Mimo: differenze tra le versioni

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La più antica attestazione di un [[mimo latino]] risale indietro almeno al [[III secolo a.C.|III]]-[[II secolo a.C.]] e riguarda la figura di [[Protogene (mimo)|Protogene]] citato da un'[[epigrafia latina|epigrafe latina]] da [[Preturo]]/[[Amiternum]], contenente un [[epitaffio]] in forma metrica.
 
Il mimo fu nobilitato nel [[I secolo a.C.]] ad opera di [[Publilio Siro]] e [[Decimo Laberio]], diventando una scena dialogata, ricca di ironia, realismo, comicità e satira, {{chiarire|l'epigrafe è colui che ad esempio va a Roma e traduce dei pezzi metrici che poi li esporre a tutta la Grecia.}}
 
== Statue viventi ==
{{vedi anche|Statua vivente|Tableau vivant}}
Le cosiddette [[statua vivente|statue viventi]], anche molto suggestive, sono impropriamente annoverate tra le forme di mimo. La natura di questa pratica di intrattenimento è più prossima ai ''[[tableau vivant]]'', per l'assenza di sequenze d'azioni a fine narrativo (fossero anche non sense[[nonsense]]). I riposizionamenti periodici (con pagamento di monetina) delle statue viventi e i cenni minimali, non possono dirsi sequenze narrative e quindi l'efficacia di questa forma è basata solo sulla presenza. Quando invece la statua vivente accede alla sintassi dei movimenti per strutturare un racconto d'azione sequenziale allora diviene mimo. L'immobilità presentativa di per sé non è arte mimica.
 
== Voci correlate ==