Paradiso - Canto sesto: differenze tra le versioni

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==Analisi del canto==
Qui Dante prosegue la "tradizione" per cui il sesto canto di ogni [[cantica]] della ''[[Divina Commedia]]'' tratta l'argomento [[politica|politico]]. Si commetterebbe tuttavia un errore superficiale nell' individuare questo come un tema legato principalmente al sesto canto, in quanto brevi e lunghe digressioni sulla situazione politica del tempo sono presenti in gran parte degli altri canti di tutta l'opera dantesca. È da rifiutare, dunque, l'ipotesi di climax ascendente in ogni sesto canto della Commedia: risulta vero, dunque, che nell'[[Inferno]] il poeta parla insieme a [[Ciacco]] della corruzione e della svergognatezza che dilagano a [[Firenze]], per poi ampliare la prospettiva nel [[Purgatorio]], con [[Sordello da Goito|Sordello]] con lo stato di abbandono dell'[[Italia]] e, infine, nel [[Paradiso]], dove discute dell'Impero in generale, ma tentare di individuare un progetto all'interno di Inferno, Purgatorio e Paradiso rischierebbe di porre un limite immeritato ad un tema così caro al poeta.
 
Il canto, nella forma particolare della storia dell'aquila imperiale, presenta una sintesi della storia di Roma dalle origini mitiche ([[Enea]]) al presente della Roma papale. In tal modo il poeta esprime la sua concezione della storia, non come semplice successione di eventi, ma come processo ordinato, che trova il suo centro nella venuta di Gesù Cristo, la cui vita e morte si legano inscindibilmente alle istituzioni romane. Rispetto a questo punto centrale della storia tutti gli eventi precedenti e successivi acquistano un significato che va al di là del loro apparire come gesta virtuose o atti violenti. Proprio su questa interpretazione [[provvidenza|provvidenzialistica]] della storia si fonda il giudizio sferzante formulato da Giustiniano sulle lotte fra Guelfi e Ghibellini.
 
Infine può essere interessante notare che il canto costituisce un unico e ininterrotto [[discorso diretto]] dell'imperatore.