comando del settore centrale. Alla fine del giorno 26 gennaio il comandante della 6ª Armata fu costretto a spostare un'ultima volta il suo quartier generale che venne trasferito nei sotterranei dei grandi magazzini ''Univermag'' sulla Piazza Rossa, difesi da reparti della 71ª Divisione fanteria al comando del colonnello Roske<ref>F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', pp. 129 e 140.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R90142, Russland, Kesselschlacht Stalingrad.jpg|thumb|left|290pxupright=1.3|I soldati del Fronte del Don distruggono gli ultimi capisaldi all'interno dei resti delle grandi fabbriche.]]
La propaganda di [[Joseph Goebbels]] aveva limitato al massimo le informazioni in patria subito dopo l'inizio della offensiva sovietica di novembre; per molte settimane la battaglia di Stalingrado, ritenuta in precedenza di decisiva importanza per la vittoria della Germania, venne volutamente esclusa dai resoconti dei comunicati della Wehrmacht, anche se alla fine dell'anno iniziarono a circolare nella popolazione lugubri voci sull'accerchiamento della 6ª Armata<ref>I.Kershaw, ''Il mito di Hitler'', pp. 190-191.</ref>. Solo il 16 gennaio il popolo tedesco apprese ufficialmente per la prima volta che le truppe a Stalingrado erano impegnate in una "eroica lotta difensiva contro un nemico che attaccava da tutte le parti". Il 23 e il 24 gennaio [[Otto Dietrich]], capo dell'ufficio stampa del Reich, diede finalmente comunicazione alla stampa di prepararsi alla disfatta e affermò che compito della propaganda era ormai quello di trasformare la sconfitta in un "grande e commovente sacrificio delle truppe per la salvezza della nazione tedesca" ed in una "epopea eroica di Stalingrado"<ref name="ReferenceKE">I.Kershaw, ''Il mito di Hitler'', p. 191.</ref>.
 
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=== La resa ===
Nell'ultima fase della battaglia tra gli ufficiali e le truppe tedesche si diffussero sempre più numerosi fenomeni di apatia, depressione, disperazione e paura per il proprio destino e per l'eventuale prigionia in mano nemica. La maggior parte dei soldati si rassegnarono alla fine e furono catturati dai sovietici, numerosi si batterono fino all'ultimo e preferirono morire in battaglia, alcuni intrapresero disperati tentativi di uscire individualmente o in piccoli gruppi dalla sacca ma furono uccisi o si dispersero nella steppa flagellata dal clima invernale. Nessun soldato delle truppe accerchiate nella ''Festung Stalingrad'' riuscì a raggiungere in salvo le linee tedesche sempre più lontane a ovest<ref>P.Carell, ''Operazione Barbarossa'', pp. 740-743. Tra gli altri cercarono di uscire dalla sacca gli uomini del quartier generale del 4º Corpo d'armata e della 71ª Divisione fanteria, fino alla metà di febbraio la ricognizione aerea tedesca individuò piccoli gruppi di soldati vaganti nella steppa ma nessuno sopravvisse.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-F0316-0204-005, Russland, Paulus in Kriegsgefangenschaft.jpg|thumb|right|180pxupright=0.8|Il [[feldmaresciallo]] [[Friedrich Paulus]] si arrende; sulla sua sinistra sono il generale [[Arthur Schmidt (generale)|Arthur Schmidt]] e il [[colonnello]] [[Wilhelm Adam]].]]
Il 28 gennaio le residue forze della 6ª Armata vennero ulteriormente frazionate in tre gruppi: a nord i resti del 11º Corpo d'armata, con reparti di sei divisioni, rimasero nel settore delle fabbriche, al centro l'8º e il 51º Corpo d'armata erano isolati nel quartiere della scuola dei meccanici; a sud, nelle macerie intorno alla Piazza Rossa, si raccolsero gli ultimi reparti del 4º Corpo d'armata e del 14º ''Panzerkorps''. La disgregazione delle truppe tedesche era ormai incontrollabile: il 29 gennaio anche il generale Schlömer e gli ufficiali del 14º ''Panzerkorps'' si arresero dopo essere stati accerchiati nell'edificio della prigione cittadina<ref>F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', pp. 140-141.</ref>.
 
