Assurdo: differenze tra le versioni
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===Nell'antichità===
L'assurdo è stato oggetto della storia del pensiero in varie forme: con [[Parmenide]] nella [[filosofia del linguaggio]] quando mette in evidenza l'assurdità di certe espressioni linguistiche che pure il senso comune adopera normalmente come sensate. Infatti è logico pensare che nominare una cosa che non abbia realtà sia un assurdo eppure, ad esempio, noi parliamo sia di luce che di buio non riflettendo sul fatto che il buio sia un'assenza di realtà, una mancanza della realtà della luce, quindi un non essere che non esiste e che non può essere pensato poiché solo l'essere è.
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Anche nella tradizione [[Esoterismo|esoterica]] della [[Misticismo|mistica]] [[Ebraismo|ebraica]] sviluppatasi in [[Europa]] a partire dal [[VII secolo|VII]]-[[VIII secolo]].<ref>G. Scholem, ''Major Trends in Jewish Mysticism'', Schocken Books (1995), VI Lezione, pp.119-126.</ref> compare nella [[Cabala]] la considerazione dell'assurdo di fronte all'impossibilità di raggiungere la verità con la ragione.
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La riflessione sull'assurdo porta il pensiero [[Rinascimento|rinascimentale]] alla convinzione che sia possibile il disvelamento dei segreti della natura, del mistero, l'apparente assurdo, incomprensibile agli occhi dei profani appare chiaro ai veri sapienti: la cabala, l'ars inveniendi, la lingua sapienziale, la [[gematria]], sono gli strumenti di quei poteri magici che permettono all'uomo di dominare l'assurdo.
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Nell'opera di [[Eugène Ionesco]] e [[Samuel Beckett]], invece, l'autore si cala all'interno dell'assurdità, «la riflessione è montata con la forma» <ref>[[Theodor Wiesengrund Adorno]], ''Trying to Understand Endgame'' (Un tentativo di interpretazione di "Finale di partita") [1961], ''The New German Critique'', no. 26, (Spring-Summer 1982) pp. 119–50. In ''The Adorno Reader'' ed. Brian O'Connor. Blackwell Publishers. 2000; trad. italiana di Giacomo Manzoni, in Samuel Beckett, ''Teatro completo'', cit., pp. 658–94 e in Sergio Colomba (a cura di), ''Le ceneri della commedia'', Bulzoni, Roma 1997, pp. 15–56</ref> annullando così ogni tentativo logico di comprensione per cui al lettore non rimane che accettare interamente il non-senso.
L'assurdo comico inteso come riferimento artistico del rifiuto del reale e come capacità di "giocare" col linguaggio per creare situazioni surreali paradossali ha trovato corrispondenza in diversi autori come [[Lewis Carroll]] che, pur esperto di logica e matematica <ref>Produzione meno nota di Carrol è, certamente, quella che riguarda la sua passione per la [[logica]] e per la [[matematica]]. Con il suo vero nome fece pubblicare una serie di trattati di logica di cui si ricordano, tra gli altri, ''[[Euclide]] e i suoi rivali moderni'' ([[1879]]), ''Il gioco della logica'' (
Fra gli autori che hanno apertamente dichiarato di considerare ''Alice'' una fonte di ispirazione per le loro opere si possono ricordare James Joyce e [[Jorge Luis Borges]]
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