Madonna in trono con il Bambino e i santi Sebastiano, Fabiano, Antonio abate e Francesco d'Assisi: differenze tra le versioni

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Con calcolato equilibrio il pittore rompe la rigida simmetria su cui pure la composizione è impostata: il perno dell'opera è San Francesco, che in primo piano introduce con l'ampio gesto le figure sacre volgendosi a chi guarda e tracciando un'ideale direttrice che reca diagonalmente a [[Sant'Antonio abate]], inginocchiato dietro al [[Basamento (architettura)|basamento]]. Con estrema pulizia Malatesta costruisce un'opera di grande decoro: è evidente il riferimento all'arte del primo [[Cinquecento]] italiano, in particolare al [[Classicismo (arte)|classicismo]] della fiorentina scuola di San Marco e del suo fondatore [[Fra Bartolomeo]], nella perfetta impostazione [[Prospettiva|prospettica]], sottolineata dal pavimento a piastrelle in primo piano colpito dalla luce, nel disegno impeccabile, nella stesura levigata e fluida.
 
L'opera è la testimonianza dello studio che Malatesta, artista di formazione accademica e a quel tempo stimato direttore dell'[[Accademia nazionale di scienze, lettere e arti (Modena)|Accademia di Belle Arti a Modena]], aveva condotto sulla tradizione pittorica italiana, studio che lo portava a declinare stili diversi a seconda di quanto richiedeva il soggetto dipinto. Tale concezione accademica è anche alla base delle critiche poco benevole che l'opera ricevette quando venne esposta a [[Bologna]]. Mentre la prima esposizione presso l'Accademia modenese nel [[1862]] procurava ampi consensi al pittore, il passaggio bolognese alla I Esposizione triennale delle Accademia dell'Emilia nel giugno [[1863]] sollevava grandi critiche.
Questo risultato negativo era imprevisto. Basti pensare che nel 1861, alla I Esposizione nazionale italiana tenutasi a [[Firenze]], Malatesta era stato riconosciuto come indiscusso maestro proprio nella pittura ad argomento sacro e di storia e che nel [[1860]], a coronamento di una grande carriera, veniva nominato presidente delle Accademia di Belle Arti dell'Emilia. Si ricorda però, che la committenza fu in realtà soddisfattissima dell'esito del dipinto, tanto che la contessa Maria Malvasia gli scrisse nel [[1867]]: "''Il suo quadro eccita la meraviglia e l'entusiasmo di quanti lo vedono (...) anche di quelli che credettero censurare il suo parto fino quando fu esposto a Sant'Ignazio a Bologna, e ora saranno certo obbligati a rendere omaggio all'opera di chi è detto il primo pittore italiano vivente''"<ref>Citato da ASIOLI, 1905</ref>.