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Dopo un breve incontro con il generale Sumilov, durante il quale il feldmaresciallo si mostrò calmo e riservato, i tre ufficiali superiori vennero condotti a Zavarikino, sede del comando del Fronte del Don, dove furono interrogati dal generale Rokossovskij e dal generale Voronov. Paulus, molto teso e stanco, cercò rassicurazioni sulla sorte dei suoi soldati e rifiutò di emanare ordini di resa alle truppe tedesche ancora combattenti nella sacca settentrionale<ref>F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', p. 143.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 183-E0406-0022-010, Kolonne deutscher Kriegsgefangener.jpg|thumb|left|180pxupright=0.8|Lunghe colonne di prigionieri tedeschi della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]].]]
Hitler accolse la notizia della resa e della cattura del feldmaresciallo Paulus, che giunse dopo una serie di voci confuse al mattino del 1º febbraio, con grande irritazione; lamentò lo scarso coraggio dell'ufficiale e la sua decisione di preferire la prigionia alla morte sul campo o al suicidio. Il Führer recriminò sulla sua iniziativa di promuovere Paulus al grado superiore e prospettò la possibilità di un passaggio dell'ufficiale nelle file comuniste in opposizione al Terzo Reich<ref>F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', pp. 145 e 160.</ref>.
 
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== Bilancio e conseguenze ==
{{Vedi anche|Battaglia di Stalingrado|Fronte orientale (1941-1945)}}
{{quotecitazione|Stalingrado fu una [[battaglia di Jena|seconda Jena]], e, di certo, la più grande disfatta che l'esercito tedesco abbia mai subito<ref>Lo storico tedesco Walter Görlitz citato in: W.Shirer, ''Storia del Terzo Reich'', p. 1421.</ref>}}
I generali Rokossovskij e Voronov al termine della lunga battaglia poterono finalmente inviare a Mosca la comunicazione finale: la missione affidata al Fronte del Don era stata completata con successo, ogni resistenza nemica era cessata, tutte le truppe accerchiate erano state distrutte o catturate<ref>A.Werth, ''La Russia in guerra'', p. 533.</ref>; il 4 febbraio il generale Rokossovskij venne convocato nella capitale sovietica dove Stalin lo accolse calorosamente e si congratulò per la vittoria. Il dittatore tuttavia non mancò di assegnare subito nuove missioni alle truppe ordinando al generale di prepararsi a trasferire le sue armate nel settore di [[Kursk]], a centinaia di chilometri di distanza, per partecipare all'offensiva generale dell'Armata Rossa in corso in direzione del [[Dniepr]] e della [[Desna]]<ref>G.Boffa, ''Storia dell'Unione Sovietica'', vol. III, pp. 105-106. Il generale Rokossovskij dopo avere illustrato a Stalin le difficoltà logistiche di un simile movimento riuscì ad ottenere un rinvio della nuova offensiva di dieci giorni, ma l'avanzata delle sue armate terminò, dopo qualche successo iniziale, con un fallimento a ovest di Kursk.</ref>.
[[File:German pows stalingrad 1943.jpg|thumb|right|280pxupright=1.3|Colonna di prigionieri tedeschi in marcia verso i campi di raccolta; in secondo piano sono visibili i resti del famoso [[silo (struttura)|silo]] del grano, teatro di duri combattimenti nel settembre 1942.]]
Le perdite subite dall'Armata Rossa nel corso dei venti giorni dell'operazione Anello furono pesanti; a causa della tenace e disperata difesa delle truppe tedesche accerchiate, i soldati sovietici ebbero 46.000 morti, ma la battaglia si concluse con una vittoria completa. Ventidue divisioni e 160 reparti minori di rinforzo e supporto erano state totalmente distrutti, sul campo di battaglia caddero 142.000 soldati tedeschi, vennero catturati notevoli quantità di equipaggiamento nemico: 5.762 cannoni, 1.312 mortai, 156.987 fucili, 10.722 armi automatiche, 10.679 motociclette, 240 trattori, 933 dispositivi telefonici, 397 chilometri di cavi per comunicazione<ref>J.Erickson, ''The road to Berlin'', p. 38.</ref>.