Casa di Goethe: differenze tra le versioni

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Il vescovo di Civita Castellana ne ricomponeva i resti nell'archivio vescovile "Lodo Bracci".
Il Palazzo era utilizzato come abitazione privata della famiglia Bracci al primo piano e, come rendita immobiliare, nei piani superiori. Al piano terra erano presenti alcune attivita' commerciali. La storia della famiglia è caratterizzata da una lunga catena di esponenti della cultura e dell'arte a Roma. Come testimoniato nel libro della contessa Costanza di Gradara, vi erano conservati i disegni di Pietro Bracci II°, Virginio Bracci, Pietro Bracci III°(nipote del primo e costruttore del palazzo), Andrea Bracci e gli appunti di Pietro Bracci IV°(poeta e pronipote del primo). Le strette relazioni culturali e d'amicizia con alcuni esponenti della cultura del secolo scorso, fanno pensare alla probabile presenza di opere di Antonio Canova (molto legato a Virginio e successivamente a Faustina), di Francesco Camuccini (marito di Maddalena Devoti, sorella di Caterina sposata al fratello di Pietro, Emilio), di Vincenzo Vespignani (amico e collega di Virginio II°), nonché la lunga lista di accademici di San Luca. La famiglia Bracci ha avuto due presidenti, un segretario e due membri nell'accademia. La storia culturale della famiglia non si esaurisce nell'arte, ma si arricchisce nella letteratura. Gabriele Dannunzio e la sua amicizia con Pietro IV° trasformano la casa in un vero salotto culturale. Per oltre un secolo la casa diviene un vero museo di arte, storia e cultura.
La morte dell'ultima erede, la baronessa Bracci in Trocchi, nel 1948 e la successiva morte del marito, barone Alberto Trocchi, destina il palazzo ed il suo contenuto al vescovo di Civita Castellana. La sede vescovile risulta vacante in quell'anno (1952) e lo resta per quattro anni. Il vescovo monsignor Emiliani, preso possesso della proprieta'proprietà la trova VUOTAvuota DIdi OGNIogni CONTENUTOcontenuto! poche carte, pressoché' di nessun valore, sono sparse sul pavimento.
La mancanza di informazioni lo spinge ad ignorarne l'importanza.
Nel 1960 a New York vengono venduti un lotto di disegni di Pietro Bracci in una galleria d'arte che afferma di averli ricevuti da tale PINI, antiquario fiorentino che "li avrebbe avuti in dono da una vecchia zia". Il signor PINI non ha alcun legame di parentela con la famiglia Bracci. La baronessa avrebbe potuto donare ai nipoti Righetti, da parte di madre, oppure ai cugini Bracci, tutti viventi ed in ottimi rapporti. La cura con cui le opere erano state fatte oggetto attraverso quattro generazioni rende poco credibili le parole del signor PINI.