Filippo I d'Assia: differenze tra le versioni

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Questo avvenimento influenzò l'intero panorama politico dell'epoca. Persino mentre la questione del matrimonio stava occupando la sua attenzione, Filippo continuò ad impegnarsi per predisporre un piano a lungo termine di riforma della Chiesa nonché per raccogliere attorno a sé tutti i nemici degli Asburgo, anche se, allo stesso tempo, non lasciò intravedere molte speranze di giungere ad un compromesso sulla religione attraverso le vie diplomatiche. Egli era disgustato dalle critiche che gli venivano dirette e temeva che la legge che aveva egli stesso fatto emanare contro l'adulterio potesse venire applicata al suo caso. In questo stato mentale, egli decise di appacificarsi con l'imperatore su termini che non avrebbero comportato la diserzione della causa protestante. Egli si offrì di evitare qualunque alleanza con la Francia e si sarebbe inoltre mostrato neutrale sulla questione dell'acquisizione imperiale del [[ducato di Kleve]]; l'imperatore, dal suo canto, avrebbe dovuto perdonarlo per l'opposizione passata e per tutte le violazioni della legge imperiale, benché senza diretta menzione della sua bigamia.
 
I propositi di Filippo, benché avesse comunque rifiutato di commettere qualunque atto che potesse pregiudicare la causa protestante, furono ben accetti da Carlo V; su proposta di Bucer, il langravio procedette quindi a muovere dei primi concreti passi verso una possibile pace tra cattolici e protestanti. Sicuro del favore imperiale, egli acconsentì a partecipare alla [[Colloqui di Ratisbona|dieta di Ratisbona]]: qui la sua presenza fu fondamentale nel determinare la piega che avrebbe preso il colloquio, cui parteciparono, per la causa protestante, [[Melantone]], [[Martin Bucer]] e [[Johannes Pistorius il Vecchio]]. Filippo riuscì anche ad ottenere il permesso imperiale di fondare un'università a [[Marburgo (Germania)|Marburgo]]; in cambio della concessione di un'amnistia, il langravio d'Assia acconsentì di fiancheggiare Carlo V contro tutti i suoi nemici, con l'esclusione del protestantesimo e della lega di Smalcalda, nonché di evitare alleanze con Francia, Inghilterra e ducato di Kleve (e impedire l'entrata di queste potenze nella lega).
 
L'imperatore Carlo V, dal canto suo, accettò la condizione di non attaccare Filippo I d'Assia nel caso si fosse scatenata una guerra comune contro tutti i protestanti. Questi accordi speciali a favore di Filippo portarono però a distruggere l'immagino del langravio quale guida della fazione protestante; divenne oggetto di sospetti e, benché la lega di Smalcalda continuasse ad esistere guadagnando nuovi aderenti negli anni successivi, il suo potere reale era ormai terminato. In una situazione in cui tra i principi secolari dell'impero solo due, Alberto di Meclemburgo ed [[Enrico V di Brunswick-Lüneburg]], erano ancora fedeli alla religione cattolica, sarebbe bastata un'azione comune per portare facilmente al successo della causa protestante. Questa comunanza d'interessi non venne però mai raggiunta: [[Maurizio I, Elettore di Sassonia|Maurizio di Sassonia]] e [[Gioacchino II di Brandeburgo]] non si unirono mai alla lega di Smalcalda, Kleve venne invasa dalle truppe imperiali ed il protestantesimo venne soppresso a [[Metz]].