Essere e tempo: differenze tra le versioni

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È fondamentale sottolineare questo fatto: l'uomo (Esserci) è sempre immerso in un determinato umore. Non c'è esistenza priva di tonalità emotiva, fosse anche l'indifferenza, quel grigiore uniforme e persistente in cui l'esistenza (l'essere dell'Esserci) diventa un peso. Perché un peso? «''Non si sa''». La modalità d'essere della "conoscenza" è inadeguata a penetrare nella regione del proprio essere in cui l'uomo già da sempre si trova. La tonalità emotiva è la risposta alla domanda "come va?" che "CI" colloca nella nostra esistenza. L'Esserci è dunque un esistere emotivamente; l'uomo è un esistente che è in quanto "aperto" in una situazione emotiva.
 
Che l'esistente umano viva sempre in un qualche stato emotivo non vuol dire che egli ne sia consapevole o sappia il perché del suo modo d'essere; al contrario, egli sfugge a questa consapevolezza negando radicalmente il proprio sentire. Volgendo le spalle a questo perché, l'uomo evade. Questo carattere dell'esistenza per cui noi siamo in un certo stato d'animo di cui ci è oscura l'origine, per cui l'essere c'è ma rimane oscuro, lo chiamiamo "'''l<nowiki>'</nowiki>esser gettato'''" ('''Geworfenheit''') dell'uomo (dell'Esserci) nel mondo, o [[Deiezione (filosofia)|deiezione]] ('''''Verfallen'''''). L'umore è il modo in cui noi "ci sentiamo" ("come va?" - "come ti senti?").
 
Non è una percezione fisica ma esistenziale (autosentimento situazionale). Percezione che si manifesta più nella forma della fuga che in quella della ricerca. Anche se l'esistente umano si ritiene "per fede" sicuro del suo destino o se crede nella scienza e nelle sue spiegazioni sulle cause e i perché della vita, tutto ciò nulla toglie che le radici esistenziali del nostro modo d'essere nel mondo, del nostro sentirci gettati in un certo umore, rimangano un enigma impenetrabile. Prima ancora di comprendere, vedere, agire, studiare il mondo, noi già ci troviamo (siamo aperti) in un certo modo d'essere o tonalità emotiva. Possiamo cercare di padroneggiare con la volontà le nostre emozioni, ma ciò dimostra soltanto che non è la nostra volontà che le ha stabilite. Questo "sentirsi in" è molto diverso dal "percepirsi", non è cioè uno stato "psicologico". "Percepirsi" implica cioè un "fare attenzione a sé stessi" che è totalmente estraneo a quello stato dell'essere gettato nel mondo, anteriore a ogni comprensione, che chiamiamo "umore".