Arte accademica: differenze tra le versioni

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[[File:Gleyre Charles Marc Gabriel Daphnis Et Chloe Revenant De La Montagne.jpg|thumb|left|upright=0.6|<center>[[Charles Gleyre]]</center><center>''Dafne e Cloe''</center>]]
L'origine dell'appellativo francese ''pompier'' – in italiano, ''pompiere'' – è incerta: potrebbe derivare dagli elmi delle figure di dèi ed eroi classici, simili a caschi di pompieri, o indicare gli stessi pompieri presenti, con compiti di sicurezza, durante le mostre aperte nei ''Salons'' ufficiali, oppure ancora riferirsi ai pittori del circolo di [[Charles Gleyre]], fautori dell'imitazione della pittura ''pompeiana'', o infine, indirizzarsi a molte rappresentazioni pittoriche ''pompose'' e retoriche.
 
La corrente artistica del [[Neoclassicismo]], sorta nel [[XVIII secolo]] e prolungatasi a parte della prima metà dell'Ottocento, aveva nel rigore razionale del suo stile il primo requisito per prestarsi all'insegnamento nelle scuole e suggeriva, nel suo stesso contenuto, la strada dell'imitazione, non già della natura visibile e della reale vita della società, ma dei prodotti artistici e della storia e dei miti di quel lontano passato, greco e romano, che essa indicava come modello di armonia e di bellezza ideale. In Francia, l'esempio suggestivo dell'arte di [[Jacques-Louis David|David]] – per altro personalmente contrario a qualunque Accademia – e poi di quello dell'allievo [[Jean-Auguste-Dominique Ingres|Ingres]], veicolerà consensi e produrrà imitatori.
 
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[[File:Couture Studio di testa di ragazza.jpg|thumb|left|upright=0.6|<center>[[Thomas Couture]]<center>''Studio di testa''</center>]]
Lo studente dell'Accademia ripeteva il corso di disegno già seguito nell' ''atelier'' per giungere finalmente al corso di pittura, simile a quello di disegno. Grande importanza veniva data allo schizzo, per il quale nell'Accademia venivano tenuti corsi appositi, seguiti da concorsi: esso era espressione della creatività dell'allievo che, trascurando i dettagli, dava forma generale alla propria concezione della composizione. Questa creatività doveva tuttavia essere sottoposta a disciplina e regolata dallo studio magistrale. Così, dall'<nowiki></nowiki>''esquisse'' si procedeva all'<nowiki></nowiki>''ébauche'', eseguito a carboncino, sul quale si passava la ''sauce'', un rosso-mattone leggero; s'impastavano poi i chiari e si diluivano le ombre per renderle quasi trasparenti.
 
Il fulcro del corso accademico risiedeva dunque nella copia: del modello vivente, dei gessi, che riproducono la statuaria antica, e dei dipinti dei maestri del Rinascimento. In questo modo l'allievo non solo s'impadroniva della loro tecnica manuale e del loro modo di organizzare i volumi, ma assumeva una ''forma mentis'' rivolta al passato, da dove traeva costantemente la fonte della propria invenzione, che spesso era una citazione di opere classiche: il pittore uscito dall'Accademia era così indotto a rifare il già fatto o a variare il già inventato o a mimetizzare le fonti utilizzate.
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La rappresentazione della figura umana nuda - considerata l'espressione per eccellenza della nobiltà della natura - risale alle origini dell'arte. Senza l'impaccio del vestito che nasconde le forme, l'artista può cimentarsi con quella che è una delle maggiori difficoltà da superare per il compimento dell'opera: la riproduzione del gesto, del gioco della muscolatura nella quale si diffonde la luce e si modulano le ombre, della delicatezza dell'incarnato.
 
Rappresentato frequentemente nell'arte antica ma raramente nella pittura e nella scultura medievale, a partire dal Cinquecento il nudo divenne comune nell'arte europea, con la ripresa di temi mitologici, allegorici e storici. Nell'Ottocento pittorico, il nudo è prevalentemente femminile e poiché è legata strettamente alla sessualità, la sua rappresentazione è soggetta a cautele e convenzioni: essa è dimostrazione dell'abilità del pittore nel rendere l'incarnato - «il gradino più elevato dell'arte, perché apporta alla rappresentazione della bellezza il tocco necessario della vita» <ref>M. Haddad, ''La divine et l'impure. Le nu au XIXe siècle'', p. 177.</ref> - e la sua raffigurazione non deve essere gratuita ma giustificata dal tema trattato nella tela dall'artista. Come sosteneva [[Auguste Renoir|Renoir]]: «la donna nuda uscirà dal mare o dal proprio letto, e si chiamerà allora Venere o Ninì»<ref>Ph. Jullian, ''Le nu 1900'', p. 8.</ref> e sarà prevalentemente il soggetto mitologico del quadro a fornire il pretesto della rappresentazione del nudo.
 
[[File:1863 Alexandre Cabanel - The Birth of Venus.jpg|thumb|left|upright=1.3|<center>[[Alexandre Cabanel]]</center><center>''La nascita di Venere''</center>]]
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[[File:Rolla.jpg|thumb|left|upright=0.8|<center>[[Henri Gervex]]</center><center>''Rolla''</center>]]
Che il tema mitologico serva unicamente di pretesto alla raffigurazione del nudo e insieme a mascherare la volontà del pittore di sollecitare il voyeurismo dello spettatore è dimostrato dallo scandalo sollevato presso la critica ufficiale da dipinti che rifiutano ogni copertura letteraria e mitologica, presentandosi per quello che sono: il ''Déjeuner sur l’herbe'' e l'<nowiki></nowiki>''Olympia'' di [[Édouard Manet|Manet]], esposti al ''Salon des réfusés'', rispettivamente nel [[1863]] e nel [[1865]].
 
Anche ''Rolla'', il dipinto dell'accademico [[Henri Gervex]] presentato al ''Salon'' del [[1878]] viene rifiutato e accusato di immoralità. Eppure lo stile pittorico di Gervex è in linea con il gusto dominante e la scena - che rappresenta il momento in cui il protagonista della poesia di [[Alfred De Musset]], Rolla, si suicida gettandosi dalla finestra dopo una notte trascorsa con una prostituta - è giustificata dal soggetto e perfettamente costruita secondo un calibrato crescendo di tensione drammatica: lo sguardo passa dal disordine dei vestiti al letto dove giace in un sonno scomposto la donna e di qui a Rolla e alla finestra aperta, che mostra i palazzi di Parigi avvolti dalla prima luce dell’alba.